Quando la guerra tra brand passa per gli “sfottò” online

Di il 21 Marzo, 2025
Pepsi si era scagliata contro la commercializzazione della New Coke della Coca-Cola. Apple nel 1984 aveva lanciato uno spot in cui derideva Ibm. Cosa succede oggi sui social

Deridere il competitor per vincere. Una pratica commerciale – e non solo – che online trova una piazza ancora più agguerrita. Sono alcune strategie del “nuovo marketing”, che come insegna la storia della pubblicità, poi così nuove non sono.

Nel mare magnum dei media online non sono pochi i brand che puntano ad attirare l’attenzione di potenziali clienti prendendo in giro la concorrenza. Una strategia non di certo sconosciuta al settore pubblicitario.

Pepsi VS Coca-Cola

Andando a ritroso nel tempo, come dimenticare la pubblicità della Pepsi tra gli anni ’60-’70 che utilizzava lattine di Coca-Cola per rendere più semplice al bambino ordinare alla macchinetta la sua bevanda preferita?

 

Lo spot era nato dopo la “Pepsi Challenge”, un esperimento condotto dal noto brand di bibite zuccherate che prevedeva di far assaggiare le due bevande a un campione di intervistati con l’obiettivo di capire quale delle due preferissero.

A fronte della scelta dominante che vedeva in vantaggio Pepsi, era nata la celebre pubblicità che ha avuto un ruolo fondamentale nella storia del marketing.

Dopo quello spot, Coca-Cola ha deciso di modificare la propria ricetta, dando vita alla “New Coke”. Ma la nuova bibita non ha ottenuto successo e Coca-Cola non ha registrato un aumento delle consumazioni.

Poco dopo l’azienda ha così deciso di rimuoverla dal commercio e riproporre l’originale.

Lo spot Apple del 1984

Nell’84, Apple, in occasione della presentazione di Macintosh, aveva lanciato una campagna pubblicitaria dove affermava di essere il numero uno al mondo nel comparto dell’IT.

“I nostri nemici parleranno a se stessi fino alla loro morte e noi li seppelliremo con la loro stessa confusione e allora noi vinceremo. Il 24 gennaio Apple Computer presenterà Macintosh, e vedrete perché il 1984 non sarà 1984”, recitava lo spot ispirato al romanzo “1984” di George Orwell.

Protagonista una ragazza con una canottiera bianca con stilizzato sopra un Mac, armata di martello – era l’anno delle olimpiadi estive di Los Angeles, che irrompe in una sala grigia fatta di spersonalizzazione e automatismo dove sullo schermo cinematografico il “Grande Fratello” tiene un pomposo monologo sulla vittoria finale.

Nonostante l’inseguimento delle guardie, l’eroina lancia il martello contro lo schermo, frantumandolo: una luce esce, illumina e libera il mondo dal grigiore nel quale era caduto.

Lo spot della Apple è un’allegoria che raffigura il Macintosh come in grado di illuminare le menti delle persone, liberandole dal controllo di “Big Brother” che qualcuno, all’epoca, identificò con la Ibm.

Tony’s Chocolonely contro Mondelez

Tornando ai giorni nostri, non siamo tanto distanti da questi casi citati.

L’anno scorso, riporta il Wall Street Journal, la multinazionale americana di prodotti alimentari Mondelez International ha citato in giudizio il marchio di cioccolato olandese Tony’s Chocolonely per aver violato i suoi diritti di proprietà intellettuale imitando la caratteristica confezione viola del marchio “Milka” in una campagna che insinuava che altri grandi produttori di cioccolato avrebbero sfruttato coltivatori di cacao sottopagati.

Foto: sito web Tony’s Chocolonely.

Dopo che un tribunale di Amburgo ha concesso un’ingiunzione preliminare, le due società hanno poi raggiunto un accordo per risolvere la causa.

Ma Tony’s Chocolonely non si è fermato lì e ha lanciato una nuova campagna pubblicitaria contro Mondelez, insinuando, di nuovo, che il gigante del cibo confezionato avrebbe tratto profitto da pratiche di sfruttamento nell’industria del cacao.

La guerra dei brand sui social

Sebbene la regolamentazione europea sulle pubblicità offensive sia più rigida rispetto a quella degli Stati Uniti, dove la Federal Trade Commission afferma che “l’uso di pubblicità comparativa veritiera non dovrebbe essere limitato dalle emittenti o dagli enti di autoregolamentazione”, sui social i confini si assottigliano.

Un esempio? Allegra, un antistaminico di Opella, a gennaio ha lanciato una campagna chiamata “Drowsy Prompts” basata su clip di TikTok in cui celebrità chiedevano a ChatGpt di descrivere gli effetti collaterali di prodotti come Benadryl, venduto dal concorrente Johnson & Johnson.

Una recente ricerca condotta da Pinar Yildirim, professoressa di Marketing ed Economia alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania, ha scoperto che “le guerre pubblicitarie negative riducono la domanda per tutte le parti coinvolte”.

Tra “follower” e “hater”, quindi, i brand che adottano questo tipo di campagne secondo la prof. ci rimettono. Tutti.

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Chiara Buratti muove i suoi primi passi nel mondo del giornalismo nel 2011 al "Tirreno" di Viareggio. Nel 2012 si laurea in Comunicazione Pubblica e nel 2014 consegue il Master in Giornalismo. Dopo varie esperienze, anche all'estero (El Periódico, redazione Internazionali - Barcellona), dal 2016 è giornalista professionista. Lavora nel web/nuovi media e sulla carta stampata (Corriere della Sera - 7, StartupItalia). Ha lavorato in TV con emittenti nazionali anche come videoeditor e videomaker (Mediaset - Rete4 e Canale 5, Ricicla.tv).