Dopo il terremoto Chiara Ferragni e Balocco sembra che nel campo della comunicazione social, nello specifico nell’attività dei creator che operano con materiale pubblicitario, le iniziative per regolamentarne il lavoro diventano sempre più stringenti.
Nelle ultime settimane anche i partiti politici hanno manifestato la volontà di portare in Parlamento la questione spinosa della “Creator economy”.
“Accogliamo con favore la volontà da parte dei partiti di attenzionare il settore tramite proposte in Parlamento, è un punto di partenza essenziale per aggiornare la normativa vigente in tema di Creator Economy”. Così Sara Zanotelli, Presidente di AICDC – Associazione Italiana Content & Digital Creators, nel corso dell’evento “C come Legge”, che si è tenuto il 9 Maggio a Palazzo Valentini e che è stato occasione per fare il punto su tutti gli aspetti legali, fiscali e contributivi che riguardano i nuovi professionisti del mondo digitale.
Facendo un rapido riassunto delle puntate precedenti a Gennaio, infatti, ha fatto molto discutere l’iniziativa di AgCom di pubblicare le Linee guida per regolamentare l’attività degli influencer. Parliamo però di non meno di un decalogo non più di un documento programmatico generale e poco incisivo.
Ciò che ha destato preoccupazione tra i creator e influencer è stato l’inserimento di multe salate per chi non si attiene alle line guida: da 10mila a 250mila euro per la trasparenza pubblicitaria e da 30mila a 600mila euro in materia di obblighi di tutela dei minori.
Le linee guida hanno dato una dedizione di influencer
La crescente rilevanza e diffusione dell’attività degli influencer, definiti come soggetti che creano, producono e diffondono al pubblico contenuti audiovisivi, sui quali esercitano responsabilità editoriale, tramite piattaforme per la condivisione di video e social media, ha sollecitato l’AgCom, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ad intervenire.
Così da inizio anno sembra che per i “poveri” influencer non ci sia stata tregua. A marzo la Guardia di finanza punta il mirino su cinque grosse società di creator la cui trasparenza per il Fisco sembra essere stata messa in dubbio ma di cui poche notizie ancora sono certe.
Resta il problema della mancanza di una normativa fiscale
Restano però aperti molti punti di domanda a cui solo una normativa, seppur tardiva, può dare risposta. Il problema più grosso resta il fatto che al momento in Italia non esiste ancora una vera e propria regolamentazione giuridica o fiscale che definisca come devono essere dichiarati gli introiti da lavoro sui social. Come fanno allora a dichiarare al Fisco i guadagni quando le piattaforme dove operano sono estere? Cosa fare per quelli che spostano le sedi aziendali fuori dall’Italia? Alla politica l’ardua risposta!
“Fin dalla nascita dell’Associazione, ci siamo posti come interlocutori istituzionali per agevolare un inquadramento del comparto della Creator Economy, e in questi mesi abbiamo avviato numerosi tavoli di confronto con le principali istituzioni italiane, tra cui INPS, AGCOM e ISTAT.” Continua Sara Zanotelli, Presidente di AICDC.
“Oggi torniamo a ribadire l’importanza di creare dei momenti di confronto che ci permettano di definire meglio i confini della professione, per stabilire un codice ATECO e fare chiarezza dal punto di vista fiscale e contributivo: il creatore di contenuti digitali non può essere incasellato in ordinamenti datati.”
“Siamo passati da 250 associati ad avere 650 con un network in fermento: la categoria sente il bisogno di essere rappresentata, e per noi è un traguardo significativo, perché testimonia la qualità del lavoro che stiamo portando avanti.” Aggiunge Mauri Valente, Vice Presidente di AICDC. “Parliamo con i nostri associati ogni giorno, e conosciamo bene l’esigenza di chiarezza che proviene dal comparto. Stiamo portando avanti tanti percorsi parallelamente, non da ultimo quello che riguarda il rafforzamento dell’educazione digitale, la sensibilizzazione e la valorizzazione di una corretta informazione sul comparto”.