I Cinque. Gli articoli da ricordare questa settimana (1-7/06)

Di il 08 Giugno, 2024
Gli articoli da ricordare questa settimana: a che serve l’Europa, a che servono i sovranisti, ambientalismo e narrazioni, mappa ideologica dell’Unione, donne messicane

Categoria: politica internazionale

A cosa serve l’Europa. Ecco i motivi per votare. Di Milena Gabanelli, Simona Ravizza e Alessandro Riggio. Corriere della Sera del 3 giugno 2024

Alle prossime elezioni europee saranno chiamati alle urne 359 milioni di cittadini dell’Unione, ma l’astensione potrebbe essere molto alta. In Italia, nel 2019 è stata pari al 45,5%, contro il 29% del 2004. Tuttavia, per gli elettori sotto i 35 anni l’astensione è in calo. I giovani considerano l’Europa importante e il loro voto è davvero per l’Unione, non per valutare il governo nazionale.

Nel perfetto stile Dataroom, vengono illustrati dieci buoni motivi per andare a votare, sia per i giovani sia per i tradizionali gruppi di astensionisti: donne, disoccupati, il Sud. Per i giovani l’Unione europea ha permesso, grazie al programma Erasmus, a 15 milioni di studenti di frequentare una università straniera. Ha stanziato 1 miliardo di euro per il volontariato, e ha dato la possibilità di accedere a un microprestito di 25 mila euro per chi vuole mettersi in proprio.

Per le donne ha istituito il fondo FSE per incrementare l’occupazione femminile, e ha imposto 10 giorni di paternità retribuita in tutti i Paesi membri. Per quanto riguarda i disoccupati, 4,9 miliardi di euro di Pnrr sono per la riqualificazione professionale, e per il Sud sono stati lanciati i Fondi di coesione per lo sviluppo economico e sociale.

Per tutti i cittadini, oltre al Next Generation EU, l’Unione ha lanciato il Green Deal, mille miliardi di euro per promuovere la transizione energetica. Sono misure reali, che cambiano potentemente la vita delle persone e che basterebbero da sole a giustificare la burocrazia comunitaria. “Non c’è futuro per i popoli europei se non nell’Unione”: sono parole di Jean Monnet, in padre della Comunità economica europea, pronunciate nel 1950.

Categoria: politica elettorale

Il voto sovranista è un voto inutile? Di Tito Boeri e Sebastiano Scalco, Eco di maggio

La premessa iniziale è che per contare al Parlamento europeo è necessario coalizzarsi con partiti di altri paesi e formare gruppi di affinità politica, che attualmente a Bruxelles sono otto. Poi gli autori chiedono a ChatGPT una definizione di sovranismo: l’intelligenza artificiale risponde che “si definisce sovranista una coalizione di eurodeputati che danno priorità alla sovranità nazionale e sostengono la riduzione dell’influenza delle istituzioni dell’Unione Europea sugli Stati membri”.

Hanno chiesto quali siano attualmente i gruppi sovranisti all’Europarlamento. ChatGPT risponde: i Conservatori e riformisti (di cui fa parte Fratelli d’Italia), Identità e democrazia (di cui fa parte la Lega) e Sinistra unitaria europea – Sinistra verde nordica. Una volta chiara la mappa, incrociata anche con una fonte accademica, Boeri e Scalco analizzano le votazioni avvenute tra il 25 novembre 2021 e il 14 marzo 2021, traendole da banche dati pubbliche. Sono circa mille votazioni, dalle quali emergono alcune evidenze.

La prima è che la percentuale di parlamentari che votano in linea con la maggioranza del proprio gruppo è inferiore per i gruppi sovranisti rispetto a tutti gli altri. La seconda è che nell’ambito dei gruppi sovranisti c’è anche maggiore disaccordo nel disaccordo, vale a dire nel prendere decisioni diverse da quelle della maggioranza del gruppo.

Se viene preso in considerazione un “indice di frammentazione” che misura, da zero a uno, il grado di disaccordo del gruppo, vediamo che il gruppo con l’indice più alto è, per forza di cose, quello misto, seguito però da tutti i gruppi sovranisti, con indici vicini al 50%.

Quello che emerge, insomma, è che mentre i non-sovranisti sembrano essere in grado di far coesistere gli interessi del loro paese con quelli comunitari, votando in modo compatto, i sovranisti seguono logiche nazionali e faticano a esprimere posizioni comuni a livello europeo, condannandosi di fatto all’irrilevanza. 

Categoria: contaminazione dei saperi/ambiente

Contro i demoni verdi. Di Antonio Pascale, Il Foglio del 3 giugno 2024

Antonio Pascale non è uno scienziato esperto di clima, ma uno scrittore e saggista dai tanti e variegati interessi. Per lui, la narrazione sul cambiamento climatico è troppo spesso una narrazione all’insegna dell’emotività, della semplificazione e del catastrofismo.

Quest’ultimo atteggiamento, che Pascale chiama “retorica dell’apocalisse”, non fa bene alla causa perché segnala una situazione già irrimediabile, sulla quale è troppo tardi agire. Induce ad adottare provvedimenti di somma urgenza, utili solo a placare l’ecoansia ma che impediscono di ragionare nel lungo termine, con una mente economica. Ma non è solo un problema intertemporale, è anche intergeografico: la richiesta di fermare il cambiamento climatico da parte degli abitanti del Primo mondo, il più ricco, cozza con la richiesta di entrare nel benessere del Resto del mondo.

Per l’ambientalista Vaclav Smil, l’84 per cento dell’energia che il mondo utilizza deriva dal fossile, e i quattro pilastri che fondano il mondo moderno – acciaio, cemento, plastica e ammoniaca – necessitano di energia fossile. Che fare dunque? La risposta di Pascale sembra essere quella di un pragmatismo razionale e graduale, fondato su domande e risposte realistiche: è giusto rinunciare al nucleare? È giusto l’utilizzo della biochimica per debellare gli agenti patogeni dei prodotti agricoli? E l’eolico? Per costruire il numero di turbine eoliche necessarie a soddisfare la domanda di energia da qui al 2030 servono 600 milioni di tonnellate di carbone.

Per Pascale, che è un narratore di professione, il problema è come viene raccontata la crisi climatica: “il problema della modernità è la moltiplicazione di narratori che accarezzano il nostro demone: e cioè risolvere tutto velocemente, anche con modalità poco epistemologiche, meno fatica facciamo, meno energia sprechiamo. Il problema della modernità, prima ancora del cambiamento climatico, sono le storie”.

La risposta dovrebbe essere quella di buttare lo storytelling imperante. Ci vogliono storie che ci accolgano e ci facciano capire e studiare la complessità in cui siamo immersi.

Categoria: infografica/tavola sinottica

Perché votare, 7 del Corriere della Sera del 7 giugno 2024

La storia di copertina del supplemento è dedicata alle elezioni europee, con un’ampia serie di articoli. In mezzo, su due pagine, una bella ed efficace tavola sinottica a forma del gioco del Monopoli, densa di informazioni e di numeri.

Si scopre, ad esempio, quali e quanti sono i gruppi parlamentari a Bruxelles, ma questo ormai un po’ si sapeva. Quello che generalmente non si sa è il gruppo di riferimento del principale leader (primo ministro o capo di Stato esecutivo) di ciascuno dei 27 Paesi membri.

È un’informazione importante, perché segnala induttivamente l’area ideologica maggioritaria degli Stati. Si scopre in questo modo che al gruppo Ppe (Partito popolare europeo) fanno riferimento Portogallo, Grecia, Croazia, Austria, Lussemburgo, Polonia, Romania, Finlandia, Svezia e Irlanda. Ai Socialisti e democratici si riferiscono Spagna, Malta, Germania e Danimarca; ai liberali di Renew Europe, Francia, Slovenia, Belgio ed Estonia.

L’Italia, con Giorgia Meloni, è nei Conservatori e riformisti in compagnia della sola Repubblica Ceca, mentre non ci sono leader e Paesi che fanno capo alla destra sovranista di Identità e democrazia, gruppo cui appartiene la Lega.

La tavola dà anche altre informazioni sintetiche: il Pil dell’Unione è pari a 17,8 trilioni di euro, le lingue ufficiali sono 24, le nazioni che usano l’euro 20, mentre il personale militare conta 1,9 milioni di effettivi (saranno tanti o pochi, vista la situazione generale?). 

Categoria: newsletter

Una donna contro l’impunità? ISPI Daily Focus del 3 giugno 2024

Nelle elezioni più grandi della storia messicana, a parte la presidenza, erano in palio più di 20mila tra seggi parlamentari nazionali e locali, nove incarichi da governatore e di amministratori di vario livello. Il fatto che si siano tenute senza incidenti maggiori è a sua volta un successo: il voto infatti è arrivato al termine della campagna elettorale più violenta della storia moderna, con più di 30 candidati uccisi e centinaia di altri che hanno abbandonato la corsa, sotto il peso delle minacce dei narcos e dei gruppi criminali. Una situazione che i messicani hanno dato prova di voler cambiare: più di 100 milioni si sono registrati per votare e hanno atteso lo scorrere di lunghe file ai seggi elettorali sotto il caldo soffocante. La vittoria di Sheinbaum è una svolta importante per il Messico, anche dal punto di vista socio-culturale: il paese è noto per la sua cultura ‘machista’ e – con una media di 15 femminicidi al giorno – è considerato uno dei paesi più pericolosi al mondo per il genere femminile. L’impunità che spesso accompagna gli omicidi delle donne è stato uno dei cavalli di battaglia di Sheinbaum che sarà anche la prima persona di origine ebraica a guidare il Messico, sede della seconda popolazione cattolica più grande al mondo, che per anni ha promosso per le donne valori e ruoli ancorati alla tradizione conservatrice. Non arrivo qui da sola, arriviamo tutte – ha detto Sheinbaum    Con le nostre eroine che ci hanno donato la nostra patria, con le nostri antenate, le nostre madri, le nostre figlie e le nostre nipoti”.   

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Alberto Paletta si occupa di comunicazione e relazioni istituzionali presso un gruppo finanziario. Pur attratto dalla politica attiva, preferisce dedicarsi a quella contemplativa. Milanese d'adozione e di elezione, un po' come Stendhal.