OpenAI ora spende di più in lobbying per farsi sentire a Washington

Di il 28 Gennaio, 2025
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L'azienda di Sam Altman moltiplica i fondi dedicati all'attività di influenza sulle istituzioni politiche degli Stati Uniti e stringe rapporti con Trump

OpenAI sta consolidando il suo ruolo di attore istituzionale e uno degli aspetti più indicativi è la crescita della sua attività di lobbying, in primo luogo negli Stati Uniti.

Da circa un anno e mezzo, l’azienda di Sam Altman ha infatti iniziato a strutturare il proprio dipartimento per l’attività di interlocuzione e influenza dell’agenda politica e della legislazione statunitense inerente all’intelligenza artificiale.

Ora, segnala il MIT Technology Review, OpenAI ha compiuto un ulteriore passo in avanti, aumentando di quasi sette volte le spese per le attività di lobbying.

Nel 2024, le risorse dedicate al reparto di affari pubblici per le attività lobbistiche nei confronti del governo di Washington hanno raggiunto 1,76 miliardi di dollari, 510mila soltanto negli ultimi tre mesi dell’anno.

La società aveva speso soltanto 260mila dollari nel 2023.

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Foto: FMT.

L’evoluzione di OpenAI

Altman ha subito mostrato un atteggiamento di responsabilità e supporto nei confronti della regolamentazione nel campo dell’IA riguardo alla disinformazione e i contenuti falsi, sostiene Liana Keesing, dirigente di Issue One, un’organizzazione per il monitoraggio dell’influenza delle big tech sulle istituzioni degli Stati Uniti.

OpenAI è entrata in campo nel 2023. Come prima mossa, ha assunto Chan Park, ex membro della commissione giudiziaria del Senato e già lobbista per Microsoft.

Ad aprile del 2024, l’azienda ha poi nominato capo degli affari globali Chris Lehane, ex collaboratore di Bill Clinton e Al Gore, per mettere a punto la sua nuova strategia di interlocuzione con la politica.

Pochi mesi dopo, OpenAI ha scelto Jakob Kucharczyk, già responsabile della concorrenza di Meta a Bruxelles, per curare i rapporti con l’Unione Europea.

Dopo essersi focalizzate sulla regolamentazione, negli ultimi mesi, le richieste di OpenAI si sono spostate sull’energia.

Insieme ai vertici di società come Nvidia, Anhtropic e Google, Altman si è presentato a settembre dall’ex presidente Joe Biden per chiedere al governo supporto per la costruzione di nuovi centri dati molto dispendiosi dal punto di vista energetico.

Per simili motivi, Meta, Amazon, Microsoft e la stessa Google hanno iniziato a guardare al nucleare come soluzione per alimentare questi nuovi centri dati.

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L’ad di OpenAI, Sam Altman, in conferenza stampa sul progetto Stargate, affiancato da Donald Trump, 47esimo presidente degli Stati Uniti, Masayoshi Son, ad di SoftBank, e Larry Ellison, cofondatore di Oracle. Foto: FMT.

Verso Stargate

In un’intervista rilasciata a dicembre, Altman si è lasciato andare a un atteggiamento molto comune di recente tra gli amministratori delegati dei grandi gruppi tecnologici americani: lamentarsi della poca efficienza dell’amministrazione Biden e dichiarare la propria fiducia nel secondo mandato di Trump.

L’ad di OpenAI si è augurato che il nuovo governo dia priorità alla realizzazione di una “grande infrastruttura per l’IA negli Stati Uniti” e ha auspicato la possibilità avere a disposizione dentro i confini nazionali l’intera filiera di cui il settore ha bisogno per operare.

OpenAI, che come Google e Microsoft non adotta un modello open source – ossia aperto e utilizzabile dalle altre aziende -, ha annunciato insieme a Oracle e SoftBank un piano di investimenti congiunto fino a 500 miliardi di dollari per la creazione di nuovi centri dati.

Il progetto, chiamato Stargate, sarebbe realizzato in Texas e, secondo Associated Press, segnalerebbe la volontà di OpenAI di dotarsi di propri centri dati.

Finora, infatti, l’azienda di Altman ha utilizzato le infrastrutture del suo più grande investitore, Microsoft.

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I grandi sono lontani

Nonostante l’aumento del budget e i nuovi ingressi, gli sforzi economici di OpenAI non sono paragonabili ai colossi del settore, come Meta, che lo scorso anno è arrivata a spendere 24,4 milioni di dollari in lobbying, il 27% in più rispetto al 2023.

Il gruppo di Mark Zuckerberg può contare su una rete di 65 lobbisti, un ottavo del totale dei membri del Congresso, scrive Issue One.

Alphabet, la holding che controlla Google e YouTube, ha speso nel 2024 14,8 milioni di dollari, il 2% in più dell’anno precedente.

Significativo anche l’aumento delle spese di ByteDance in attività di lobbbying, che hanno toccato i 10,4 milioni di dollari, in aumento del 19% lo scorso anno rispetto al 2023.

Per motivi diversi, il 2024 è stato un anno particolare sia per Meta sia per ByteDance.

Zuckerberg ha cercato di riallacciare i rapporti con Donald Trump e i suoi alleati, dopo precedenti burrascosi, tramite scelte plateali.

L’azienda proprietaria di TikTok ha invece cercato di fare pressioni per provare a evitare l’approvazione prima e l’applicazione poi dell’ormai famosa legge che prevede la cessione o il divieto delle attività statunitensi del social media cinese negli Stati Uniti.

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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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