L’Area Studi Mediobanca presenta la nuova edizione del Report Media & Entertainment, con l’analisi del settore a livello mondiale e italiano. Il report analizza le performance dal 2019 al 2024 dei principali gruppi italiani e dei 21 maggiori player privati mondiali, di cui nove hanno sede negli USA, dieci in Europa e uno rispettivamente in Giappone e Sudafrica. Lo studio contiene inoltre un confronto fra i maggiori gruppi televisivi pubblici europei.
I principali operatori M&E internazionali
Nei primi tre mesi del 2024 i ricavi delle principali società internazionali di Media & Entertainment sono cresciuti dell’1,7% sullo stesso periodo del 2023, in rallentamento rispetto alla performance dell’ultimo consuntivo annuale (+2,0% nel 2023/2022). Appare inarrestabile l’espansione dei ricavi dei servizi streaming che, grazie a una crescita del 12,5%, raggiungono il 20,4% del giro d’affari complessivo del settore, superando così per la prima volta la Pay Tv tradizionale, ferma al 20,1% e in contrazione del 3,2% rispetto al primo trimestre 2023. La produzione e distribuzione di contenuti, la terza linea di business con il 18,4% dei ricavi complessivi, è in maggior affanno (-8,1%), riflettendo le conseguenze prodotte dallo sciopero record di attori e sceneggiatori di 118 giorni consecutivi (da maggio a settembre 2023) negli studios di Hollywood.
Gli utenti delle principali piattaforme di streaming sono cresciuti del 2,4% nel primo trimestre 2024. Netflix riconquista la 1° posizione raggiungendo quasi 270 milioni di abbonati, pari al 26,9% del mercato S-Vod (+3,6% su dicembre 2023). Seguono Walt Disney, che con le sue tre piattaforme (Disney+, Hulu e ESPN+) sfiora quota 230 milioni, e Amazon, con oltre 200 milioni di sottoscrittori. A maggior distanza si collocano la Warner Bros. Discovery (9,9%, con quasi 100 milioni di abbonati, +3,3% su dicembre 2023) e la Paramount Global (7,1%, con oltre 70 milioni di utenti, +5,5%).
Il processo di digitalizzazione e la distribuzione dei contenuti attraverso internet hanno condotto all’affermazione di nuovi modelli di fruizione basati sulle logiche del <<whenever, wherever and on any device>>. La maggiore fruizione di contenuti video ad alta definizione su broadband si traduce in un’inevitabile esigenza di ampliare e ammodernare le infrastrutture di rete e le conoscenze diffuse in know-how digitale, offrendo così l’opportunità ai giganti del WebSoft di guadagnare ulteriori quote di mercato.
Queste tematiche enfatizzano il ruolo determinante dell’infrastruttura tecnologica e sollevano interrogativi sui soggetti che debbono concorrere al finanziamento degli ingenti investimenti richiesti. Nel 2023 il giro d’affari aggregato dei 21 principali operatori internazionali privati è stato pari a €361,6 mld (+2,0% rispetto al 2022), per circa l’85% generato dai player a stelle e strisce, con sette di essi inclusi nella Top10 della classifica per fatturato guidata da Comcast (€110 mld).
Il primo gruppo non statunitense è Vivendi (FR), settimo con ricavi a €10,5 mld, mentre l’unica altra europea nella Top10 è la lussemburghese RTL Group in nona posizione (€6,2 mld).
In risposta all’inarrestabile espansione dello streaming, i principali operatori statunitensi hanno avviato, per primi, un deciso percorso di consolidamento del settore (realizzando dal 2018 ad oggi sei aggregazioni di rilievo, oltre al progetto di fusione tra Paramount e Skydance approvato nel luglio 2024). Con tempi e modalità differenti, anche nel Vecchio Continente cominciano a intravedersi i primi segnali di internazionalizzazione: nell’aprile 2024 Canal+ Group (Gruppo Vivendi) ha lanciato un’OPA sulla sudafricana MultiChoice (17esima, con ricavi 2023 pari a €2,8 mld), già partecipata al 45,2%. Il Gruppo MFE (15esimo, con €2,8 mld) è invece salito, in più riprese, al 28,87% del capitale del colosso tedesco ProSiebenSat.1 (13esimo, con €3,9 mld), avvicinandosi alla soglia dell’OPA obbligatoria dalla cui finalizzazione nascerebbe un importante gruppo paneuropeo nell’industria dell’intrattenimento e dei contenuti.
A livello di redditività industriale, nel 2023 l’ebit margin si è attestato all’11,8%, in calo di 0,6 p.p. sul 2022; tra le otto società con redditività superiore alla media, cinque sono statunitensi, due sono europee (la belga DPG con il 16,5% e la francese TF1 all’11,9%) e una è la sudafricana MutiChoice (13,7%). Sul podio si collocano Netflix al 20,6% (+2,8 p.p.), Comcast al 19,2% (+0,5 p.p.) e TelevisaUnivision al 19,1% (-1,2 p.p.). Sempre nel 2023, quattro operatori hanno una redditività negativa: la svedese ViaPlay (-6,8%), le statunitensi Warner Bros. Discovery (-2,1%) e Paramount (-1,9%) e la tedesca ProSiebenSat.1 (-1,2%).
Estendendo l’analisi al periodo 2019-2023, i ricavi dei colossi privati del settore televisivo sono cresciuti in media del 3,2%, con il continuo sviluppo delle piattaforme streaming che ha bilanciato il rallentamento delle TV tradizionali. Le migliori performance sono state segnate dall’OTT Inglese Dazn (CAGR del +28,9%) e dalla statunitense Netflix (+13,7%), seguite da Sony Pictures (+10,2%) e Banijay Group (+8,3%), entrambi gruppi di produzione e distribuzione di contenuti. In territorio negativo sei operatori, quattro dei quali europei e due statunitensi, tra i quali AMC Networks con il maggior ridimensionamento (-3,0%).
Il settore radiotelevisivo italiano nel 20231
Nel 2023 il giro d’affari del settore radiotelevisivo italiano è stato pari a €8,9 mld, in crescita dell’1,6% sul 2022, anno in cui aveva pressoché eguagliato i valori pre-pandemici (-0,1% 2022 su 2019). La ripresa ha interessato tutti i comparti: +0,2% la TV in chiaro (€4,8 mld), +3,0% la TV a pagamento (€3,4 mld) e +4,9% la radio (€0,6 mld).
La TV a pagamento risente però di tendenze diametralmente opposte, con la Pay TV tradizionale che continua a calare (-4,9%), anche se con un’intensità minore rispetto agli anni passati, mentre i servizi S-Vod proseguono la crescita a doppia cifra (+10,4%). In forte aumento il peso specifico dello streaming che nel 2023 rappresenta il 53% dei ricavi della TV a pagamento (€1,8 mld), in rialzo di oltre 38 p.p. rispetto a cinque anni prima.
I tre principali operatori (Rai, Sky e Mediaset) detengono congiuntamente circa il 70% dei ricavi televisivi nazionali, ma le piattaforme online continuano a erodere terreno, arrivando a rappresentare il 20% del settore nel 2023 (quasi 13 p.p. in più sul 2019). Rispetto al 2022, i ricavi pubblicitari sono invece cresciuti del 2,0%: +1,2% quelli della TV e +7,1 quelli della radio.
I protagonisti del settore Media & Entertainment in Italia
Nel 2023 i ricavi dei dieci principali operatori Media & Entertainment italiani sono complessivamente cresciuti del 1,6% sul 2022 (risultando però ancora inferiori del 6,9% rispetto al 2019), grazie alla continua espansione del segmento S-Vod (+9,2%) e alla ripresa del mercato pubblicitario (+3,0%). Ancora sottotono i ricavi della Pay TV (-4,9%).
Il panel si conferma fortemente concentrato, con i primi tre broadcaster tradizionali (Rai, Sky e Mediaset) che sviluppano il 77% del giro d’affari complessivo. In termini di fatturato, Rai si attesta in prima posizione nel 2023 (€2,7 mld, +0,3% sul 2022), seguita da Sky (€2,1 mld, +2,3% sul 2022) e Mediaset (€2 mld, +2,5%). Prosegue la crescita esponenziale delle piattaforme online, ora attive anche nel mercato pubblicitario attraverso il lancio di offerte cosiddette Subscription AD-supported, con Netflix che nel 2022 (ultimi dati disponibili) ha registrato ricavi per €616 milioni grazie ai suoi oltre 5 milioni di abbonati.
Nonostante l’inasprimento del contesto competitivo, dovuto alla continua evoluzione tecnologica e alla crescente offerta, il settore nel 2023 mostra una certa stabilità dei livelli occupazionali sul 2022 (-0,9%). Rispetto al periodo pre-pandemico la riduzione degli organici è però più accentuata, principalmente in seguito al progressivo switch tra il business della TV lineare e la crescente offerta streaming, che è meno labour intensive della prima.
L’ebit margin aggregato è ancora negativo (-1,4% nel 2023), ma in netto miglioramento (+4,0 p.p. rispetto al 2022). La non soddisfacente redditività dei principali operatori è una diretta conseguenza dell’ingresso nel settore dei cosiddetti OTT (come Netflix e Dazn).
Per l’intero 2024 si stima una crescita del 2% dei ricavi complessivi dei principali operatori italiani del settore, grazie alla prevista ripresa del mercato pubblicitario (+5%), trainato principalmente dagli importanti eventi sportivi dell’anno (in primis olimpiadi ed europei di calcio), alla continua crescita dei formati Subscription AD-supported e all’incremento degli abbonamenti ai servizi streaming, anche se con un impulso ridotto rispetto al passato.
Con il segmento S-Vod sempre più competitivo e vicino alla saturazione, considerando anche la diminuzione del potere d’acquisto del consumatore medio, si intensificherà la competizione nelle offerte A-Vod (Advertising Video on Demand) e Subscription AD-supported (un ibrido tra S-Vod e A-Vod). È quindi lecito attendersi nel prossimo futuro un rallentamento delle sottoscrizioni a pagamento.
Il mercato televisivo pubblico europeo e il canone
Con €9,6 mld, il servizio radiotelevisivo pubblico tedesco evidenzia il giro d’affari più elevato nel confronto europeo, pari a più del triplo rispetto a quello italiano (€2,7 mld). Completano il podio Gran Bretagna (€7,9 mld) e Francia (€3,9 mld). Nel 2022 l’Italia si posiziona al terzo posto quanto a crescita dei ricavi (+1,2% sul 2021), dietro a Gran Bretagna (+5,7%) e Germania (+2,6%).
L’Italia (Rai) si distingue con riguardo alla redditività industriale: nel 2022 l’ebit margin della TV pubblica italiana si è attestato al 2,5% (-1,1 p.p. sul 2021), davanti all’1,7% della Spagna, mentre Francia e Regno Unito sono in territorio negativo (pari, rispettivamente, al -1,5% e -2,4%).
Analizzando i ricavi delle principali emittenti pubbliche europee emerge la bassa incidenza del canone per l’Italia (Rai) e l’importanza che invece rivestono le produzioni di contenuti originali per il Regno Unito (generando oltre il 20% dei ricavi complessivi).
Capitolo canone: all’Italia spetta il più basso canone unitario fra i maggiori Paesi europei, inferiore anche alla media (€0,25 al giorno per abbonato contro gli €0,34 medi). Molto più onerose per i contribuenti la TV pubblica tedesca (€0,60 giornalieri) e quella britannica (€0,51). A livello continentale prosegue il processo di abolizione del canone, nel 2022 riscosso solo in 10 paesi europei, 37% del totale (erano circa il 50% nel 2019); l’ultima nazione ad affrancarsi dal canone è stata, nel corso del 2022, la Francia.
Nel 2023 solo €77,8 dei €90 (pari all’86%) sborsati da ogni abbonato sono stati incassati dalla Rai, un’incidenza anche in questo caso inferiore alla media europea (90,5%). Per il 2024 il canone unitario è stato abbassato a €70, di cui la Rai prevede di incassare l’83,7% (circa €58,6). Per bilanciare questa riduzione la legge di bilancio (n. 213 del 30 dicembre 2023) ha riconosciuto alla Concessionaria pubblica, limitatamente al 2024, un contributo in sostanziale compensazione pari a €413 mln netti.
L’evoluzione delle modalità di fruizione dell’offerta in ottica multi-device, dovrà necessariamente riflettersi nella modifica dei presupposti su cui poggia l’obbligatorietà del canone, in Italia ancora legati al possesso di un apparecchio televisivo.
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