Il 2024 passerà alla storia come l’anno in cui il populismo ha trovato un nuovo slancio grazie alla crescente influenza dei social media e dei content creator. Un cambiamento profondo, che non solo ha ridefinito il modo in cui consumiamo le notizie, ma ha anche trasformato il rapporto tra politica, informazione e pubblico.
Secondo l’ultimo Digital News Report del Reuters Institute for the Study of Journalism, sempre più persone hanno maggiori probabilità di leggere le notizie direttamente sui feed social piuttosto che su un articolo di giornale, sia esso in formato cartaceo o digitale. Una tendenza che riflette un significativo cambio di paradigma: i social media dominano la scena, offrendo agli outsider politici un vantaggio senza precedenti.
I nuovi media, per definizione, sono meno legati alle convenzioni e alle regole dei grandi gruppi editoriali tradizionali. La loro indipendenza consente loro di ospitare e pubblicare contenuti che i media mainstream non prenderebbero in considerazione. Questo ha reso i social media un terreno fertile per i populisti, che trovano nella retorica semplice e diretta lo strumento ideale per emergere in un panorama mediatico sempre più frammentato. La natura disintermediata di queste piattaforme ha reso il loro messaggio più accessibile e diretto, aumentando la polarizzazione e diminuendo la fiducia nelle istituzioni tradizionali.
Oggi la moneta di scambio non è più l’autorità giornalistica, ma il carisma e l’abilità di coinvolgere. La cronologia è stata sostituita dall’algoritmo, e l’approfondimento dal clamore. I contenuti più performanti non sono moderati e sfumati, ma estremi e polarizzanti.
Non si tratta di un cambiamento solo di forma, ma di sostanza. Con il passaggio dai media tradizionali ai social media, e dal testo al video, l’accesso all’informazione è diventato più frammentato e personalizzato, ma anche più vulnerabile alla manipolazione e alla disinformazione.
Le recenti elezioni americane sono state il punto di svolta che ha reso evidente questa trasformazione. I content creator, con la loro capacità di mobilitare milioni di follower attraverso formati brevi e accattivanti, hanno ridefinito le dinamiche della campagna elettorale. Non sono più solo i media tradizionali a dettare l’agenda, ma una nuova generazione di “bro-caster”, come li ha definiti Bryce Elder sul Financial Times.
L’economia dell’attenzione, che domina Internet ormai da più di un decennio, ha di conseguenza raggiunto un nuovo apice. Mai prima d’ora i protagonisti del mondo digitale si erano sentiti così centrali nella vita delle persone o avevano avuto un accesso così diretto al potere. Il 2024 segna dunque l’anno in cui i content creator, come scrive Kyle Chayka sul New Yorker, hanno preso il sopravvento, non solo influenzando la cultura e l’intrattenimento, ma anche plasmando la politica.
Questo fenomeno, tuttavia, non ha segnato la scomparsa dei media tradizionali. Molte testate storiche stanno provando a crescere, e in alcuni casi a sopravvivere, adattandosi alle nuove dinamiche per raggiungere nuove (e vecchie) audience. Dall’altro lato, nuove testate digitali come The Information, Semafor e Puck – spesso guidate da ex giornalisti di grandi testate o tv – hanno trovato il loro spazio. Nonostante i nuovi format, i vecchi media sono ancora qui, trasformati ma non superati.
Comprendere questo cambiamento è oggi la sfida più urgente. E solo di recente ho realizzato che non lo possiamo arrestare, ma possiamo imparare a guidarlo verso un approccio più responsabile e consapevole. Solo così potremo trasformare il caos in innovazione, creando un contesto in cui la creatività e l’immediatezza non sacrifichino la profondità e la comprensione degli eventi.