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Altro giorno, altro capitolo. L’infinita vicenda TikTok negli Stati Uniti si arricchisce di un nuovo episodio: ieri sera l’app è tornata disponibile negli app store di Apple e Google.
Bloomberg ha dato la notizia, poi confermata dalla stessa app. A convincere i due giganti della tecnologia sarebbe stata una lettera inviata a entrambe le società da parte del nuovo procuratore generale, Pam Bondi, per rassicurare le aziende sul fatto che non avrebbero ricevuto sanzioni se avessero reso di nuovo disponibile TikTok.
The latest TikTok app is now available to download
— TikTok US (@tiktok_us) February 14, 2025
Cammino incerto
Può sembrare un passaggio scontato, ma non è così.
Il Wall Street Journal riporta che Apple e Google avevano già ricevuto una lettera di rassicurazioni da parte del Dipartimento di Giustizia due settimane fa, prima della conferma di Bondi. In quel caso, però, non si erano lasciate convincere.
E anche questa non era stata la prima mossa per convincere le due società a reinserire TikTok tra le app scaricabili.
Prima ancora, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva firmato un ordine esecutivo per posticipare di 75 giorni l’entrata in vigore di una legge che, dal 19 gennaio, avrebbe dovuto bandire progressivamente il social media cinese dal Paese.
Tuttavia, non è sicuro che un provvedimento del presidente possa prevalere su una legge approvata a larga maggioranza bipartisan dal Congresso. E, infatti, Apple e Google non avevano ripristinato l’app di TikTok sull’App Store e Google Play.
Come aveva sottolineato l’analista di Bloomberg, Matt Schettenhelm, società che rischierebbero fino a 850 miliardi di dollari di sanzioni dovrebbero affidarsi a un ordine esecutivo di dubbia efficacia emanato da un presidente che ha già “cambiato completamente posizione su questo tema”.
Queste incertezze hanno spinto i due colossi ad adottare un atteggiamento prudente, considerando anche che la Corte Suprema aveva rigettato le motivazioni dei legali di TikTok contro il divieto dell’app.
La legge, votata in Congresso e firmata lo scorso aprile dall’ex presidente Joe Biden, prevede multe di cinquemila dollari per ogni download dell’applicazione. Interessa inoltre tutte le aziende partner e i fornitori di servizi di TikTok, fra cui Comcast, AT&T e Version.
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Donald Trump, 45esimo e 47esimo presidente degli Stati Uniti, nello Studio Ovale alla Casa Bianca. Foto: FMT:
Sono solo ipotesi
Nel 2020, durante la sua prima amministrazione, Trump aveva provato a vietare TikTok nel Paese e poi aveva cercato di trovare un accordo per cedere le sue attività negli Stati Uniti a un acquirente americano. In particolare, Oracle.
Ha poi cambiato idea la scorsa estate in campagna elettorale e ha deciso anche di iscriversi sulla piattaforma.
Da quando si è insediato alla Casa Bianca, Trump ha dichiarato e annunciato a proposito cose diverse, una dopo l’altra senza sosta.
Il presidente ha applicato la sua classica strategia comunicativa volta a sfiancare i media. Un approccio mutuato dal suo ex stratega Steve Bannon e da lui denominato “flooding the zone“.
Il 19 gennaio, nel suo post per tranquillizzare TikTok – al seguito del quale, l’app è tornata attiva negli Stati Uniti dopo uno stop di 14 ore -, il presidente ha proposto di creare una joint venture in cui ByteDance, l’attuale proprietaria della piattaforma, cederebbe il 50% della proprietà dell’app a una società americana.
Il tutto senza fare i conti con Pechino e le sue certe opposizioni a un simile piano.
Poi, ha emanato un ordine esecutivo per prorogare di 75 giorni l’entrata in vigore della legge. La nuova scadenza è il 5 aprile.
Nei giorni successivi è iniziata una sequela di dichiarazioni sui potenziali acquirenti, alcune lanciate dai giornali, altre esplicitamente menzionate da Trump stesso.
Elon Musk è stato tirato in ballo come uno dei papabili compratori. Musk, considerato un profilo ben voluto anche dal governo cinese, ha tuttavia risposto di non essere interessato a TikTok.
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Foto: Wikimedia Commons.
Poi sono state le volte di Oracle e Microsoft.
Trump ha prima dichiarato che avrebbe appoggiato l’acquisto del social media da parte di Musk o Larry Ellison, cofondatore di Oracle, per poi correggere il tiro e dire che “diverse persone molto influenti stanno parlando con me dell’acquisto. Ma non Oracle”.
Poche ore dopo, il presidente ha affermato che Microsoft stava valutando l’operazione.
Una settimana più tardi, Trump ha firmato un altro ordine esecutivo che prevede di istituire un fondo sovrano che, ha lasciato intendere, potrebbe interessarsi dell’acquisto di TikTok.
Non c’è tempo per riflettere sulla fattibilità e la credibilità di ognuna di queste proposte, è già tempo di ascoltare la prossima. La strategia di Bannon e Trump funziona proprio così.