L’ultimo dei vari espedienti utilizzati da Mark Zuckerberg per essere tolto dalla lista nera di Donald Trump è stata la scelta di abbandonare le politiche inclusive all’interno di Meta.
Come molte altre società, il gruppo di Zuckerberg aveva integrato al suo interno un programma per l’equità e l’inclusione del personale a lavoro, la cosiddetta Diversity, Equity, and Inclusion, o DEI.
La DEI prevede che l’azienda svolga un ruolo attivo nel promuovere la consapevolezza, regole di comportamento idonee e assicurare che ogni dipendente, a prescindere da ogni differenza – ad esempio, tra le altre, fisiche, di etnia, genere, orientamento sessuale, religione, orientamento politico, classe sociale – abbia le stesse opportunità e sia valutato soltanto sul merito.
Questi temi sono stati inseriti in almeno due dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Si tratta, in particolare, dell’obiettivo 5, per l’uguaglianza di genere, e del 10, per la riduzione delle disuguaglianze sociali ed economiche e delle discriminazioni.
Maga contro l’inclusione
I programmi di DEI, osteggiati dai sostenitori dell’ultra destra statunitense – tra cui i fautori del movimento Make America Great Again, vicino a Trump -, sono stati ridotti o eliminati da parecchie società proprio dopo la rielezione dello stesso Trump.
Ne è un esempio l’industria di Hollywood, con molti studio che stanno rivedendo le loro politiche in tal senso.
Intanto, il presidente degli Stati Uniti sta tracciando la nuova strada.
In almeno due ordini esecutivi – due dei tanti firmati nei primi due giorni alla Casa Bianca – ha vietato le politiche DEI all’interno del governo federale.
Uno dei due provvedimenti incoraggia il settore privato a seguire l’esempio di Washington, eliminando i loro programmi di equità e inclusione, al fine di “ripristinare le opportunità basate sul merito”.
In un altro ordine esecutivo, il governo dichiara di riconoscere soltanto due sessi, maschile e femminile.
Alcuni si adattano, altri no
L’aggressività dell’amministrazione nei confronti di queste tematiche e la consapevolezza che inimicarsi Trump potrebbe dare luogo a pesanti ripercussioni economiche e commerciali hanno spinto molti privati ad adattarsi al nuovo corso di Washington.
Tuttavia, segnala Forbes, l’abbandono degli investimenti in DEI, è una tendenza in atto fin da molto prima del ritorno di Trump alla Casa Bianca.
Ad alimentarla sarebbero le incertezze economiche, la polarizzazione e l’irritazione di una parte consistente della popolazione contro la cosiddetta cultura woke.
Axios ha stilato un elenco di grandi nomi dell’industria statunitense. Alcuni hanno deciso di allentare l’attenzione sulla DEI, altri continuano a sostenere le politiche di inclusione, nonostante l’avversione del governo.
Tra le big tech, Amazon e Meta hanno deciso di eliminare i loro programmi di DEI.
Altri gruppi importanti hanno fatto scelte simili. In particolare, Boeing, che ha smantellato il suo dipartimento per la diversità, l’equità e l’inclusione nel 2023, mentre Harley-Davidson ha preso la stessa decisione ad aprile dello scorso anno.
Hanno fatto passi indietro anche Ford, John Deere, Lowe’s, McDonald’s, Nissan, Stanley Black & Decker, Toyota e Walmart.
Molte altre società nell’ambito tecnologico hanno invece mantenuto i loro impegni nell’ambito DEI, a partire da Apple, che ha chiesto ai suoi azionisti a fare lo stesso.
Anche Cisco, Microsoft e Pinterest hanno ribadito la centralità delle politiche di inclusione all’interno delle aziende.
In altri settori, American Airlines, Costco, Delta, JPMorgan Chase, Nasdaq e Salesforce hanno confermato l’importanza dei programmi di DEI.
Forse ora se la dovranno vedere con Trump.