Dove finirebbero i creator se TikTok abbandonasse gli Stati Uniti

Di il 21 Gennaio, 2025
TikTok US free foto FMT
Substack e Tumblr sono alcune possibili destinazioni alternative per migliaia di profili. Per Instagram la faccenda potrebbe complicarsi

Nonostante l’ordine esecutivo firmato dal nuovo presidente Donald Trump per salvare TikTok, il destino della piattaforma negli Stati Uniti è tutt’altro che scritto.

Il provvedimento posticipa di 75 giorni l’entrata in vigore di una legge, approvata da Joe Biden ad aprile dello scorso anno, che prevede il divieto di TikTok nel Paese qualora la sua proprietaria, ByteDance, non ceda la divisione statunitense della piattaforma a un acquirente americano.

Restano comunque diverse incertezze legate sia all’efficacia dell’ordine esecutivo di Trump, sia alla capacità delle parti di trovare un accordo per lasciare aperto il social media negli Stati Uniti.

Al momento, dunque, i content creator americani che lavorano sulla piattaforma non possono scartare l’ipotesi che si avvererebbe nel peggiore dei casi: la chiusura di TikTok.

Tutto da decidere

TikTok ha bloccato l’accesso all’app per circa 12 ore tra sabato e domenica della scorsa settimana. Ha poi ripristinato i servizi a seguito delle promesse di Trump.

Ma non è sicuro che l’ordine esecutivo del presidente sortisca tutti gli effetti sperati.

E, infatti, Apple e Google non hanno ancora reinserito TikTok sull’App Store e Google Play.

Le due aziende temono che, nonostante l’ordine esecutivo di Trump sospenda le sanzioni per chi non rispetta il divieto, il provvedimento non sia sufficiente per bloccare una legge approvata a maggioranza bipartisan in Congresso.

In tal caso, i partner di TikTok che decidessero di non rispettare la legge – sia le piattaforme proprietarie degli app store, sia i servizi di hosting  – riceverebbero una multa di cinquemila dollari al giorno per ogni utente che scarica o continua a usare l’app.

Tradotto, spiega l’analista di Bloomberg Matt Schettenhelm, aziende che rischierebbero fino a 850 miliardi di dollari di sanzioni dovrebbero affidarsi a un ordine esecutivo di dubbia efficacia voluto da un presidente che ha già “cambiato completamente posizione su questo tema”.

In più, secondo le indiscrezioni riportate da Cnn, Trump proporrebbe a ByteDance – e, di conseguenza al governo di Pechino che ne controlla le mosse commerciali – la realizzazione di una joint venture partecipata al 50% da un’azienda statunitense e, al restante 50%, dalla controparte cinese.

Come evidenzia il Washington Post, un accordo simile richiederebbe agli azionisti di ByteDance un grande sacrificio. Significherebbe cedere un asset cruciale e parte del controllo dell’azienda che hanno contribuito a creare.

Difficile pensare che Pechino e la società proprietaria di TikTok accettino con facilità una proposta del genere.

Verso nuovi lidi

I content creator sanno di non poter escludere lo scenario peggiore.

Se TikTok dovesse smettere di funzionare negli Stati Uniti, gli influencer dovranno trovare nuove possibili destinazioni.

Finora, scrive Digiday, chi ha cercato di espandere le proprie attività al di fuori della piattaforma cinese, lo ha fatto senza sponsorizzare su TikTok l’apertura di nuovi canali su altri social media. C’era infatti timore che l’algoritmo penalizzasse i loro profili per aver incoraggiato i follower a trasferirsi altrove.

Le cose sono cambiate di recente con la crescente possibilità del divieto dell’app.

È aumentato il ricorso a siti personali, newsletter e link in bio per coinvolgere il pubblico al di fuori di TikTok e portarlo anche su altre piattaforme. Per farlo, i creator sfruttano servizi come Substack e Discord.

In occasione del ban di TikTok del 19 gennaio, la stessa Substack ha lanciato la scorsa settimana un concorso chiamato TikTok Liberation Prize.

L’iniziativa ha premiato con 25mila dollari il profilo che ha condiviso su TikTok il miglior video per cercare di convincere gli iscritti al social media cinese a iscriversi a Substack. Ha vinto Aaron Parnas, un giornalista freelance.

Le alternative per i creator variano in base al settore di riferimento.

“Gli influencer del settore del fitness stanno creando programmi di abbonamento su piattaforme come Patreon” ha spiegato a Digiday Marie-Josée Cadorette dell’agenzia di influencer Clark Influence.

Molti musicisti si stanno trasferendo su Bandcamp o stanno creando i propri siti.

Un’altra piattaforma che sta beneficiando dal futuro incerto di TikTok è Tumblr. Lo scorso fine settimana, ha dichiarato un portavoce dell’azienda a Digiday, i contenuti con l’hashtag TikTok ban sono aumentati di quasi il 400%.

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I veri concorrenti

Resta, infine, l’opzione più probabile, ossia lo spostamento sulle piattaforme alternative più importanti, in particolare Instagram e YouTube.

Secondo un’analisi dell’agenzia GroupM, un’eventuale chiusura di TikTok negli Stati Uniti muoverebbe metà dei proventi pubblicitari ora guadagnati dall’app cinese a Meta e Google – proprietaria di YouTube.

Le due società, sottolinea il Financial Times, beneficerebbero di un aumento dei ricavi pubblicitari che, sommato, ammonterebbe a una cifra compresa fra i 15 e i 20 miliardi di dollari.

Meta ne è ben consapevole e, di conseguenza, Instagram ha lanciato una nuova strategia per attrarre i potenziali esuli da TikTok.

Secondo The Information, Instagram starebbe offrendo bonus che variano dai diecimila ai 50mila dollari ai creator di TikTok che decidono di pubblicare i loro video in anteprima come reel.

Non è il primo programma di incentivi per convincere gli influencer a dare la priorità al social media di Meta. Stavolta, però, la misura potrebbe rivelarsi più efficace a causa della situazione caotica che coinvolge TikTok.

La strategia di Instagram non si ferma qui. The Verge segnala infatti che, nell’ultima settimana, l’app di Meta ha cambiato il formato dei profili da quadrati a rettangoli e ha esteso la durata massima dei reel a tre minuti.

La piattaforma del gruppo di Mark Zuckerberg ha anche annunciato che è in cantiere un’applicazione per creare e modificare i video, funzioni analoghe a quelle svolte da CapCut per TikTok.

Donald Trump, the 47th US president, and Mark Zuckerberg, Ceo of Meta. Photo by Flickr.

Nonostante le scelte aggressive per attirare gli utenti in fuga da TikTok, i piani di Instagram potrebbero essere – almeno in parte – complicati da una questione ideologica.

Come sottolinea Outside, un tratto distintivo di TikTok è il suo carattere inclusivo.

Un esempio sono i contenuti condivisi dalla comunità di creator che svolgono attività all’aperto.

La piattaforma ha aiutato a sensibilizzare sulla tutela della natura e i danni del cambiamento climatico, oltre a “dare visibilità a persone di ogni corporatura, genere e ambiente”, ha detto Andy Neal, un creator attivo su TikTok.

In altre parole, secondo Neal, il social media ha aiutato a cambiare la percezione di chi fa attività all’aria aperta. Nell’immaginario comune erano soltanto persone giovani e atletiche, TikTok ha dimostrato che non è sempre così.

Anche in molti altri campi, TikTok ha dimostrato di poter essere lo spazio giusto per ospitare personalità con opinioni moderate o progressiste su argomenti chiave. Fra questi, ricorda il Guardian, l’attenzione e il supporto alla popolazione palestinese, l’aborto, i diritti delle persone transessuali e la lotta al razzismo.

Chiudere TikTok, scrive la giornalista Taylor Lorenz, significherebbe privare i creator progressisti di un luogo fondamentale per condividere le loro idee, lasciando carta bianca a social, come X e – di recente – Instagram, che hanno svoltato a destra su volere dei loro proprietari.

Dunque, la scelta di Zuckerberg di smantellare il sistema di fact-checking indipendente per scongiurare una fantomatica censura sui suoi social media potrebbe fargli guadagnare il favore di Trump.

Ma, allo stesso tempo, potrebbe costargli l’arrivo di migliaia di influencer che alle ideologie di Trump e Musk si oppongono da sempre.

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Journalist writing on European politics, tech, and music. Bylines in StartupItalia, La Stampa, and La Repubblica. From Bologna to Milan, now drumming and writing in London.

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