Il terreno di confronto della politica è, in massima parte, quello dei media e della comunicazione, strumenti che si sono dimostrati più potenti di quanto comunemente si creda per orientare le scelte dei governi, delle aziende e delle persone. Il ruolo della comunicazione – spontanea o professionalmente indotta – nella creazione della realtà è oggetto di numerose teorie e analisi, ma è soprattutto negli ultimi anni, segnati da crisi globali, che si è potuto toccare con mano quanto sia stata efficace questa poderosa macchina di “costruzione di senso”.
Nel suo Comunicazione e potere[1] Manuel Castells afferma che “il potere della comunicazione sta al cuore della struttura e della dinamica della società”, e che “la forma più fondamentale di potere consiste nell’abilità di plasmare la mente umana”. Uno degli effetti della comunicazione politica è quello di giustificare ideologicamente una serie di scelte e di iniziative che hanno ripercussioni profonde nella società. L’interpretazione della realtà in chiave ideologica può essere percepita come obsoleta e novecentesca, ma non lo è: Thomas Piketty vi ha dedicato il completamento dell’analisi sulle disuguaglianze iniziata con Il capitale nel XXI secolo.
In Capitale e ideologia[2] l’economista francese scrive: “La disuguaglianza non è economica o tecnologica: è ideologica e politica. Il mercato e la concorrenza, il profitto e il salario, il capitale e il debito, i lavoratori qualificati e non qualificati, i soggetti nazionali e gli stranieri, i paradisi fiscali e la competitività non esistono in quanto tali. Sono categorie sociali e storiche che dipendono interamente dal sistema legale, fiscale, dell’istruzione e politico che si sceglie di istituire e dalle categorie che ne derivano”. In altre parole, dice Piketty, le idee e le ideologie contano, nella storia. Permettono costantemente di immaginare e di strutturare mondi nuovi e società diverse. Come si crea l’ideologia? Piketty offre numerosi esempi storici ma probabilmente la definizione più efficace la fornisce quando descrive le sue fonti: dibattiti parlamentari, discorsi politici, programmi e piattaforme elettorali dei partiti. Ma anche i testi vescovili dell’inizio dell’XI secolo che giustificavano l’organizzazione trifunzionale della società, gli scritti dell’Ottocento del vicepresidente degli Stati Uniti John Calhoun intesi a giustificare ‘la schiavitù come bene positivo’. E i testi del presidente Xi Jinping e del Global Times sul sogno neocomunista cinese, i tweet di Donald Trump e gli articoli del Wall Street Journal o del Financial Times sulla visione ipercapitalista statunitense e anglosassone.
Un’altra caratteristica – non esclusiva – della narrazione politica è la viralità. Su questo tema prendiamo in prestito le idee di Robert J. Shiller[3], secondo il quale i grandi temi economici e politici di interesse globale si formano come racconti, si propagano come virus e si radicano come assiomi. L’economista propone esempi potenti: panico vs fiducia, frugalità vs consumo vistoso, riduzione della manodopera a causa delle macchine, boom e contrazione del mercato immobiliare, bolle del mercato azionari, spirale salari- prezzi e cattivi sindacati. Ognuna di queste narrazioni ha un’origine localizzabile e poi una diffusione che segue le curve di espansione utilizzate dai virologi. Ma devono tutte sottostare a una serie di principi. Per i nostri scopi ne citiamo solo due: a) la verità non basta a porre un freno alle narrazioni false e b) il contagio delle narrazioni è basato sull’opportunità che hanno di essere ripetute.
In questa rubrica divulgativa daremo spazio alle idee, agli autori, agli articoli, ai paper accademici e ai libri che mirano a spiegare l’intreccio profondo tra informazione e politica. Ci sembra efficace, per la sua pregnanza, utilizzare il termine “media politics”, al quale daremo un significato estensivo, a doppia via: considereremo come la politica influenza i media e come i media influenzano la politica. E intenderemo il termine politica in due sensi: come produzione sistematica di provvedimenti e atti con effetto pubblico, e come lotta per il potere e la sua conservazione.
[1] Castells, 2009
[2] Piketty, 2020
[3] Shiller, 2019