Uno sguardo alla campagna del Wall Street Journal per liberare Evan Gershkovich

Di il 02 Agosto, 2024
La liberazione di Evan Gershkovich segna il culmine di una campagna internazionale di 16 mesi che ha unito giornalismo, diplomazia e solidarietà globale

Dopo 491 giorni di detenzione in Russia, il giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich è finalmente libero. La sua liberazione, avvenuta tramite uno scambio di prigionieri che ha coinvolto sei nazioni, segna il culmine di una campagna internazionale di 16 mesi che ha unito giornalismo, diplomazia e solidarietà globale.

Il 29 marzo 2023, mentre era in missione giornalistica sui Monti Urali, il contatto con Gershkovich è stato improvvisamente perso. La preoccupazione si è trasformata in allarme quando, non avendo fatto check-in con il suo team di sicurezza, è emerso un messaggio su Telegram che segnalava il suo allontanamento da un ristorante a Ekaterinburg. L’arresto da parte del Servizio di sicurezza federale russo è stato confermato il giorno successivo con accuse di spionaggio, prontamente denunciate come infondate dalla redazione del Journal.

La risposta del Wall Street Journal

La risposta del Wall Street Journal è stata immediata e decisa. Emma Tucker, direttrice, e Almar Latour, CEO di Dow Jones (di cui fa parte il Journal), hanno elaborato una strategia che combinava esposizione mediatica e trattative discrete. Hanno coinvolto alti funzionari del governo, organizzazioni giornalistiche e la comunità internazionale, spingendo per una condanna pubblica delle accuse e per la liberazione di Gershkovich.

L’impegno si è manifestato in diverse forme: dai social media, con l’hashtag #IStandWithEvan, a manifestazioni come “Swim for Evan”. Importanti figure dell’industria dei media, come Jake Tapper della CNN e Andrea Mitchell della MSNBC, si sono fatte portavoce della causa, contribuendo a mantenere alta l’attenzione pubblica. Inoltre, diversi giornalisti di altre testate hanno cambiato le loro foto sui social media con una che recita “Free Evan Now”.

“La sua storia dovrebbe essere qui”

In concomitanza con la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, il Journal ha unito le forze con il New York Times e il Washington Post per pubblicare un annuncio congiunto, richiamando l’attenzione su Gershkovich e altri giornalisti detenuti ingiustamente. Iniziative che hanno segnato momenti significativi di solidarietà e supporto bipartisan per la libertà di stampa.

Nel primo anniversario del suo arresto, la prima pagina del Journal riportava un grande spazio vuoto con il titolo “La sua storia dovrebbe essere qui”. Un’iniziativa che faceva parte della campagna “Articoli mancanti”, con spazi vuoti in tutta la carta stampata e online, per rappresentare gli articoli che Gershkovich non poteva scrivere.

Il culmine della campagna è stato raggiunto quando Gershkovich è stato rilasciato. La notizia del suo rilascio è stata accolta con gioia e sollievo dalla redazione del Journal a New York, dove centinaia di colleghi si sono riuniti per celebrare la fine del suo calvario.

In una lettera rivolta ai lettori, Tucker ha espresso orgoglio per l’impegno del giornale nell’assicurare che il caso di Gershkovich rimanesse una priorità sul palcoscenico mondiale, sottolineando l’importanza del giornalismo imparziale e della difesa incessante della verità e della giustizia: “Sedici mesi sono stati un tempo molto lungo, ma molto meglio di 16 anni, quindi rallegriamoci tutti che Evan sia libero”.

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