Da Friedman a Musk, come è cambiata la comunicazione dei big americani

Di il 12 Aprile, 2025
Molto di quanto il proprietario di X scrive e dice "sembra improvvisato, senza una visione a lungo termine", dice Walter Quattrociocchi, professore della Sapienza, spiegando le differenze con l'economista

“Una persona sola non può fabbricare una matita. Il legno viene da un albero tagliato nello stato di Washington. Per tagliare l’albero, ci è voluta una sega. Per costruire la sega ci è voluto l’acciaio. La grafite della punta penso che venga da qualche miniera in Sud America. La gomma per cancellare viene probabilmente dalla Malesia, il cinturino metallico o la vernice gialla o la colla che tiene tutto insieme non ho la minima idea da dove vengano”.

Questa è citazione è di Milton Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976, fondatore del monetarismo e teorico del neoliberismo che ha caratterizzato le politiche di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher.

Milton-friedman-5 free Wikimedia

Milton Friedman, premio Nobel per l’economia nel 1976. Foto: Wikimedia Commons.

Negli anni ’80, Friedman raccontava così quella che definiva “la magia del sistema dei prezzi”: “Migliaia di persone hanno collaborato per costruire questa matita. Persone che non parlano la stessa lingua, che non hanno la stessa religione, che magari si odierebbero gli uni con gli altri se si incontrassero. Cosa li ha portati a lavorare insieme per fare una matita che voi potete comprare per pochi soldi? Nessun ordine dall’alto di qualche commissario governativo. È stata la magia del sistema dei prezzi. Ecco perché il libero mercato è così essenziale, non solo per promuovere efficienza economica ma ancora di più per favorire pace e armonia tra i popoli della Terra”.

Ma perchè se ne torna a parlare oggi? Un vecchio video dove Friedman espone la sua teoria sul mercato libero è stato condiviso sul profilo X di Elon Musk per ribadire la propria contrarietà ai dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

Chi era Milton Friedman

Friedman, nato a Brooklyn da una famiglia di ebrei immigrati in America da quella che oggi è l’Ucraina, è stato uno tra i più importanti economisti americani nonché premio Nobel per l’economia nel 1976.

Ma Friedman non è stato solo un lungimirante visionario nel campo dell’economia.

Oggi, forse, alcuni lo definirebbero un “influencer” per le sue grandi doti comunicative e la capacità di esercitare una forte influenza, persino sulle scelte liberiste del governo britannico di Margaret Thatcher e di quello statunitense di Ronald Reagan negli anni ottanta.

Le sue idee sono ancora estremamente attuali, dopo le decisioni del presidente americano in tema di politica economica.

Nella sua comunicazione, Friedman utilizzava un linguaggio che alternava tratti tecnici e accademici a registri linguistici più facili, comprensibili a tutti. Proprio questa capacità era la sua grande forza.

Che cosa lo separa dal linguaggio che usa oggi uno tra i personaggi più influenti dei nostri tempi, Elon Musk? E quali strategie sono cambiate nel corso degli anni, anche alla luce dell’apertura di molteplici nuovi canali di comunicazione?

Ha risposto Walter Quattrociocchi, professore di Informatica all’Università La Sapienza di Roma che guida il Center of Data Science and Complexity for Society Lab dello stesso ateneo.

Walter Quattrociocchi, professore di Informatica all’Università La Sapienza di Roma che guida il Center of Data Science and Complexity for Society Lab.

Professore, da quel video della matita a oggi sono passati più o meno 50 anni. Che cosa è cambiato nella comunicazione con i social network?
Nella sostanza direi assolutamente niente, l’intento sia di Friedman che di Musk è esattamente lo stesso: intrattenere chi li sta guardando, leggendo o ascoltando. Quello che è cambiato è che oggi si ha accesso a più strumenti tecnologici, e quindi si possono creare contenuti molto più accattivanti rispetto alla telecamera che riprendeva Friedman mentre parlava delle sue teorie economiche. Se fino a poco tempo fa per modificare una foto si usava Photoshop, oggi basta avere un’app sullo smartphone e il gioco è fatto. Ma sia Friedman sia Musk non hanno l’intento di diffondere una verità assoluta, ma di intrattenere quanti più utenti possibili e convincerli che quello che stanno dicendo sia la strada da seguire. Per rendere popolare un qualsiasi contenuto bisogna passare per la logica dell’intrattenimento: questo tipo di processo implica saper attrarre sempre più pubblico verso i propri interessi.

Elon Musk come ha impostato la sua comunicazione?
La comunicazione di Musk tende verso la continua affermazione del sé, di chi un tempo si sentiva bullizzato e oggi prende parte ai tavoli coi grandi che guidano il mondo. In questa sua narrazione ha creato una comunità resiliente che grida al free speech, ma è tutto un pretesto più politico e sociale che altro. Io credo che nella comunicazione di Musk molto di quello che viene diffuso sia banalmente frutto dell’improvvisazione perchè non ci vedo una una visione di lungo termine in verità.

Elon_Musk_Presenting_Tesla's_Fully_Autonomous_Future_(40705940233)_ free Wikimedia Commons

Elon Musk, amministratore delegato di SpaceX e Tesla e proprietario di X. Foto: Wikimedia Commons.

Come è cambiato, se così è stato, il tono e il linguaggio adottato da Musk rispetto agli inizi?
La comunicazione di Musk ha vissuto un’estremizzazione. Quando ha fondato Tesla faceva circolare contenuti legati alla sostenibilità, all’importanza di preservare l’ambiente e alla salvaguardia di questo, poi l’Unione Europea per lui è diventata quasi un nemico, in una dinamica che, mi passi il termine, sembra quasi “adolescenziale”. Se si vanno a ripescare alcuni suoi contenuti diffusi in rete si nota come nel suo modo di diffondere messaggi non ci sia così tanta attinenza con i fatti reali, ma emerga una grande carica emotiva, carica di simboli, che parla “dalla pancia alla pancia” delle persone. Il tono penso che sia rimasto sempre lo stesso, ma ultimamente è stato estremizzato.

Si sa immaginare un Musk senza social?
Onestamente, è molto difficile immaginarsi una figura del genere senza social. Lui li adora e sono convinto che non ne farà mai a meno. L’ex Twitter, ora X, gli è piaciuto così tanto che se l’è comprato. E noi senza social vivremmo in un modo fatto di voci sicuramente meno discordanti. Nessuno fa “la caciara” che fa Musk, ma anche Trump gli dà manforte. Entrambi vogliono avere attenzione da parte di chi li segue, la loro è una richiesta di attenzione continua, spingendo sul voler creare una costante contraddizione con chi c’era prima di loro.

Quindi lei crede che Musk non si aspettasse il “fugone” da X?
Penso che su X lui credesse che tutti quelli che erano su Twitter sarebbero emigrati sul nuovo social, prendendosi, così, lo stesso target, ma sottostimando, invece, la portata che avrebbe avuto con lui alla guida. Non credo, quindi, che si aspettasse di assistere a un “fuggi-fuggi” generale anche da parte dei media, degli scienziati e di personaggi influenti.

In questo scenario, secondo lei, insistere su questo tipo di comunicazione dove ci porterà?
A un’ulteriore frammentazione con la polarizzazione del dibattito pubblico che diventa ricorsiva. Arriveremo a una segmentazione totale per cui la gente – sintomo che già ora accusa – non ha più fiducia nelle istituzioni e neanche nella scienza. Come se fossimo immersi in un continuo “mercato della credibilità”, come se la fiducia fosse una merce da vendere. Le narrative fanno più presa rispetto al fatto in se. Per fare un esempio lampante? Nella narrazione sui social di Trump, lui è il più grande negoziatore del mondo. Ma chiediamoci se, di fatto, lo sia davvero. In questo periodo si è parlato anche di sanewashing, che vorrebbe dire minimizzare gli aspetti radicali percepiti di una persona o di un’idea per farli apparire più accettabili a un pubblico più ampio. Un tema che è salito alla ribalta nella critica delle pratiche mediatiche di Trump sulle elezioni presidenziali degli Stati Uniti.

trump signing executive orders flickr free

Donald Trump, 45esimo e 47esimo presidente degli Stati Uniti. Foto: Flickr.

E come viene garantita comunque la pluralità in questo scenario?
Ogni utente oggi online va alla ricerca della propria community di riferimento. E ogni social ha il suo target, pertanto si può dire che la pluralità viene garantita dal fatto che si possa scegliere tra utilizzare una piattaforma piuttosto che un’altra, ma, chiaramente, ognuna di queste guarda al proprio profitto. Musk ha identificato in un particolare target la sua community che lo porta a generare questo profitto, pertanto investe nel rafforzamento di quella specifica fetta di utenti.

Che differenze ci sono a livello comunicativo, secondo lei, tra Trump e Musk?
Credo che Trump utilizzi un tono più aggressivo di Musk in termini di comunicazione, anche se credo che sia fermamente convinto di quello che dice. Musk, invece, fa un po’ la parte dell’attore che recita e credo che presto farà un cambio di rotta, conquistato dall’antagonismo al woke. Personalmente, penso che si potrebbe presto assistere a una rottura tra i due: Musk comunica in modo quasi schizofrenico, Trump usa dei toni diversi. Alcuni sostengono che, per dirlo come citato su alcuni quotidiani americani: “Musk is doing the ride in the wrong place”. Chi sa se un giorno lo vedremo su altri palchi. Intanto, sul web la partita si fa dura.

Devi essere loggato per lasciare un commento.
/ Published posts: 15

Chiara Buratti muove i suoi primi passi nel mondo del giornalismo nel 2011 al "Tirreno" di Viareggio. Nel 2012 si laurea in Comunicazione Pubblica e nel 2014 consegue il Master in Giornalismo. Dopo varie esperienze, anche all'estero (El Periódico, redazione Internazionali - Barcellona), dal 2016 è giornalista professionista. Lavora nel web/nuovi media e sulla carta stampata (Corriere della Sera - 7, StartupItalia). Ha lavorato in TV con emittenti nazionali anche come videoeditor e videomaker (Mediaset - Rete4 e Canale 5, Ricicla.tv).