Le lezioni di sizheng — corsi di educazione politica — sono diventate un pilastro del sistema educativo cinese, con l’obiettivo di consolidare la lealtà dei giovani al Partito Comunista. Ma mentre il presidente Xi Jinping ne elogia i risultati, la situazione sul campo appare molto diversa. Tra gli studenti, la disillusione è crescente, alimentata dalla noia delle lezioni e dalla crescente ansia legata al futuro.
Il sizheng
Il sizheng è stato introdotto nelle scuole e nelle università cinesi all’inizio degli anni ’90 e da allora è stato fortemente sostenuto dai leader cinesi, con l’intento di diffondere la dottrina comunista e il pensiero del presidente Xi. Nelle sue dichiarazioni, Xi Jinping ha lodato l’efficacia di questi corsi, affermando che “le four self-confidences (concetto centrale della dottrina del Partito Comunista Cinese, ndr) della maggior parte dei giovani studenti hanno registrato un notevole miglioramento”, riferendosi alla fiducia nel socialismo cinese e nel percorso di sviluppo del Paese. Secondo Xi, i giovani cinesi, grazie alle lezioni di sizheng, avrebbero una “prospettiva mentale vivace”. Tuttavia, le testimonianze dirette degli studenti non rispecchiano questa visione ottimistica.
Un giovane universitario, sentito dal Financial Times, ha definito queste lezioni come “una perdita di tempo”, criticandone sia la lunghezza che la ripetitività. Le lezioni obbligatorie, che trattano di politica, cultura ed economia dal punto di vista socialista, durano fino a quattro ore e vengono impartite due volte a settimana. Gli studenti universitari devono seguire almeno un modulo obbligatorio, oltre a ulteriori corsi opzionali, come “Marxismo e metodologia delle scienze sociali” o “Il pensiero di Xi Jinping sullo stato di diritto”. Nonostante l’importanza attribuita dal governo a questi corsi, molti giovani li vivono come un peso: “Se fallisci una lezione di sizheng, rischi di compromettere l’intera laurea”, ha confessato lo stesso studente.
Un malessere più profondo tra i giovani cinesi
L’insoddisfazione verso questi corsi riflette un malessere più profondo tra i giovani cinesi. La disoccupazione giovanile è in aumento, e un’indagine del governo del 2022 ha rivelato che quasi un quarto dei giovani tra i 18 e i 24 anni è a rischio depressione. Questo scenario inquietante contrasta con l’immagine di fiducia e ottimismo che il sizheng dovrebbe coltivare.
Le critiche verso l’efficacia delle lezioni di sizheng emergono anche in ambienti apparentemente fedeli all’ideologia comunista. Durante una riunione di una società di giovani marxisti a Pechino, un partecipante ha sollevato dubbi sul significato del marxismo in Cina, chiedendo ironicamente: “Di che tipo di marxismo stiamo parlando? Se la definizione è semplicemente ‘fare le cose bene’, allora anche Bill Gates potrebbe dichiararsi marxista”. Questi interrogativi rivelano una crescente incertezza e confusione, anche tra coloro che dovrebbero essere i più ferventi sostenitori dell’ideologia.
La disconnessione tra i messaggi ufficiali e la realtà
Ottenere il sostegno dei giovani attraverso l’educazione politica si sta rivelando un compito arduo. Secondo Ning Leng, assistente professore di politiche pubbliche alla Georgetown University, “sarebbe difficile convincere i giovani che lo Stato sta migliorando la loro vita” in un contesto di crescente instabilità economica e precarietà lavorativa. La disconnessione tra i messaggi ufficiali e la realtà vissuta dagli studenti sembra essere sempre più evidente, sollevando dubbi sull’efficacia di un sistema educativo costruito per consolidare il consenso politico.
In un momento storico in cui il governo teme che l’incertezza economica possa minare il supporto dei giovani al Partito, le lezioni di sizheng non sembrano offrire la risposta sperata. Se da un lato Xi Jinping sottolinea i progressi ottenuti, dall’altro le voci degli studenti raccontano una storia diversa, fatta di frustrazione, disillusione e timori per il futuro.