L’attentato a Donald Trump è stato, tra le tante cose, il primo tentato omicidio di un attuale o ex presidente americano nell’era dei social media. Rabbia, colpa, persino commedia sono state le parole d’ordine dopo gli spari, mentre l’immagine dell’ex inquilino della Casa Bianca, con il pugno alzato sotto una bandiera americana, diventava virale. Il caos che ne è seguito ha superato in velocità la realtà dei fatti, alimentando un’ondata di teorie del complotto e accuse infondate sulle piattaforme social.
Dal “false flag” a #staged
L’indagine delle forze dell’ordine è stata rapida ma povera di dettagli, lasciando spazio a narrazioni infondate che hanno rapidamente saturato i canali di comunicazione. Le reazioni non si sono fatte attendere: alcuni esponenti della sinistra hanno descritto l’attacco come “false flag” (sotto falsa bandiera) orchestrata dai sostenitori di Trump stesso, mentre gruppi dell’estrema destra hanno addossato la colpa al presidente Biden, accusandolo di aver orchestrato l’attacco contro un rivale politico. Il deputato repubblicano Mike Collins ha scritto su X che Biden fosse direttamente responsabile, un’accusa che ha ottenuto milioni di visualizzazioni.
Nel giro di poche ore dalla sparatoria, l’hashtag “staged” (messa in scena) ha invaso X, con molti che speculavano su un tentativo di assassinio montato ad arte, e accuse virali che descrivevano i colpi come provenienti da una pistola ad aria compressa. Speculazioni che sono state accompagnate da un appello degli esperti di disinformazione a non diffondere informazioni non verificate, mentre i canali di estrema destra ribollivano di teorie cospirative.
La reazione online ha incluso anche toni di sfida e chiamate alla guerra civile, con immagini di Trump insanguinato ma combattivo che hanno rafforzato la narrazione di un tentativo di omicidio politicamente motivato.
Il fenomeno chiamato BlueAnon
L’attentato ha mandato in tilt anche il fenomeno chiamato “BlueAnon” – emerso in risposta alla nota teoria del complotto di destra QAnon – che si riferisce alle teorie del complotto liberal online. In altre parole, un segno che la distorsione della realtà si sta diffondendo ben oltre la destra. Questo termine è stato utilizzato per la prima volta nel 2021 per deridere la copertura mediatica contro i repubblicani che molti conservatori consideravano eccessiva e ora è diventato un simbolo di negazionismo e cospirazione estrema tra alcuni sostenitori di Biden.
La difficoltà delle piattaforme social
Katie Harbath, ex direttore delle politiche pubbliche di Facebook, ha evidenziato le difficoltà delle piattaforme social nell’arginare una disinformazione così rapida e virale, sottolineando la sfida di moderare contenuti in assenza di fatti concreti e la necessità di adattare rapidamente gli algoritmi in situazioni di emergenza.
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