L’ingresso di Matt Murray e, entro la fine dell’anno, Robert Winnett, dalla porta principale del Washington Post segna un altro momento significativo dell’era dei giornalisti britannici nelle direzioni delle testate americane.
Le nomine, firmate dal CEO inglese del Post Will Lewis (ex Wall Street Journal e Telegraph), seguono quelle dei suoi connazionali ed ex colleghi Suzi Watford come Chief Strategy Officer e Karl Wells come Chief Growth Officer.
Il nuovo stile editoriale
Il cambiamento di leadership si rifletterà nello stile editoriale del giornale, abbandonando i lunghi articoli per privilegiare storie più concise e incisive, una strategia che Lewis spera possa rivitalizzare la testata. Approccio che coincide con quello adottato da Rupert Murdoch al Wall Street Journal, noto per la sua capacità di trasformare i giornali in letture più serrate e adatte a un pubblico più ampio.
Non sono mancate le preoccupazioni. Durante una riunione dello staff, sono emerse critiche sull’assenza di donne o persone di colore nella scelta dei nuovi leader e sulla mancanza di un processo di selezione più aperto. Lewis ha difeso le sue scelte, sottolineando la necessità di un cambiamento rapido e deciso.
Dall’altro lato, si potrebbe essere tentati dal supporre che la nuova direzione del Post, con un pedigree di Murdoch, potrebbe orientare il giornale verso una linea editoriale di destra. Tuttavia, si tratta solo di ipotesi estreme: non vi sono indicazioni che i membri del nuovo team di Lewis abbiano intenzioni di seguire tale direzione.
Il futuro del Washington Post
Il futuro del Washington Post sotto questa nuova gestione rimane incerto. Mentre alcuni osservatori sono scettici sulla capacità di questa squadra di portare innovazione significativa, altri vedono nei cambiamenti un potenziale per rinnovare il giornale in un periodo di sfide intense per l’industria dei media. Probabilmente, con il sostegno di Jeff Bezos, che continua a coprire le perdite finanziarie del giornale, il Post è destinato a rimanere un protagonista chiave nel panorama mediatico.
L’influenza britannica nel giornalismo statunitense
L’influenza britannica nel giornalismo statunitense non è una novità. Altre importanti figure occupano posizioni chiave nei media, come Mark Thompson alla CNN, Emma Tucker al Wall Street Journal, la CEO dell’Associated Press Daisy Veerasingham, il direttore di Bloomberg News John Micklethwait e quello del New York Post Keith Poole. Questa “invasione britannica” riflette una tendenza di lunga data, promossa da figure come Murdoch, che ha spostato direttori di talento attraverso il suo impero editoriale.
Questa tendenza, che ha lasciato perplessi molti osservatori americani, arriva in un momento tumultuoso per l’industria dei media. I gruppi editoriali statunitensi hanno visto un boom di lettori ed entrate durante le elezioni del 2016 e del 2020, ma in quelle di quest’anno non hanno ancora registrato l’effetto Trump.
Inoltre, gli editori stanno lottando per la sopravvivenza mentre affrontano una tempesta di sfide: un mercato pubblicitario debole, un pubblico in declino, la minaccia dell’intelligenza artificiale e il calo di interesse da parte delle big tech come Meta che pagavano per le loro notizie.