Cresce il numero di persone che condividono il proprio dolore e la propria vulnerabilità sui social media. Si tratta di una tendenza strettamente correlata alla crescente voglia degli utenti di internet di maggiore autenticità e di allontanamento della costante ricerca della perfezione.
Tuttavia, dove probabilmente non ti aspetteresti di trovare post più introspettivi è LinkedIn, la più grande rete professionale online al mondo con 830 milioni di utenti.
Il cambiamento di LinkedIn post-Covid
LinkedIn si è da sempre distinto da piattaforme come Instagram e TikTok per il focus sul business e sull networking professionale, spingendo i suoi utenti a enfatizzare le proprie capacità, punti di forza, competenza e a mostrare la parte migliore di sé a livello professionale. Dopo il Covid, però, qualcosa è cambiato: farsi vedere fragili è diventato un modo per uscire dagli stereotipi del perfezionismo lavorativo e puntare il riflettore sul problema della salute mentale.
Che tipo di post pubblicano gli utenti e qual è il significato di questa apparente vulnerabilità sulla piattaforma?
Analizzando i post sulle esperienze personali si possono identificare tre “generi” principali: un primo gruppo riguarda stress e burnout, gli utenti condividono le loro lotte quotidiane con il carico di lavoro e lo stress; un secondo riguarda licenziamento e discriminazione sul posto di lavoro; un terzo riguardante ansia e depressione con condivisioni personali sui problemi di salute mentale e sulle difficoltà nel work-life balance.
Se prima l’imperativo era rappresentare se stessi come sani, di successo, produttivi, indipendenti, appassionati e fiduciosi, questi post oggi vengono percepiti come negazione della realtà.
La mancanza di umorismo su LinkedIn
Come sottolinea il Financial Times, grande assente sulla piattaforma è l’umorismo. A quanto pare puoi far vedere i momenti di sconforto e di frustrazione, addirittura in molti casi può fare la differenza nella ricerca di un lavoro. Tuttavia non puoi mostrarti simpatico, perché l’umorismo non è ancora ben accetto nel settore del business, ancora affiancato al concetto di stupidità o inaffidabilità. Una pecca stilistica degli utenti che potrebbe però fare la differenza tra noi e una macchina. In una guerra contro l’intelligenza artificiale l’umorismo potrebbe essere la nostra arma migliore.