I giornali uniti per un’IA responsabile

Di il 09 Aprile, 2025
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Anche chi ha cercato accordi commerciali con le big tech ora si rivolge ai governi per tutelare la proprietà intellettuale

Il fronte dei media sembra meno spaccato di quanto si pensi sul tema IA.

A pochi giorni dalla campagna mediatica del gruppo Alden contro le richieste di OpenAI e Google, ne arriva un’altra.

Si chiama Support Responsible AI e vede, tra gli altri, alcune importanti testate statunitensi, inclusi il New York Times – tra i primi ad avviare una causa legale nel contesto del rapporto fra editoria e IA, il Washington Post e Vox Media.

Anche chi ha cercato la via dell’accordo economico, come Axel Springer – che possiede Politico – o il Guardian, ha supportato la campagna, che con toni molto accesi, parla apertamente di “furto“.

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Foto: Pexels.

Ora di pagare

I creatori di contenuti sono disponibili a metterli a disposizione per lo sviluppo dei modelli, a patto che le grandi società paghino il dovuto, sottolinea un articolo di The Verge che riprende l’iniziativa.

La News/Media Alliance, associazione no-profit che raggruppa oltre duemila enti attivi nell’ambito dell’informazione negli Stati Uniti e in Canada, ha creato un dominio apposito per mettere a disposizione tutto il materiale comunicativo.

Banner e loghi hanno simboli eloquenti: l’occhio che ricorda 1984 di George Orwell, la mano bionica beccata a rubare, un volto con il berretto del ladro nell’immaginario comune.

Tre sono le richieste principali: retribuzione per l’utilizzo dei contenuti – anche se non ci sono specifiche direttive su come dovrebbero essere calcolati, supervisione per garantire il riconoscimento delle fonti con cui è stato generato quel contenuto e prevenzione dei monopoli e di pratiche anti-competitive.

Per un ecosistema bilanciato

Richieste simili arrivano anche da altri Paesi.

Nel Regno Unito, si è conclusa da poco la campagna Make it fair, assieme a un momento di consultazione pubblica per raccogliere i pareri e le opinioni dei cittadini.

Mentre l’IA genera investimenti per circa 120 miliardi di dollari all’anno, il settore creativo, che richiede tempo e risorse per esprimersi, incontra serie difficoltà a sostenersi.

Un’alleanza per un ecosistema di creazione e utilizzo sostenibile potrebbe essere vantaggiosa per tutti. Ma contro le big tech solo la politica può provare a offrire le giuste garanzie. Sempre che i governi stiano dalla parte dei media, fatto per nulla scontato.

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Ludovica Taurisano è dottoranda di ricerca in Global History and Governance per la Scuola Superiore Meridionale di Napoli, con un progetto di ricerca sull’editoria popolare e l’informazione politica negli anni Sessanta e Settanta. Con una formazione in teoria e comunicazione politica, si è occupata di processi di costruzione dell’opinione pubblica; ha collaborato con l’Osservatorio sulla Democrazia e l’Osservatorio sul Futuro dell’Editoria di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Oggi è Program Manager per The European House – Ambrosetti. Scrive di politica e arti performative per Birdmen Magazine, Maremosso, Triennale Milano, il Foglio, Altre Velocità e chiunque glielo chieda. Ogni tanto fa anche cose sul palco.