Durante ogni tornata elettorale e in generale nei momenti di decisione collettiva, qualcuno si ricorda che esiste la teoria della scelta razionale, secondo la quale gli individui prendono decisioni basate su preferenze ben definite e coerenti. Molti riconoscono il fondatore nel settecentesco Marchese di Condorcet per i suoi studi sulla circolarità del voto, e in effetti per gli studiosi la razionalità si fonda su due principali proprietà, la completezza e la transitività: la completezza implica che un individuo abbia preferenze definite per ogni coppia di alternative, mentre la transitività indica che se un individuo preferisce A a B e B a C, allora preferisce A a C.
Questa teoria è spesso associata a comportamenti auto-interessati, dove gli individui agiscono per massimizzare il proprio benessere personale. È strettamente legata all’idea di interdipendenza umana e alla teoria dei giochi, che studia le interazioni tra individui, riconoscendo che le decisioni di un agente spesso dipendono dal comportamento degli altri. Un esempio noto di dilemma sociale è il “dilemma del prigioniero”, dove la scelta razionale individuale porta entrambi i prigionieri a tradire, nonostante la cooperazione produrrebbe un risultato migliore per entrambi.
Ormai trent’anni fa, Donald Green e Ian Shapiro pubblicarono Pathologies of Rational Choice Theory: A Critique of Applications in Political Science, un testo divulgativo e fortemente critico nei confronti della teoria. Gli autori sostenevano che molti studi basati sulla teoria della scelta razionale mancano di sufficiente supporto empirico, e molti modelli sono più teorici che empiricamente verificati, portando a conclusioni non sostenute dai dati reali. La teoria spesso fallisce nel prevedere accuratamente i comportamenti politici reali, e i modelli di scelta razionale sono spesso troppo flessibili, permettendo agli studiosi di adattarli post hoc per spiegare i risultati osservati, un approccio che riduce il valore scientifico.
Green e Shapiro non dedicavano particolare attenzione sistematica al ruolo della comunicazione. Tuttavia, la comunicazione è implicita in vari aspetti della loro critica, specialmente quando discutono delle modalità in cui le informazioni sono trasmesse e ricevute dagli attori politici. Gli autori mettono in discussione l’assunto secondo il quale gli individui abbiano accesso a informazioni complete e accurate per prendere decisioni razionali. In realtà, la comunicazione politica è spesso imperfetta, e le informazioni possono essere distorte o incomplete, influenzando così le percezioni e sulle preferenze degli elettori, che spesso non agiscono solo sulla base di calcoli razionali puri. Una critica finale, la più filosofica e dalla vaga intonazione aristotelica, riguarda la semplificazione eccessiva delle interazioni politiche: la teoria della scelta razionale tende a ridurre la complessità delle dinamiche di comunicazione a semplici scambi di informazioni, trascurando gli aspetti più sottili e qualitativi della comunicazione umana.
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