Si chiude un anno pesante per il Washington Post. Il quotidiano ha subito un cambio improvviso del suo direttore e alcuni importanti giornalisti se ne sono andati. In più, ci sono stati dissidi interni fra i vertici – in particolare il proprietario, Jeff Bezos, e il Ceo, Will Lewis – e la redazione.
Ora, è in atto l’ultimo capitolo di questo periodo complesso. Il Washington Post sta facendo fatica a trovare il suo nuovo direttore.
Attese e smentite
L’attuale direttore del giornale, Matt Murray, ha rimpiazzato Sally Buzbee lo scorso giugno, sollevata dall’incarico senza troppe spiegazioni da parte della proprietà.
Murray avrebbe dovuto ricoprire il ruolo ad interim fino all’arrivo al suo posto di Robert Winnett, vicedirettore del quotidiano inglese Telegraph. L’avvicendamento era previsto per lo scorso novembre, dopo le elezioni statunitensi.
Winnett era stato scelto dall’amministratore delegato Will Lewis, ma alla fine ha deciso di rimanere in Inghilterra.
A dicembre, poi, la caporedattrice Matea Gold, una delle candidate interne più concrete per assumere la direzione del quotidiano, è passata al New York Times – secondo alcune fonti, perché consapevole che Lewis e Bezos avevano in mente altri giornalisti per ricoprire la carica.
I am thrilled to join this extraordinary news organization at a critical moment for independent, fair and unflinching journalism, and I can’t wait to work with @dickstevenson and this talented staff to run at the consequential stories before us. I will always love The Post and…
— Matea Gold (@mateagold) December 9, 2024
Tuttavia, quelle che secondo le indiscrezioni della stampa erano le due prime scelte di Lewis hanno deciso di interrompere i colloqui in corso con i vertici del giornale perché non interessati al ruolo, scrive Axios.
Sono Cliff Levy, due volte vincitore del premio Pulitzer e vicedirettore di due pubblicazioni importanti del gruppo New York Times, The Athletic e Wirecutter, e Anne Kornblut.
Kornblut ha lavorato al Boston Globe, New York Times e, per otto anni, allo stesso Washington Post, dove ha vinto il Pulitzer per aver seguito il caso di Edward Snowden. Ora è vicepresidente del dipartimento di Meta che si occupa della creazione, gestione e distribuzione dei contenuti.
Secondo Axios, l’Ad del Washington Post ha quindi provato a contattare Kevin Merida e Steven Ginsberg, entrambi già caporedattori del quotidiano. Merida è stato direttore del Los Angeles Times da giugno del 2021 a gennaio del 2024, mentre Ginsberg dirige The Athletic.
Anche in questo caso, sia Merida sia Ginsberg hanno risposto di non essere interessati alla posizione.
Uno dei nomi in lista che ancora non ha rinunciato alla candidatura è l’attuale direttore, Matt Murray, anche se sembra improbabile che possa essere scelto per continuare a guidare il quotidiano a lungo termine.
Altre partenze
Le difficoltà del Washington Post hanno anche a che fare con almeno altre due problematiche, a volte legate fra loro.
La prima riguarda le partenze di molte sue firme, come Taylor Lorenz, nota giornalista di tecnologia, molto seguita sui social media, che se n’è andata a ottobre.
Shane Harris, voce autorevole in politica estera e negli ambiti dell’intelligence e della sicurezza, ha lasciato il quotidiano ad agosto per passare all’Atlantic.
Anche Devlin Barrett, giornalista tra i più esperti in ambito giudiziario, è passato a ottobre all’ufficio di Washington del New York Times, dove lo ha seguito qualche mese dopo la sua ex collega del Washington Post, Matea Gold.
Oltre a dover far fronte a questi trasferimenti, che hanno privato il giornale di esperienza e talento, la redazione ha dovuto sottostare anche alla decisione di Jeff Bezos di non pubblicare il tradizionale appoggio del Washington Post a uno dei candidati alle elezioni presidenziali – in questo caso, Kamala Harris.
Anche l’Ad Lewis ha imposto decisioni senza consultare il parere dei giornalisti.
Prima ha provato a convincere l’ex direttrice Buzbee a non pubblicare gli aggiornamenti su uno scandalo di intercettazioni telefoniche che ha coinvolto alcuni tabloid londinesi di proprietà News Corp, la società di Rupert Murdoch per cui Lewis lavorava. Gli sviluppi della vicenda interessavano direttamente il Ceo del Washington Post.
Poi, al momento del trasferimento di Gold al New York Times, Lewis ha vietato ai giornalisti di dare la notizia, spiegando che il quotidiano non dovrebbe occuparsi di fatti che riguardano se stesso.
Anche in questo caso, la storia del Washington Post dice altro. Il giornale ha sempre riportato notizie che hanno a che fare con la redazione e la sua proprietà.