
A un anno dal lancio della sua prima campagna di brand marketing in oltre dieci anni, l’Economist sta valutando il successo dell’iniziativa con parametri diversi dal semplice traffico web.
L’obiettivo principale non era infatti aumentare il numero di visite al sito, ma rafforzare la consapevolezza e la riconoscibilità del marchio, avvicinandolo a un pubblico più ampio e digitale.
Turnover di obiettivi
Nel gennaio 2024, l’Economist ha avviato una campagna volta a rendere la testata più accessibile, superando la percezione di un pubblico esclusivamente elitario.
Nada Arnot – vicepresidente esecutivo del marketing dell’azienda – ha spiegato durante il Digiday Publishing Summit a Vail, in Colorado, che l’iniziativa mirava a presentare di nuovo il marchio a lettori più giovani e nativi digitali.
“In nessun punto della nostra comunicazione abbiamo detto ‘visita economist.com per saperne di più’, perché questa non è una vera campagna di brand”, ha dichiarato Arnot.
“Abbiamo monitorato il traffico, ovviamente, ma il nostro vero obiettivo è indirizzare gli utenti verso la nostra app, rendendo la misurazione del traffico web meno rilevante”.
Dunque, un nuovo pubblico, più giovane e vasto, sull’applicazione, e meno attenzione alla Seo.

Immagine: Free Stock.
Su e giù
Nel corso dell’ultimo anno, l’Economist ha registrato una forte variabilità nel traffico al sito. Da picchi record a cali significativi.
Arnot attribuisce queste fluttuazioni non solo alla campagna, ma anche all’andamento del ciclo delle notizie.
“Abbiamo notato che l’interesse del pubblico cresce esponenzialmente in momenti di grande attualità, ma poi cala quando le persone vogliono distaccarsi dalle notizie”, ha spiegato.
Questo fenomeno non si limita al sito web, ma si riflette anche sull’app della testata.
Ma più su
Nonostante le oscillazioni nel traffico, la campagna ha prodotto risultati tangibili secondo le metriche adottate dall’Economist.
In due mercati chiave, Londra e New York, la brand recognition è aumentata rispettivamente di dieci e cinque punti percentuali nell’ultimo anno, mentre la familiarità con la testata è cresciuta di dieci punti in entrambe le città.
“Questo dimostra che il pubblico non solo ha visto la campagna, ma ne ha compreso il messaggio e il valore del nostro brand”, ha sottolineato Arnot.

Foto: Wikimedia Commons.
Endorsement, sì o no
Un picco significativo di traffico si è verificato nell’ottobre 2024, in seguito all’endorsement dell’Economist a favore di Kamala Harris.
Sebbene questa scelta editoriale non fosse direttamente legata alla campagna di marketing, la testata ha sfruttato il momento per rafforzare la propria strategia di pr e comunicazione.
Durante il ciclo elettorale del 2024, diverse testate hanno vissuto dinamiche simili.
Mentre il Guardian e il Philadelphia Inquirer hanno registrato un incremento di traffico e abbonamenti dopo il loro endorsement, testate come il Washington Post e il Los Angeles Times hanno perso migliaia di iscritti per non aver sostenuto alcun candidato.
“Siamo stati tra gli ultimi a esprimere un endorsement, ma è una pratica consolidata per noi e volevamo prenderci il giusto tempo”, ha commentato Arnot.
L’Economist sta dimostrando un approccio strategico mirato a rafforzare la consapevolezza del brand e attrarre un pubblico più giovane e digitale, ridefinendo così il proprio posizionamento nel panorama dei media globali.