L’instancabile lotta di Trump contro una censura che non c’è

Di il 22 Gennaio, 2025
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Tra gli ordini esecutivi firmati dal presidente il primo giorno, uno punterebbe a proteggere la libertà d'espressione dei cittadini da ingerenze esterne

Durante il suo primo giorno da presidente in carica, Donald Trump ha firmato decine di ordini esecutivi mentre si faceva intervistare dai giornalisti. L’aveva promesso, dopotutto.

Uno di questi provvedimenti ha lo scopo di “ripristinare la libertà di parola e porre fine alla censura federale”.

“Negli ultimi quattro anni, la precedente amministrazione ha calpestato i diritti alla libertà di parola”, si legge. “Censurando le opinioni degli americani sulle piattaforme online, spesso esercitando pressione su terze parti, come i social media”.

Qualcosa di simile lo aveva scritto anche Mark Zuckerberg in una lettera inviata alla Commissione di Giustizia del Senato – a guida repubblicana – la scorsa estate.

Il capo di Meta voleva giustificarsi della decisione di Facebook di aver limitato o rimosso i contenuti falsi e dannosi riguardanti la pandemia e i vaccini. Per farlo ha chiamato in causa l’amministrazione di Joe Biden, colpevole, a suo dire, di aver premuto sul social media perché stringesse le maglie del controllo.

Qualche mese dopo, all’indomani della vittoria elettorale di Trump, Meta ha seguito l’esempio di X di sostituire i programmi di fact-checking di terze parti con le segnalazioni degli utenti, le ormai famose Community Notes.

I colossi dei social media hanno dunque anticipato l’ordine esecutivo di Trump, presi anch’essi da un improvviso bisogno di tutelare la libertà di espressione da una fantomatica “censura del governo”.

Censura che, sostengono le organizzazioni di fact-checking coinvolte, non è mai esistita.

Anzi, l’individuazione e il controllo dei post fuorvianti ha permesso di aggiungere “informazioni e contesto a dichiarazioni controverse e ha smentito contenuti fuorvianti e teorie del complotto”, ha detto Angie Drobnic Holan, a capo dell’organizzazione International Fact-Checking Network.

Firmo subito

Resta quindi da capire da quali minacce Trump voglia difendere i suoi concittadini.

L’ordine esecutivo proibisce che le risorse dei contribuenti siano utilizzate per “violare incostituzionalmente la libertà di parola”.

Il significato politico dietro il provvedimento, si evince dal Wall Street Journal, è evidente.

Più volte i conservatori hanno sostenuto che i tentativi per limitare la diffusione di informazioni false online sulla salute pubblica e le elezioni costituirebbero in realtà una forma di censura.

“Con il pretesto di combattere la disinformazione, il governo federale ha violato i diritti protetti dalla Costituzione sulla libertà di parola dei cittadini americani”, c’è scritto nell’atto.

Secondo il quotidiano, l’entrata in vigore del provvedimento servirà a coordinare meglio gli sforzi con le aziende tecnologiche che hanno già adottato questa nuova linea libertaria al loro interno.

È, in altre parole, una vittoria per tutti coloro che – a partire da Trump, i suoi alleati e quei suoi sostenitori che le notizie false le condividono e le rilanciano – si battono contro la moderazione dei contenuti.

In passato, uno dei momenti più aspri del confronto fra le precedenti politiche più restrittive contro le fake news adottate dai social media e Trump era stata la sospensione dell’account del presidente dalle piattaforme del gruppo Meta.

Ora, queste divergenze appaiono del tutto appianate.

“Quello che l’ordine esecutivo di Trump fa davvero”, ha detto Nina Jankowicz, ex collaboratrice di Biden e amministratore delegato dell’organizzazione American Sunlight, “è scoraggiare le critiche nei confronti di quelli che usano la disinformazione come strumento per destabilizzare il nostro Paese e approfittare delle menzogne”.

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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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