L’oroscopo per il nuovo anno del giornalismo

Di il 24 Gennaio, 2025
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Cara informazione, i più importanti centri di ricerca prevedono per te un 2025 all'insegna di nuovi rapporti con l’intelligenza artificiale, Trump e gli influencer. Ma puoi farcela

Instagram è stato lanciato il 6 ottobre, Facebook il 4 febbraio, Spotify a ottobre, Nvidia ad aprile. Quindi Bilancia, Acquario, Toro. Apro l’oroscopo di Brezsny, forse quello letterario di Jonathan Bazzi, ma alla fine soltanto il vecchio Paolo Fox sa dirmi qualcosa di più sui destini lavorativi e prosperi di questi segni.

Fox, oppure – direi, meglio – il Reuters Institute for the Study of Journalism – Risj – il Calcante più accreditato per le tendenze presenti e future a cavallo tra tecnologia e giornalismo.

Centro di ricerca fondato in seno al dipartimento di politica e relazioni internazionali dell’università di Oxford, ha come amministratore delegato l’italiano Antonio Zappulla e come direttore l’accademico Rasmus Klein Nielsen.

Dal 2006, il Risj offre il suo programma di fellowship. Gran parte dei suoi finanziamenti si devono infatti alla fondazione Thomas Reuters, creata nel 1983 dalla Thomas Reuters, società nata dalla fusione tra la canadese Thomson, colosso dell’informazione finanziaria, e la britannica agenzia di stampa Reuters.

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Foto: Unsplash.

I momenti più attesi

Due sono gli appuntamenti imperdibili del centro di ricerca.

Il Digital News Report, che nel 2024 ha coperto in 168 pagine, 47 Paesi per metà della popolazione mondiale, provando con centomila risposte a tracciare la fiducia nell’informazione, il crescente ruolo dell’intelligenza artificiale nel soddisfare le esigenze del pubblico, la disponibilità a pagare per l’informazione, e il fenomeno dei news influencer.

L’anno viene invece inaugurato, come di consueto, con una lettura di carte, predizioni e dovuti scongiuri.

Gli autori Nic Newman e Federica Cherubini hanno lavorato su un sondaggio sottoposto a 326 dirigenti nel campop dell’informazione da circa 51 paesi: tra questi, 65 direttori editoriali, 63 ad o managing director, 53 head of innovation.

Il nuovo approfondimento, focalizzato sulle tendenze che interesseranno il rapporto fra giornalismo, industria dei media e tecnologia, è stato pubblicato sul sito del Risj.

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Foto: FMT.

Trump, pro e contro

Ahinoi, non sarà l’anno dei Gemelli o del Cancro per il giornalismo. Il 60% degli intervistati è preoccupato per le sorti del settore, in relazione soprattutto alla crescente polarizzazione politica e agli attacchi frequenti ai media.

La buona notizia è che Trump fa parlare di sé.

C’è “expected chaos” legato al suo secondo mandato, o almeno così dicono a Sciences Po.

Questo forse scoraggerà gli editori dal proporre confronti in diretto e aperto riferimento al Presidente. Ma, d’altro canto, le scelte politiche di Trump potrebbero generare un incremento del bisogno di informarsi su fonti attendibili.

Pertanto, il 56% degli intervistati prevede risvolti positivi per il settore, nonostante la perdita di circa 2500 posti di lavoro nel settore nel 2024.

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Foto: FMT.

Intelligenza artificiale e informazione

Continua la progressiva inclusione della funzione di ricerca in IA, con l’annuncio di motori di ricerca come SearchGpt capaci di usare il modello Llm, avendo a disposizione ampia mole di dati, per migliorare l’esperienza dell’utente.

Ciò fa presagire una riduzione significativa del traffico sulle testate, come già accaduto con Facebook e Twitter che ambiscono a creare ecosistemi digitali autarchici.

Dunque, parlare con ChatGpt e Perplexity diventa inevitabile, così come investire su Youtube (+52%), TikTok (+48%) e Instagram (+43%).

Sarà l’anno di esplosione del video, con i caroselli già sulle homepage di Bbc ed Economist.

Inequivocabili anche le ripercussioni della gestione di X. In seguito alle nuove politiche di Musk e al suo appello a fare dei post degli utenti i nuovi media, testate come Le Monde, Guardian e La Vanguardia hanno abbandonato X, spesso per passare a Bluesky, che resta ancora di nicchia.

Le piattaforme si confermano interlocutore necessario, ma la relazione con gli editori potrebbe intraprendere tanto la direzione di un rafforzamento, quanto di un allentamento della reciproca interazione.

In ogni caso, per il 72% sarebbe opportuno regolamentare anche i rapporti commerciali con l’industria tech, per difendere gli interessi della categoria e non lasciare il singolo editore alle prese con la contrattazione su licenze e introiti.

Il lancio a fine 2024 di ChatGpt Search ha accelerato le negoziazioni tra OpenAi e News Corp, in cui convergono testate come Wall Street Journal, New York Post, The Times e The Sun. Si parla di accordi del valore di 250 milioni di dollari per cinque anni, che beneficiano le testate a cui il motore di ricerca rimanda, ma anche gli utenti che hanno accesso a informazioni fornite dal giornalismo di professione.

Tuttavia, Nielsen è scettico rispetto al futuro commerciale tra universo tech ed editoria. Di fatto, si tratta di poche testate di punta, principalmente di lingua inglese, dentro un una galassia molto più complessa e composita.

Per esempio, non viene mai raggiunta una dimensione più regionale e locale, come segnalato da Louise Pettersson della testata locale danese Sjællandske Medier.

Per questo, collaborazioni tra testate che non appartengono allo stesso gruppo editoriale potrebbero rappresentare punti di forza. È il caso dell’accordo tra Politiken e New York Times, come viene indicato nel Report, ma anche del nostrano patto tra Corriere della Sera e lo stesso New York Times.

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Nuovi modelli aziendali

Nonostante le evidenti crisi che ha subito il modello di business del giornalismo, la sottoscrizione – o un più ampio concetto di membership – garantisce la maggior parte dei ricavi, con la pubblicità al secondo posto.

L’orizzonte sarà sempre più quello della diversificazione del business, che includerà, ad esempio, la promozione di eventi e le sempre ben accette donazioni.

Tra gli intervistati, c’è chi prevede di lanciare nuovi prodotti, da inserire nei campi del gaming – secondo il 29% -, della formazione (26%), del cibo (13%), mentre uno su cinque vorrebbe lanciare una versione internazionale della propria testata.

Per gli editori più piccoli, il supporto governativo e il merchandising rappresentando ancora significativi canali di introito.

L’IA non è soltanto un competitor, ma interviene nella fase di automazione back-end, operando modifiche sostanziali nelle procedure di lavoro delle redazioni.

Rispetto a lettori e lettrici, tra i potenziali utilizzi vi sono la trasformazione in audio degli articoli, la creazione di sintesi, la traduzione.

Le vie per usare l’IA per personalizzare la distribuzione dei contenuti, curare l’impatto visivo dei contenuti, altri usi commerciali e sviluppo di prodotto e raccolta delle notizie sono ancora un po’ distanti dalle aspettative di sviluppo à la Blade Runner, ma comunque percorribili.

Per il prossimo anno, aspettiamoci la possibilità di interagire con un articolo, come ha fatto il Time per l’articolo per la persona dell’anno dedicato a Trump.

Non è soltanto l’IA a far vacillare la stabilità del mestiere del giornalismo: un americano adulto su cinque, e circa quattro under 30 su dieci, si informano con i – i, perché sono soprattutto uomini – news influencer, soprattutto su X.

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Joe Rogan, conduttore del podcast The Joe Rogan Experience.

I news influencer di destra

Gli influencer delle notizie sono conservatori e non solo americani.

Si parla spesso di figure ibride come Tucker Carlson, Joe Rogan, Tim Pool, Ben Shapiro e Alex Jones, tutti conservatori, con un bacino di quasi 40 milioni di utenti.

Solo David Pakman si pone a sinistra dello spettro politico, con due milioni di follower su Youtube. Nulla in confronto ai colleghi di ideologia opposta. In Francia, in testa il giovane Hugo Décrypte con 4,2 milioni su Instagram, 2,6 su Youtube e 5,8 su Tik Tok.

Seguono Pascal Praud, conservatore, su X, Hugo Clement e Salomé Saqué che si occupano di questioni ambientali, ed Éric Zemmour, politico di estrema destra con 475000 followers su X.

Le fila del personalismo si rimpinguano poi con l’esodo di grandi firme che decidono di andare su Substack, contando su assoluta libertà di espressione – al netto di interessi economici in gioco – e maggiori introiti – oltre un milione di dollari per Matthew Yglesias, co-founder di Vox Media.

Prospettive e preoccupazioni

Forse un po’ insoddisfatta, apro le predictions del 2025 del New York Times.

In cima alla lista, la guerra per l’attenzione.

È quella che il giornalismo dovrà affrontare, in un tempo che riduce la capacità di concentrazione e che soverchia per quantità e rapidità di contenuto.

C’è uno spiraglio, però, che torna nel report del Risj, come era tornato nell’ultimo editoriale di Paul Krugman: sovvertiamo le regole della narrazione drammatica incentrata sul conflitto e cominciamo a raccontare le buone storie, e a farlo lentamente, senza troppo rumore, ma puntando sulla persistenza della memoria e del sentimento dell’ottimismo.

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Ludovica Taurisano è dottoranda di ricerca in Global History and Governance per la Scuola Superiore Meridionale di Napoli, con un progetto di ricerca sull’editoria popolare e l’informazione politica negli anni Sessanta e Settanta. Con una formazione in teoria e comunicazione politica, si è occupata di processi di costruzione dell’opinione pubblica; ha collaborato con l’Osservatorio sulla Democrazia e l’Osservatorio sul Futuro dell’Editoria di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Oggi è Program Manager per The European House – Ambrosetti. Scrive di politica e arti performative per Birdmen Magazine, Maremosso, Triennale Milano, il Foglio, Altre Velocità e chiunque glielo chieda. Ogni tanto fa anche cose sul palco.