
Il corrispondente da Mosca del Corriere della Sera Marco Imarisio l’ha definito “il venerabile maestro dei propagandisti russi”. Dmitry Kiselyov questo epiteto se lo è guadagnato in anni e anni di lavoro a servizio del presidente Vladimir Putin.
Da 13 anni, tutte le domeniche alle 20, orario di Mosca, milioni di russi da ogni parte del Paese si sintonizzano su Russia-1, il principale canale della tv di Stato, per il programma Vesti Nedeli – Notizie della settimana – in onda dal 2001 e condotto da Kiselyov dal 2012.
Nell’edizione del 17 novembre scorso, pochi giorni dopo la rielezione di Trump, Kiselyov dà la notizia che il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha telefonato a Putin.
Il presentatore accenna un sorriso compiaciuto e ostenta calma, scrive Imarisio. Viene descritto in maniera simile dal Wall Street Journal, che di recente ne ha fatto un ritratto approfondito, in cui ha sottolineato il suo abbigliamento curato con abiti di sartoria e il tono pacato e un po’ cupo, adatto per chi deve fare presa e spacciare per vera una realtà di regime a un pubblico senza troppe alternative.
Il Cremlino, infatti, dopo aver bloccato i principali social media occidentali – Facebook, Instagram e Twitter – a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, dall’estate scorsa ha avviato una strategia di allontanamento dei cittadini da YouTube, una delle piattaforme più utilizzate dai cittadini nel Paese.
Prima, la piattaforma era visitata in media ogni mese da circa 96 milioni di russi sopra i 12 anni, vale a dire il 79% della popolazione nazionale oltre i 12 anni. Oggi, il traffico è meno di un terzo di quello precedente.
A giovarne è proprio la televisione, vista da Mosca come il fulcro della propaganda di regime, evidenzia il Wall Street Journal.

Dmitry Kiselyov. Foto: Wikimedia Commons.
Quando sognava la Bbc
Kiselyov non è stato sempre filo-putiniano.
In passato, in particolare fino ai primi anni 2000, le sue posizioni ideologiche e politiche erano distanti da quelle attuali.
Contrario alla censura sovietica, aveva come modello il servizio pubblico inglese Bbc.
E proprio la Bbc, negli anni ’90, lo aveva scelto per condurre un programma giornalistico televisivo in Russia finanziato dalla stessa emittente britannica.
In quella trasmissione, Kiselyov lavorava con una collega, Anna Narinskaya, che lo aveva descritto come “il più strenuo difensore dell’etica giornalistica che avessi mai incontrato”.
Sono gli stessi anni in cui il presentatore sosteneva l’avvicinamento dell’Ucraina all’Unione Europea.
Nel 2000, Kiselyov si è trasferito a Kiev come direttore del canale televisivo ucraino Ictv e anche per sottrarsi alle ingerenze di Putin – appena arrivato al potere -, che fin da subito aveva iniziato a ridurre la libertà di stampa nel Paese.
L’anno della svolta, secondo il Wall Street Journal, è il 2004.
A seguito della Rivoluzione arancione in Ucraina per contestare i brogli elettorali del candidato presidente filorusso Viktor Janukovyc – voto poi annullato dalla Corte Suprema di Kiev -, il conduttore ha bollato il movimento come il tentativo di un colpo di Stato occidentale.
Da quel momento, il giornalismo di Kiselyov si è progressivamente trasformato in propaganda allineata alle posizioni di Putin – ultranazionaliste, anti-occidentali e intollerante nei confronti delle minoranze etniche e sociali.
La sua svolta ha pagato.
Nel 2012, è stato nominato presentatore di Vesti Nedeli e, nel 2013, è stato messo a capo di Rossiya Segodnya, un gruppo editoriale che controlla l’agenzia di stampa Ria Novosti, il sito Sputnik e la radio Voice of Russia.

Il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, con Dmitry Kiselyov. Foto: Wikimedia Commons.
Semper fidelis, da 20 anni
Kiselyov si è dimostrato un fido gregario di Putin, aiutando a mascherare le crepe tra il Cremlino e la popolazione nei momenti di crisi e a esaltare il governo nei frangenti di apparente successo.
Ha prima dichiarato le proteste di Piazza Maidan a Kiev nel 2014 un tentativo di colpo di Stato occidentale e appoggiato poi l’invasione russa dell’Ucraina otto anni dopo.
Nel 2023, dopo l’interrotta marcia verso Mosca del mercenario Yevgeny Prigozhin, a capo della milizia privata Wagner, il presentatore ha lodato “l’unità del popolo e di tutti i vari ranghi di potere verso il presidente della Russia” e ha dichiarato il tentato golpe come “un tradimento” velleitario e senza appoggio popolare.
In diverse occasioni, Kiselyov ha fatto da megafono degli artificiosi tentativi di escalation proclamati dal Cremlino, ogni volta che il governo di Mosca ha alzato i toni e minacciato i Paesi Nato di usare l’arma nucleare.
Come gli altri
Il famoso presentatore è uno dei tanti esempi di personaggi pubblici russi che, per paura o per convenienza, hanno abbracciato il regime di Putin.
Il Wall Street Journal menziona Dmitry Trenin, un ex colonnello dell’Armata rossa, che, per anni, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, ha affermato che la Russia avrebbe dovuto riallacciare i rapporti con l’Occidente, entrare nella Nato e nell’Unione Europea.
Dopo aver firmato articoli sul New York Times e aver guidato a Mosca il dipartimento russo del centro di ricerca americano Carnegie Endowment for International Peace, Mosca ha chiuso l’istituto e Trenin si è convertito all’ideologia di Putin, sostenendo le sue ragioni nell’invasione dell’Ucraina.
Il presentatore televisivo Vladimir Solovyiov, che un tempo considerava la guerra contro l’Ucraina “un crimine di proporzioni inimmaginabili”, ora ha anche lui un programma su Russia-1 e sostiene Putin.
Resta poi il caso dell’ex presidente russo Dmitry Medvedev, che nell’anno della sua elezione, nel 2008, prometteva liberalizzazioni e un migliore rapporto con gli Stati Uniti, oltre a mostrare di apprezzare la cultura occidentale e americana.
Nel giro di pochi anni, anche Medvedev si è sottomesso agli ordini di Putin. Nel 2020 si è dimesso per consentire all’attuale presidente di acquisire maggiori poteri e cambiare la Costituzione.
Oggi, è uno dei tanti ad appoggiare l’invasione dell’Ucraina.