Green Updates #4 – Quanto è complesso e pericoloso raccontare il cambiamento climatico?

Di il 18 Giugno, 2024
cambiamento climatico
Un focus sul racconto della crisi climatica, tra minacce ai giornalisti e storytelling catastrofista, passando per le nuove prospettive dei fondi ESG. Insieme a questo, alcune storie, iniziative e progetti che compongono e misurano la sostenibilità

1. Quando la crisi climatica mette in difficoltà il giornalismo 

Un sondaggio globale, realizzato da Internews Earth Journalism Network (EJN) e Deakin University, rivela che quasi quattro giornalisti su 10 che coprono la crisi climatica e le questioni ambientali sono stati minacciati a causa del loro lavoro, con l’11% sottoposto a violenza fisica. Circa il 30% degli oltre 740 giornalisti e redattori provenienti da 102 paesi ha dichiarato di essere stato minacciato con azioni legali, riflettendo una tendenza crescente da parte di società e governi a servirsi del sistema giudiziario per contrastare o limitare gli articoli ritenuti negativi e accusatori nell’ambito della tutela ambientale.

Dal rapporto “Covering the Planet”, che include interviste con 74 giornalisti provenienti da 31 paesi, emerge che la maggior parte dei giornalisti sostiene che la copertura mediatica sulla crisi climatica non è commisurata e/o adeguata rispetto all’importanza e gravità che riveste la tematica.

Nonostante l’ampiezza e l’entità dei problemi ambientali, il 39% dei giornalisti intervistati ha riferito di essersi auto-censurato, specialmente per paura di possibili ripercussioni da quelle società o enti che intraprendono attività illegali o dai governi. 

A questo costante rischio di minacce e censura, si aggiunge anche la scarsità di risorse finanziarie per i giornalisti che dedicano il proprio lavoro alla denuncia della crisi climatica. Molti si affidano ai finanziamenti di organizzazioni non profit che, essendo spesso legate a tematiche specifiche, rischiano di limitare i giornalisti senza offrirgli dunque la possibilità di scrivere e raccontare liberamente ciò che ritenuto da loro più rilevante su crisi climatica e ambientale, con l’obiettivo creare quanta più consapevolezza possibile anche su storie locali.

2. L’avvento delle destre in Europa minaccia la lotta al cambiamento climatico

La narrazione della crisi climatica è spesso pervasa da un approccio catastrofista che, nel lungo periodo, può diventare una strategia poco efficace al fine di combattere concretamente la crisi climatica e ottenere gli obiettivi desiderati.

Il catastrofismo, detto anche retorica dell’apocalisse, insistendo su un racconto di un Pianeta che ha ormai le ore contate, non stimola efficacemente all’azione ma, al contrario, rischia di paralizzare qualsiasi tipo di agire, poiché induce a pensare che non esistano soluzioni per un esito che sembra essere già scritto.

In un contesto globale così interconnesso, c’è invece bisogno di riconoscere e considerare la complessità del problema e valutare soluzioni realistiche, evitando dunque approcci eccessivamente semplici e miracolistici. Abbandonare lo storytelling estremo, sia quello irrazionalmente ecologista sia quello negazionista, diventa dunque essenziale per agire in modo efficace e concreto sulle emissioni di CO2, adattandosi a quei cambiamenti inevitabili che porterà la crisi climatica e sviluppando quindi la ricerca di un necessario equilibrio tra la complessità in cui siamo immersi e le azioni efficaci e rapide che includano una netta presa di posizione delle industrie e della politica. 

Questo impegno si inserisce in un contesto politico in costante evoluzione nella maggior parte del mondo. L’esito delle elezioni in Europa ha decretato infatti una presenza importante dell’estrema destra nel parlamento europeo che, dunque, potrebbe aprire ad una prospettiva meno favorevole alle politiche verdi dei prossimi cinque anni, determinanti per gli obiettivi dell’agenda ONU al 2030.

Le leggi “verdi” già in vigore saranno difficili da abrigare ma lo scetticismo delle opposizioni, adesso con un maggior numero di rappresentanti al parlamento, potrebbe certamente minacciare gli obiettivi ambientali dell’Ue.

3. Diminuisce la popolarità dei fondi ESG tra gli investitori

Nei primi mesi del 2024, i fondi di investimento orientati alla sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) hanno registrato deflussi netti pari a 40 miliardi di dollari, segnando il primo grande esodo del settore. Le scarse performance, scandali come quello che ha coinvolto il gestore patrimoniale tedesco DWS, e gli attacchi politici dei repubblicani americani hanno ridotto l’entusiasmo degli investitori. 

Secondo Barclays, il patrimonio del principale fondo ESG di BlackRock è sceso da 25 miliardi di dollari a 12,8 miliardi di dollari. Anche in Europa, i fondi ESG hanno registrato deflussi significativi.

Nonostante il calo, l’interesse per la sostenibilità non è tuttavia svanito del tutto: i fondi obbligazionari ESG continuano ad attirare capitali e alcuni investitori rimangono impegnati a lungo termine. Gli investimenti in energie pulite crescono, raggiungendo i 2.000 miliardi di dollari nel 2024, ma con ancora 1.000 miliardi investiti in combustibili fossili.

Il futuro degli investimenti ESG è incerto, ma la domanda per un futuro più sostenibile è ancora forte. La chiave per il successo del settore risiederà in maggiore trasparenza, selezione rigorosa dei fondi e performance allineate o superiori a quelle degli investimenti tradizionali.

PUZZLE

Saudi Aramco – la più grande compagnia petrolifera del mondo – punta a dominare l’endgame del petrolio mediante una strategia su tre fronti: migliorare l’estrazione del petrolio in modo più pulito, diversificare il portafoglio di idrocarburi e decarbonizzare le operazioni. Questo include investimenti significativi in gas naturale, petrolchimici e tecnologie verdi come energia rinnovabile e idrogeno blu, mirando a ridurre le emissioni di metano e sviluppare la cattura del carbonio. Aramco sostiene la visione del principe ereditario di diversificare l’economia saudita e ridurre la dipendenza dal petrolio.

Le emissioni di CO2 in Europa sono diminuite del 4% nel quarto trimestre del 2023, ma non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi climatici. La costruzione di infrastrutture e l’uso di centrali a carbone hanno rallentato i progressi. L’Europa punta alla neutralità carbonica entro il 2050 attraverso rinnovabili, efficienza energetica e elettrificazione dei trasporti, ma la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti è troppo lenta.

La League of Conservation Voters (LCV), un advocacy group americano dedicato all’ambiente, sta lanciando una campagna pubblicitaria digitale da 2,6 milioni di dollari per promuovere gli sforzi del presidente Biden contro la perforazione nell’Artico, rivolta principalmente ai giovani elettori e trasmessa su canali come YouTube, Hulu e Amazon Prime in quattro stati chiave (Arizona, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin). L’iniziativa mira a rafforzare la posizione di Biden nella prossima campagna elettorale e ingaggiare l’elettorato più giovane profondamente sensibile sulle tematiche ambientali.

Le emissioni di Microsoft sono aumentate del 30% dal 2020 al 2023 a causa della costruzione di data center per supportare l’AI e il cloud computing, compromettendo i suoi obiettivi climatici. Sebbene le emissioni dirette siano diminuite del 6,3%, quelle della catena di fornitura sono aumentate del 30,9%. Microsoft mira a diventare “carbon negative” entro il 2030, ma la corsa all’infrastruttura AI, che richiede molta energia, rende la sfida più ardua.

L’ex presidente Donald Trump, durante una raccolta fondi a porte chiuse, ha proposto ai finanziatori dei dirigenti del settore petrolifero che, se tornasse alla Casa Bianca, potrebbe alleggerire il controllo della Federal Trade Commission sulle fusioni e le acquisizioni del loro settore, agevolando quindi le operazioni dei grandi gruppi petroliferi americani in cambio di un contributo per la campagna elettorale.

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