L’intelligenza artificiale sta ridefinendo i confini del giornalismo e dell’informazione, e OpenAI è in prima linea in questa trasformazione. Proprio ieri, la società guidata Sam Altman ha annunciato un’altra importante partnership pluriennale con un rinomato editore. Questa volta si tratta di Condé Nast, che consentirà alla società di AI di accedere ai contenuti di alcune delle sue testate più prestigiose, tra cui The New Yorker, Vogue, Vanity Fair e WIRED, per alimentare l’ambizioso progetto di OpenAI di ricerca basato sull’intelligenza artificiale, SearchGPT.
I precedenti accordi
L’accordo con Condé Nast è solo l’ultimo di una serie di collaborazioni strategiche che OpenAI ha stretto con importanti editori nel corso dell’ultimo anno. Tra i nomi più rilevanti che hanno già siglato intese simili figurano Associated Press, Axel Springer, TIME, The Atlantic, News Corporation, Vox Media e Financial Times. Tutte queste partnership segnano un cambiamento significativo nella strategia di OpenAI, che mira a costruire una solida libreria di informazioni affidabili, offrendosi come un rivale di peso per i motori di ricerca tradizionali come Google.
La domanda che molti si pongono è se queste collaborazioni porteranno reali benefici agli editori coinvolti. Il passato ha già visto altre aziende tecnologiche come Facebook e Google fare grandi promesse al settore dell’informazione, solo per ritirarsi in un secondo momento, lasciando gli editori in una posizione di svantaggio. Una situazione che ha creato un clima di diffidenza che ora OpenAI si trova a dover affrontare.
Una delle principali critiche rivolte a OpenAI e ad altre società di intelligenza artificiale è stata la pratica di addestrare i propri modelli utilizzando informazioni prelevate dal web senza il consenso o il pagamento degli autori originali. Con questi nuovi accordi, OpenAI sembra voler correggere il tiro, riconoscendo finalmente il valore dei contenuti creati dagli esseri umani e offrendo un compenso equo agli editori. In un settore come quello dell’informazione, che sta attraversando una crisi profonda, questi accordi potrebbero rappresentare una boccata d’ossigeno, garantendo risorse per sostenere un giornalismo di qualità.
Steve Lynch, amministratore delegato di Condé Nast, ha riconosciuto la portata di questa sfida in una nota al personale: “Nell’ultimo decennio, le notizie e i media digitali hanno dovuto affrontare sfide difficili, poiché molte aziende tecnologiche hanno eroso la capacità degli editori di monetizzare i contenuti. La partnership con OpenAI inizia a compensare parte di quelle entrate, consentendoci di continuare a proteggere e investire nel giornalismo e nelle nostre iniziative creative”.
La causa del New York Times
Nonostante questo slancio verso la collaborazione, non tutti gli editori sono disposti a seguire la stessa strada. Il New York Times, per esempio, ha intrapreso un’azione legale contro OpenAI, accusando la società di aver violato il copyright per l’uso non autorizzato dei suoi contenuti. La causa, che chiede “miliardi di dollari di danni legali ed effettivi”, rappresenta un chiaro segnale di come il settore sia diviso sul modo migliore per affrontare l’ascesa dell’intelligenza artificiale.
Mentre il New York Times sceglie la via del contenzioso, la maggior parte degli editori sembra orientata verso la collaborazione, accettando la realtà di un panorama mediatico in rapida evoluzione. Come ha sottolineato Lynch, l’intelligenza artificiale generativa sta trasformando il modo in cui il pubblico consuma le informazioni, e per gli editori diventa fondamentale abbracciare queste nuove tecnologie, garantendo al contempo il giusto riconoscimento e compenso per l’uso dei propri contenuti.