La crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale generativa minaccia di scardinare le fondamenta dei media. Dopo aver subito gli effetti dell’egemonia di giganti come Google e Facebook, gli editori sembrano aver imparato la lezione e si stanno muovendo rapidamente per non ripetere gli stessi errori.
Recentemente, Perplexity AI, una start-up emergente nel campo dei motori di ricerca, ha fatto stretto accordi di condivisione delle entrate con importanti realtà editoriali come Time, Der Spiegel e Fortune. Una strategia che rappresenta un chiaro tentativo da parte degli editori di riappropriarsi del controllo dei contenuti che producono, in un momento storico in cui i confini tra la creazione di contenuti originali e la loro aggregazione tramite AI diventano sempre più sfumati.
È stata OpenAI ad aprire le danze
È stata OpenAI, la società madre di ChatGPT, ad aprire le danze di questa nuova tendenza che vede una stretta collaborazione tra i giganti dell’intelligenza artificiale e le società di news: i primi pagano i contenuti delle seconde per addestrare i propri modelli di AI. Ma questi tentativi di collaborazione non sono privi di controversie: insieme al suo partner Microsoft, OpenAI è al centro di una causa legale intentata dal New York Times per violazione del copyright. Una causa che solleva questioni urgenti su come l’AI stia rielaborando non solo il modo in cui consumiamo le notizie, ma anche come queste vengano monetizzate.
Prima di questi accordi, il vantaggio economico diretto per i media è spesso derivato da interventi legislativi, come quelli in Australia e Canada, che hanno imposto alle Big Tech di compensare gli editori per l’uso dei loro contenuti.
Una strategia a lungo termine
Rinunciare al prossimo grande progresso tecnologico non è una strategia a lungo termine per gli editori, che ora devono considerare come i modelli basati sull’AI possano non solo completare ma potenzialmente sostituire i metodi tradizionali di creazione e diffusione delle notizie.
Allo stesso tempo, secondo OpenAI, l’intero settore dell’informazione costituisce solo una “piccola fetta” dei dati su cui vengono addestrati i large language model. Detto in altre parole, se non rispetti i nostri termini saremo felici di tagliarti fuori.
Ma resta la domanda: i risultati finali di queste innovazioni saranno sufficienti per sostenere un’industria sotto pressione, sia economicamente che eticamente?
Con l’espandersi dell’intelligenza artificiale generativa, non è ancora chiaro se l’industria dei media sarà in grado di adattarsi e prosperare in questo nuovo ambiente, o se si troverà a lottare per mantenere il suo ruolo nella democrazia in un’epoca guidata da algoritmi. Solo il tempo dirà se questa nuova fase porterà un rinascimento dell’informazione o segnerà l’inizio di una nuova forma di dipendenza tecnologica per i media tradizionali.