Per chi ha vissuto l’editoria prima del nuovo millennio l’editorialista era una penna di punta del giornale il cui pensiero acuto e critico era in grado di sollevare dubbi e domande nel lettore, di scuotere il dibattito politico e metterlo in discussione. I temi trattati negli editoriali sono i più disparati e tutti hanno una valenza fondamentale per la collettività: i finanziamenti scolastici, lo sviluppo locale, le elezioni politiche per fare qualche esempio.
Sebbene i giornali sono spesso schierati politicamente, gli editoriali offrono chiarezza morale e hanno la capacità di influenzare l’opinione pubblica. Questo ruolo è stato evidente in molti editoriali vincitori del Premio Pulitzer su argomenti come la riforma carceraria, la disuguaglianza sociale, le discriminazioni razziali e l’ambiente.
Nei media americani sempre meno giornali pubblicano editoriali
In America sembra che l’editoriale stia scomparendo, lentamente un po’ in sordina, lasciando lo spazio al “dibattito collettivo”.
Dal lontano 1988 il Virginia Press Association ha assegnato un premio annuale per “editorial leadership in the community”, riconoscendo ogni anno un giornale che si è distinto per la qualità della scrittura. Tuttavia, lo scorso anno il premio non è stato assegnato poiché vi era solo un giornale iscritto. Quest’anno, il premio è stato definitivamente abolito.
La scomparsa del premio in Virginia è sintomatica di una problematica più vasta e grave. Con l’avvicinarsi di un’altra elezione presidenziale americana, l’editoriale tradizionale nei giornali sta scomparendo, diventando un’altra vittima delle stesse forze che hanno indebolito il giornalismo.
Gannett, la più grande catena di giornali degli Stati Uniti, ha iniziato due anni fa ad eliminare gli editoriali locali dai suoi oltre 300 quotidiani e settimanali. “I lettori non vogliono che diciamo loro cosa pensare“, hanno scritto i redattori di Gannett in una presentazione interna per giustificare questa decisione. “Non credono che abbiamo le competenze per dire a qualcuno cosa pensare”.
Crisi del giornale o dei giornalisti
La crisi degli editoriali ovviamente va di pari passo con quella dei media tradizionali. Sembra proprio che ormai l’unico editoriale accettato è un commento lasciato sotto un post social, l’unico pensiero che siamo in grado di accettare, sempre se concorde con il nostro. Anche i giornalisti hanno la loro dose di colpe, sempre più svuotati del loro pensiero per assecondare l’opinione pubblica o il politico di turno, i loro articoli d’opinione sono analisi di dati, poco inclini a correre dei rischi.
Eppure questa è una deriva pericolosa perché se perdiamo lo spirito critico di chi sa leggere la realtà da un altro punto di vista, che non è il nostro, allora chi sarà in grado di controllare se l’operato politico faccia davvero il bene della collettività? Che fine farà la pluralità di pensiero?