Le restrizioni di Facebook e Instagram sui giornali palestinesi

Di il 24 Dicembre, 2024
FMT free to use Palestine war
Alcune inchieste, tra cui una di Bbc, hanno mostrato in che modo Meta ha limitato la visibilità di testate e influencer locali durante la guerra

Nei territori palestinesi, molte testate, giornalisti e influencer hanno subito politiche di censura da parte di Meta, che ne ha limitato la visibilità.

Sia Bbc sia il centro studi per i diritti umani nei social media in Palestina 7amleh hanno confermato che le decisioni di Facebook e Instagram hanno fatto diminuire in modo pesante le visualizzazioni e le interazioni di questi giornali con il pubblico a partire da ottobre dello scorso anno, nel corso della guerra fra Hamas e Israele.

Meta ha negato di aver volontariamente identificato e censurato specifici contenuti o testate.

Le inchieste

Per confermare che le limitazioni fossero avvenute, Bbc News Arabic ha raccolto e analizzato i dati sull’engagement – ossia i commenti, le reazioni e le condivisioni – delle pagine Facebook di 20 importanti testate palestinesi nei 12 mesi precedenti e successivi al 7 ottobre.

I risultati della ricerca hanno mostrato un calo dell’engagement del 77% dopo il 7 ottobre dello scorso anno. Secondo dati propri, Palestine Tv, seguito da 5,8 milioni di utenti su Facebook, ha subito una riduzione del 60% nelle visualizzazioni dei propri post.

Al contrario, analizzando le informazioni di 20 maggiori testate israeliane, BBC ha rilevato un aumento dell’engagement di circa il 37%.

Un articolo di Middle East Eye cita alcune delle interviste di 7amleh a giornali palestinesi. Fra queste, la pagina Facebook della testata Arabs48 è stata eliminata due volte senza preavviso, ha detto la redattrice Dima Kabaha. Su Instagram, ha aggiunto Kabaha, “l’accesso è limitato a un massimo di duemila visualizzazioni per post e poche centinaia per le storie. Il nostro account non compare più quando lo si cerca e l’opzione di collaborazione è stata disattivata”.

Anche diversi influencer, fra cui Adnan Barq – con 286mila follower su Instagram – e Ali Obeidat, hanno perso l’accesso allo streaming live e alle collaborazioni. Gli account Facebook e Instagram di Obeidat sono stati eliminati 83 volte, mentre Barq ha affermato che dallo scoppio della guerra le visualizzazioni delle sue storie sono scese da 20-30mila visualizzazioni a una media fra tre e settemila.

Motivi e giustificazioni

Bbc ha ottenuto dei documenti interni di Instagram da alcuni attuali o ex dipendenti, rimasti anonimi, dove si dimostra che l’algoritmo della piattaforma è stato modificato per restringere le regole sulla moderazione dei commenti degli utenti palestinesi.

Dopo una settimana dall’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023, “il codice è stato modificato, rendendo più aggressiva la moderazione verso gli utenti”, ha detto uno degli intervistati. Un ingegnere si era preoccupato perché questa decisione avrebbe potuto rappresentare una nuova limitazione a priori nei confronti dei palestinesi.

Meta ha risposto a Bbc confermando di aver adottato alcune “misure temporanee riguardanti il prodotto e le politiche” a ottobre dello scorso anno, nel tentativo di trovare un equilibrio fra la libertà di espressione e la necessità di arginare la diffusione di contenuti che supportavano Hamas, definita come organizzazione pericolosa dalle politiche di Meta e sanzionata dagli Stati Uniti.

L’azienda di Mark Zuckerberg ha specificato che gli effetti delle limitazioni sono più evidenti per le pagine che pubblicano contenuti inerenti soltanto alla guerra. Meta ha riconosciuto “commettere errori”, ma ha negato di aver preso di mira specifici utenti o giornali.

Contro la libertà d’espressione

Dato l’accesso limitato ai giornalisti nell’area, i social media sono diventati essenziali per avere aggiornamenti sul conflitto. Come evidenziato da Middle East Eye, è su queste piattaforme che le persone palestinesi chiedono aiuto o ricevono notizie sui propri cari, quando gli attacchi dell’esercito israeliano causano interruzioni delle telecomunicazioni.

Secondo Jalal Abukhater, responsabile dell’advocacy di 7amleh, “le continue pratiche discriminatorie di Meta contro i contenuti palestinesi sono una chiara violazione degli standard internazionali sulla libertà di espressione”.

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