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Dei tanti cambiamenti portati dalla seconda presidenza di Donald Trump, uno dei più evidenti sta interessando la composizione della stampa alla Casa Bianca, con l’ingresso dei cosiddetti nuovi media, tra cui conduttori di podcast e influencer.
La svolta era stata preannunciata alla vigilia dell’insediamento della nuova amministrazione e ora iniziano a vedersi i frutti.
Secondo quanto scrive il Wall Street Journal, il governo avrebbe ricevuto circa 11.500 candidature per entrare come giornalisti accreditati alla Casa Bianca.
Molti di questi – a fine gennaio, circa 7.400, secondo Bloomberg – sono conduttori di podcast, creator e influencer che, per la prima volta, possono accedere alle riunioni e alle conferenze stampa del Presidente e dei suoi collaboratori, in primo luogo la portavoce Karoline Leavitt, la persona più giovane di sempre a ricoprire quel ruolo.
È stata proprio Leavitt, durante il primo incontro nella sala stampa James Brady della Casa Bianca, a comunicare le nuove linee guida, dichiarando di voler assicurare uno spazio fisso ai “nuovi media” e riservando le prime due domande della conferenza a due giornalisti proprio di questi new media.
In realtà, si trattava di Mike Allen, cofondatore di Axios e già firma di punta di Politico, e di Matthew Boyle, corrispondente della testata di ultra-destra Breitbart.
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La sala stampa James Brady della Casa Bianca, nel 2007. Foto: Wikimedia Commons.
Prime volte
Come ha sottolineato il Wall Street Journal, l’apertura di Washington ha già permesso a nuove figure del mondo dei media di entrare per la prima volta nella Casa Bianca e interagire anche con Trump.
È il caso di John Ashbrook, uno dei quattro conduttori del podcast conservatore Ruthless, che a gennaio ha avuto l’opportunità di fare una domanda durante un briefing con la stampa.
Ha chiesto – ovviamente – se le testate cosiddette mainstream avessero perso il contatto con la realtà nel modo in cui parlano del programma di rimpatrio forzato degli immigrati varato da Trump.
Leavitt ha risposto – altrettanto ovviamente – di sì.
Nel frattempo, con l’ampliamento del numero degli accrediti, la sala stampa non riesce più a contenere tutti e, sottolinea il Wall Street Journal, la gente si ammassa e sgomita nei corridoi.
Nonostante gli influencer che si occupano di attualità e politica siano principalmente conservatori, ci sono anche creator che si definiscono progressisti.
Uno di questi è Aaron Parnas, influencer e avvocato con 2,9 milioni di follower su TikTok.
“La voce dei giornalisti dei social media in sala stampa è mancata per troppo tempo ed è ora di cambiare”, ha detto. Tuttavia, è scettico sulla possibilità di vedersi assegnato un posto, dato che non è il “tipico influencer conservatore provocatore”.
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La sede dell’Associated Press a New York. Foto: Flickr.
Da prassi
Durante la prima amministrazione, la scelta di accreditare podcaster e content creator alla Casa Bianca era rimasta pressoché inattuata e gli sporadici episodi più eclatanti avevano riguardato l’esclusione di alcune testate critiche nei confronti del presidente da qualche riunione con la stampa.
Nel 2017, ad esempio, Trump aveva vietato l’ingresso a un incontro ad alcune fra le più importanti testate, fra cui New York Times, Cnn e Bbc.
Erano comunque episodi isolati, a differenza di oggi.
Ripetendo lo stesso copione di Trump fin dalla prima conferenza stampa, Leavitt ha attaccato le grandi testate fin dalla sua prima uscita, avvertendole che l’amministrazione le contrasterà ogni volta che “riterremo le vostre notizie sbagliate”.
Così è stato.
L’episodio più recente riguarda l’agenzia di stampa Associated Press, punita per essersi rifiutata di adottare la dicitura Golfo d’America – così come voluto da Trump – al posto di Golfo del Messico.
L’amministrazione ha quindi comunicato alla testata che “se non avesse adeguato i propri standard editoriali all’ordine esecutivo del presidente”, avrebbe “negato l’accesso a un evento nello Studio Ovale”.
Detto fatto.
Ai giornalisti dell’Associated Press è stato vietato di partecipare a due eventi alla Casa Bianca, uno dei quali era la cerimonia di giuramento di Tulsi Gubbard, nominata capo dell’intelligence.
Pochi giorni dopo, la Casa Bianca ha impedito a un reporter e un fotografo dell’agenzia di salire a bordo dell’Air Force One insieme agli altri membri stampa accreditati.
“Li terremo fuori fino a quando non accetteranno che si chiama Golfo d’America”, ha detto Trump.
Un episodio che sa di vendetta, come confermato da una nota dell’agenzia di stampa, che ha ricevuto la solidarietà di oltre 40 testate – inclusi due nomi conservatori come Fox News e Newsmax. “Parliamo del governo che dice al pubblico e alla stampa quali parole usare, punendo chi non si adegua alle sue direttive”, ha scritto l’Associated Press.
A ulteriore conferma del cambiamento di rotta, il Dipartimento della Difesa statunitense ha lanciato un programma di rotazione annuale per gli spazi dedicati alla stampa, lo storico Corridor of Correspondents.
Il Pentagono, dunque, ha deciso di sostituire nomi come il New York Times, Nbc News, Npr, Politico, Cnn, Washington Post e The Hill con New York Post, One America News Network, Breitbart, Washington Examiner, Newsmax, Daily Carrer e Free Press.
L’unico nuovo giornale non conservatore nella lista dei nuovi entrati è l’HuffPost.