Martedì sera, intorno alle 23 locali, il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol ha dichiarato l’imposizione della legge marziale. Il motivo ufficiale era proteggere la democrazia da forze nordcoreane contrarie all’ordine costituzionale. La misura è durata solo sei ore, durante le quali ogni giornale del Paese è stato posto sotto il controllo del governo, per evitare la “diffusione di notizie false”.
Come riporta Newsweek, la Corea del Nord potrebbe in realtà essere una scusa per giustificare una decisione così grave. L’ultima legge marziale dichiarata da Seoul risaliva al 1979.
“È soprattutto una situazione interna. Il presidente credeva di non potere gestire il governo come al solito”, a causa degli scontri con l’opposizione e con alcuni enti regolatori, ha dichiarato un funzionario sotto anonimato al settimanale. Il suo tasso di approvazione era sceso al 19% e la dichiarazione della legge marziale è stata criticata anche dal suo partito.
Secondo il quotidiano sudcoreano Hankyoreh, un’altra possibile spiegazione sta nella volontà del presidente di proteggere sua moglie, Kim Keon Hee. La prossima settimana, un voto parlamentare potrebbe infatti approvare un’investigazione sulle accuse, mosse alla first lady, di evasione fiscale e aver ricevuto tangenti.
Il parlamento, dove le forze di opposizione hanno la maggioranza, ha votato all’unanimità per annullare la legge dopo meno di tre ore. La revoca è stata poi confermata dai ministri e il breve tentativo di svolta autoritaria si è concluso poco dopo, come spiegato da Il Post.
Senza sosta
Yoon Suk Yeol ha qualche problema con i giornali.
Da quando è presidente della Corea del Sud, l’indice di libertà di stampa – stilato ogni anno da Reporter senza frontiere – è sceso dal 43esimo posto nel 2022 al 62esimo nel 2024.
Nelle poche ore in cui, lo scorso 3 dicembre, la legge marziale è stata in vigore, alcuni giornalisti non sono potuti entrare nelle redazioni, bloccate dall’esercito.
Il New York Times ha pubblicato un articolo in cui riporta alcuni editoriali dei quotidiani sudcoreani all’indomani dell’imposizione e revoca della legge marziale.
Chosun Ilbo, uno dei più importanti giornali conservatori del Paese, ha definito le azioni del presidente un “imbarazzo” internazionale. In un altro commento, pubblicato il 5 dicembre, il quotidiano chiede che Yoon Suk Yeol sia ritenuto responsabile per la sua decisione e dia una spiegazione pubblica ai cittadini.
Anche le altre testate hanno espresso il loro dissenso. Il giornale progressista Hankyoreh ha pubblicato un editoriale che afferma come “il più grande rischio per la Corea del Sud sia Yoon Suk Yeol”.
La direttrice editoriale di Korea JoongAng Daily, versione inglese del quotidiano JoongAng Ilbo, ha scritto in un post su LinkedIn che, in assenza di linee guida su come comportarsi in un momento del genere, nessuno in redazione ha pensato di fermare o limitare la pubblicazione di notizie.
Ancora una volta, i giornalisti sudcoreani hanno continuato a dare le notizie nonostante una situazione di forte pressione.
Non è la prima volta che l’attuale presidente cerchi di ridurne la libertà.
Lo scorso anno, secondo Rsf, il presidente o i suoi alleati hanno accusato di diffamazione almeno cinque giornalisti, usando la scusa delle notizie false. È un problema serio, dato che in Corea del Sud la diffamazione è punita fino a sette anni di carcere. Per questo alcuni reporter hanno deciso di auto-censurarsi ed evitare critiche politiche troppo esplicite.