Bluesky ha una strategia per attrarre le testate, ma le testate non hanno una strategia per stare su Bluesky. Nel mentre, per i giornalisti continua a essere un bell’ambiente.
Il social media guidato da Jay Graber chiuderà l’anno con circa 25 milioni di iscritti. Threads e Meta sono lontani. Il primo ne ha 275 milioni, il secondo 550.
In questa terra di mezzo – un social media ancora piccolo ma che è stato la novità più importante dell’anno, in particolare per chi fa informazione -, di Bluesky si vedono quasi solo i lati positivi.
Una piattaforma che usa un modello decentrato per proteggere le informazioni delle persone e rifiuta – per ora – il classico algoritmo che impedisce di vedere solo i contenuti scelti dagli utenti.
L’esodo, più a parole che nei fatti, di giornali e giornalisti da X a causa delle politiche di Elon Musk ha fatto il resto. Bluesky si è accreditato come il rifugio accogliente per coloro che non si sono piegati alle angherie anti-democratiche di Musk, aspirando, di fatto, a diventare il nuovo Twitter.
Queste riconosciute qualità hanno funzionato finora per mascherare i punti deboli di Bluesky.
Innanzitutto, se X è diventato il megafono di una certa destra, per alcuni, Bluesky potrebbe diventare la nuova bolla digitale dei progressisti, con il rischio di ideologizzare ancora di più i social media.
Bisogna poi considerare l’aspetto economico. Mark Carrigan, professore dell’Università di Manchester, scriveva lo scorso anno che uno dei problemi di Bluesky era la mancanza di un business model.
Continuare a rifiutare le pubblicità, come nei piani iniziali di Bluesky, diventa difficile al crescere degli iscritti e anche Graber ha dovuto ritrattare aprendo alle inserzioni, pur con “un approccio più focalizzato sulle intenzioni degli iscritti”.
Arrivano i giornali
In un suo articolo, la rivista Digiday sottolinea che, così come successo in passato per Facebook, Instagram e TikTok, anche per Bluesky è arrivato il primo momento di maturità.
Dopo la grande crescita, il social media deve confermarsi, offrendo contenuti interessanti e, quindi, notizie, ai suoi iscritti. Il che significa invitare le testate a iscriversi. Alcune, come l’Economist, Politico, Semafor e Tortoise Media, l’hanno già fatto.
Per incoraggiare le altre, Bluesky ha scelto un approccio aperto, con meno controlli e dando loro la possibilità di autoverificarsi, collegando il loro sito al proprio nome utente. La piattaforma ha anche annunciato che non ridurrà la visibilità dei contenuti giornalistici, visto il traffico che questi possono generare.
A differenza del metodo Musk sulla compravendita della spunta blu per ottenere il profilo verificato, Bluesky permette agli stessi giornali di gestire in autonomia la verifica degli account.
La strada sembra tracciata. Graber ha deciso di rendere Bluesky il social media con le condizioni migliori non soltanto per le grandi testate e i loro giornalisti, ma anche i creatori di contenuti indipendenti, che sempre più persone utilizzano come fonte principale di informazione.
Con i giornali, arrivano i giornalisti. Così com’era per il vecchio Twitter, un futuro e più popoloso Bluesky può diventare un canale essenziale per aumentare la visibilità delle firme e dei freelance.
“Il traffico ruoterà di più intorno alle personalità nel mondo dell’informazione che alle testate”, ha detto l’analista di Enders Analysis Jamie MacEwan a Digiday.
Si ricreerebbe una dinamica tipica di Twitter, in cui, grazie a un ambiente meno urlato, i giornalisti discutevano con il loro pubblico e diventavano fondamentali per diffondere le notizie, “soprattutto quelli legati a eventi tempo reale”.
Secondo MacEwan, come succede con alcuni giornalisti in grado di crearsi un grande seguito su altri social media – ad esempio, Trey Yingst su TikTok -, “puoi avere una testata con seguita da molte persone, ma altrettante, se non di più, seguiranno le firme più influenti e gli editorialisti”.
Serve un piano
All’invito di Bluesky, i giornali stanno rispondendo in ordine sparso. Secondo dirigenti di varie testate sentiti in modo anonimo da Digiday, è troppo presto per studiare una strategia dedicata alla piattaforma.
Alcuni intervistati, fra cui l’amministratore delegato di PinkNews Benjamin Cohen, hanno affermato di pubblicare gli stessi contenuti su X, Threads e Bluesky. In questo modo, la redazione può capire cosa funziona meglio sui nuovi social media.
Per alcuni giornali, come il Boston Globe, il traffico da Bluesky è già tre volte superiore a quello da Threads, a dimostrazione di come il pubblico del social fondato da Jack Dorsey sia più attento alle notizie.
A queste informazioni, alcune testate stanno reagendo pubblicando meno contenuti rispetto a quanto facciano su X, per “non sopraffare i lettori” e dare loro tempo di leggere o vedere quello che viene condiviso. Nel caso di Newsweek, sono meno di 20 post al giorno su Bluesky, tra 80 e 100 su X.
Un portavoce della Cnn ha invece riferito che, per l’emittente statunitense, Bluesky e Threads servono soprattutto per “condividere notizie e ricondurre gli utenti sui nostri canali”.
Molti dei manager intervistati hanno infatti notato che Bluesky funziona meglio delle altre nel convogliare traffico esterno dal social media ai siti di informazione.
Il problema è che, fino a questo momento, Bluesky non offre ai giornali la possibilità di tracciare il numero preciso di profili che, attraverso link sulla piattaforma, vengono reindirizzati sui loro siti.
Migliorare questo aspetto sarebbe un ulteriore passo avanti verso testate e giornalisti in cerca di un ambiente più favorevole, che possa assomigliare a quel Twitter che tanto amavano.