La tesi di Zuckerberg sul processo che potrebbe costargli Instagram e WhatsApp

Di il 15 Aprile, 2025
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Secondo l'ad, i social di Meta si posizionano sullo stesso mercato di YouTube e TikTok, dove gli utenti interagiscono perlopiù con contenuti suggeriti. Ma per l'accusa non sembra essere così

Nel processo iniziato ieri al tribunale federale di Washington, l’amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, ha controbattuto alla Federal Trade Commission, l’agenzia del governo statunitense a tutela della concorrenza e dei consumatori, che lo accusa di aver instaurato un monopolio sulle piattaforme utilizzate per condividere contenuti con amici e familiari.

Reuters sottolinea come l’ad, per rispondere alla Ftc, abbia cercato di minimizzare la quantità di post e contenuti proveniente da amici.

“Penso che non avessimo capito appieno come stava evolvendo l’engagement dei social media”, ha detto Zuckerberg ai membri della commissione.

“Le persone continuavano a interagire sempre più con contenuti che non avevano nulla a che fare con quello che facevano i loro amici”, tanto che, ha sottolineato l’ad, a oggi soltanto il 20% dei contenuti su Facebook e il 10% su Instagram proviene dalle persone che gli utenti seguono, mentre la maggior parte utilizza le piattaforme di Meta per scoprire nuovi profili e creator.

La tesi dell’azienda, dunque, è che Meta non abbia creato una situazione monopolistica poiché i suoi social media non competono su un terreno sul quale ha una posizione dominante, ma si posizionano sullo stesso mercato di TikTok, YouTube e Reddit, usati per scoprire nuove personalità da seguire.

L’esito del processo è molto incerto.

Qualora Meta perdesse la causa, potrebbe essere costretta a vendere Instagram, WhatsApp o entrambe le piattaforme.

Come evidenzia il New York Times, il processo rappresenta la minaccia più concreta alla compagnia di Zuckerberg, che finora è stato chiamato a discutere in Congresso otto volte e a testimoniare in tribunale almeno due.

Nella giornata di oggi, l’ad di Meta dovrebbe continuare la sua testimonianza per cercare di smontare le accuse.

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Foto: Pexels.

Tradizioni da superare

Fra le prove che la Ftc ha utilizzato ieri per dimostrare che l’unico intento di Meta – allora Facebook – era consolidare la propria posizione dominante e uccidere la concorrenza, ci sono delle email interne risalenti al 2012, in cui Zuckerberg parla sia della minaccia rappresentata da Instagram, sia della possibilità di tenere attiva la piattaforma dopo averla acquistata, ma senza aggiornarla o migliorarla.

Proprio nel 2012, Facebook ha acquisito Instagram per un miliardo di dollari. Due anni dopo, è stato il turno di WhatsApp, costato 19 miliardi.

L’acquisto di competitor emergenti è una pratica diffusa tra le big tech della Silicon Valley e un’eventuale sentenza contro Meta rappresenterebbe un precedente importante e dimostrerebbe quanto la seconda amministrazione di Donald Trump faccia sul serio nel perpetrare la sua battaglia contro le grandi società tecnologiche.

Zuckerberg, dal canto suo, le ha provate tutte per riavvicinarsi al presidente repubblicano, dopo un passato burrascoso tra i due.

Prima lo ha riammesso sui suoi social, lo ha chiamato per scusarsi del fatto che l’algoritmo di Facebook aveva oscurato alcune sue foto dopo l’attentato in Pennsylvania a luglio e ha accusato l’amministrazione di Joe Biden di aver ordinato a Facebook di limitare o eliminare contenuti falsi sul vaccino durante la pandemia da Covid-19.

Poi ha donato un milione di dollari per il fondo inaugurale del presidente, ha eliminato i programmi di fact-checking indipendente dalle piattaforme di Meta e ha smantellato le iniziative di diversità, equità e inclusione nell’azienda, allineandosi alle richieste della Casa Bianca.

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Foto: Pexels.

Eppure, gli amici

Nonostante il lato politico del processo, le tesi presentate da Daniel Matheson, avvocato della Ftc, potrebbero essere difficili da smontare per Meta.

Nel 2018, Facebook aveva aggiornato il suo feed per dare priorità ai contenuti pubblicati da familiari e amici – una mossa che sembra corroborare l’accusa di monopolio su uno specifico segmento di mercato, diverso da quello di TikTok e YouTube.

Ieri, quando è stato sollevato questo punto, Zuckerberg si è giustificato dicendo che l’azienda non aveva capito bene come si stesse trasformando l’interazione social, sempre più incentrata sugli algoritmi che promuovono post di creator e profili sconosciuti.

Eppure, lo scorso marzo, Meta ha annunciato il lancio della nuova Friends Tab su Facebook – in test negli Stati Uniti e in Canada.

L’opzione sostituisce la sezione Amici con un feed dedicato ai post, le storie, i reel e i compleanni degli iscritti dei quali si ha il contatto.

Seppure non penalizzi direttamente l’algoritmo di Facebook, l’obiettivo è quello di ridare centralità alla funzione originaria della piattaforma creata nel 2004: fungere da aggregatore sociale e permettere alle persone che si conoscono di restare in contatto.

Non proprio come sostiene Zuckerberg in tribunale.

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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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