Soprannomi alle aziende, meglio lasciarli ai consumatori

Di il 17 Marzo, 2025
freerange_stock_close-up-of-chevrolet-emblem-on-car_free free range stock
I nomignoli creati dalle community delle aziende creano vicinanza, ma usarli nel marketing può minare reputazione e credibilità

Nel tempo, i consumatori hanno sviluppato l’abitudine di dare soprannomi alle aziende e ai prodotti che amano e utilizzano di più, creando un senso di familiarità e appartenenza.

Esempi celebri includono “bimmer” per Bmw o “bud” per Budweiser, ormai suo nome commerciale nella maggior parte dell’Unione Europea.

Sebbene questi nomignoli possano rafforzare il senso di vicinanza tra brand e consumatori, recenti ricerche suggeriscono che le aziende dovrebbero pensarci bene prima di adottarli nelle loro strategie di marketing, dato che potrebbero avere effetti indesiderati sulla percezione della loro autorevolezza.

free-photo-of-close-up-of-budweiser-beer

Foto: Pexels.

Credibilità a rischio

Uno studio condotto da Zhe Zhang, professore di marketing presso l’Ivey Business School della Western University in Ontario, ha analizzato il fenomeno e i suoi effetti sulla percezione delle società.

Secondo Zhang, oltre l’80% dei consumatori ritiene che i soprannomi nascano in modo spontaneo dal pubblico e non dalle strategie di marketing aziendali.

Per questo motivo, rafforzano l’autenticità delle raccomandazioni dei clienti, facendo apparire le opinioni dei consumatori più genuine e spontanee, riporta il Wall Street Journal.

Tuttavia, quando un’azienda decide di adottare un nickname nella propria comunicazione ufficiale, il rischio è quello di minare credito e prestigio.

“Un brand che utilizza un soprannome dimostra di essere influenzato da forze esterne, piuttosto che mantenere una posizione di leadership”, afferma Zhang.

Inoltre, i consumatori potrebbero percepire questa scelta come un tentativo di lusingarli, riducendo la credibilità dell’azienda.

Effetto negativo sui mercati finanziari

Zhang ha analizzato i dati di mercato dopo che alcune aziende hanno adottato dei nomignoli nelle loro strategie di marketing.

Due casi emblematici sono stati Bloomingdale’s – che nel 2021 ha aperto un nuovo store chiamato “Bloomie’s” – e Nordstrom – che nel 2018 ha rinominato il suo programma fedeltà “Nordy Club”.

Nei sette giorni successivi agli annunci, le azioni di entrambe le aziende sono calate tra il 4% e il 4,5% e, dopo due settimane, i loro titoli continuavano a essere al di sotto dei livelli precedenti.

“Questo dimostra che il mercato non reagisce in maniera positiva quando un’azienda adotta ufficialmente il proprio soprannome”, spiega Zhang.

instagram free flickr

Immagine: Flickr.

E sui social media

Un’altra parte dello studio ha esaminato l’impatto dell’uso dei soprannomi sui social media e nella pubblicità online.

Zhang e la sua squadra hanno analizzato i post di Chevrolet, Target e Ups, confrontando l’interazione ottenuta quando questi utilizzavano il proprio nome ufficiale rispetto al soprannome dato dai consumatori.

I risultati sono stati chiari.

I post di Chevrolet che usavano la dicitura “chevy” ricevevano in media 143 mi piace, a differenza degli altri con il nome completo che, invece, arrivavano a una media di 421.

Allo stesso modo, una pubblicità del gruppo di supermercati Target aveva un tasso di click tre volte superiore quando veniva usato il nome ufficiale anziché il soprannome “tarzhay”.

Nessuno escluso

L’effetto negativo dell’uso dei nickname si estende anche alle società di lusso.

In un esperimento, Zhang ha mostrato a 190 partecipanti una pagina web simulata di Christian Louboutin, offrendo in affitto un paio di scarpe per sette giorni a 49,99 dollari.

Alcuni utenti vedevano il nome completo “Christian Louboutin”, mentre altri l’etichetta “Loubi” sulle scarpe.

I risultati hanno mostrato che il 58,8% dei partecipanti ha accettato l’offerta quando il nome ufficiale era presente e solo il 21,5% quando era etichettata con il soprannome.

Che serva da lezione

L’affetto dei consumatori si manifesta anche attraverso la creazione di soprannomi, ma le aziende dovrebbero resistere alla tentazione di incorporarli nella propria identità ufficiale.

“Lasciate che i soprannomi vivano nelle conversazioni dei consumatori e sui social media. Ma quando si tratta di branding ufficiale, restate fedeli al nome su cui avete costruito la vostra reputazione”, conclude Zhang.

In un’epoca in cui l’autenticità è cruciale, la lezione per i manager è chiara. Devono mantenere il controllo dell’immagine della propria azienda, senza farsi trascinare dalle mode del momento.

Devi essere loggato per lasciare un commento.