
Dopo che una ventina di editori, tra cui News Corp, Associated Press, Axel Springer, Condé Nast, Financial Times, Future, Hearst, Vox Media, si sono buttati tra le braccia di OpenAI, è arrivata anche la volta del Washington Post.
Lo storico giornale ha appena avviato una partnership con la società guidata da Sam Altman, come si legge su The Verge.
Secondo quanto si apprende da un comunicato diffuso dallo stesso Washington Post, l’accordo servirà a rendere “le notizie di alta qualità più accessibili in ChatGpt e mostrerà riassunti, citazioni e link ai reportage originali del Post in risposta a domande pertinenti”.
La testata americana precisa che: “ChatGpt metterà in risalto il giornalismo del Post su politica, affari globali, economia, tecnologia e altro ancora, sempre con attribuzione chiara e link diretti agli articoli completi, in modo che le persone possano approfondire gli argomenti e contestualizzarli”.
Una scelta che capita in un periodo non felice per lo storico giornale.

La sede del Washington Post. Foto: Wikimedia Commons.
L’accordo
Dopo il recente licenziamento di circa 100 dipendenti nel dipartimento business, i tagli del 4% al personale, oltre ai vari fuggi fuggi di figure storiche del Washington Post e la perdita di 250mila abbonati all’edizione digitale – circa il 10% del totale, adesso Peter Elkins-Williams, responsabile delle partnership globali della testata, dichiara che l’obiettivo è quello di “assicurare che gli utenti di ChatGpt abbiano a portata di mano la nostra autorevole informazione che si basa sul nostro impegno nel fornire l’accesso dove, come e quando il nostro pubblico lo desidera”.
Finora, OpenAI ha stretto accordi con circa 20 editori che gestiscono un totale vicino alle 160 testate e su The Verge si legge che ha raggiunto 400 milioni di utenti attivi settimanali nel mese di febbraio. Ma non tutti sono entusiasti della collaborazione con la società di Altman.
(Non) tutti contenti
Mentre il Time, di recente, si è anche affidato all’azienda ScaleAI per creare il suo chatbot, il New York Times è tutt’ora in causa con OpenAI, così come altri otto quotidiani locali che avevano siglato accordi con la società e la hanno denunciata per violazione del copyright.
Il New York Times ha iniziato la sua azione legale a dicembre del 2023, accusando OpenAI di avere utilizzato milioni di prodotti protetti dai diritti d’autore senza pagare o chiedere consenso.

La sede del New York Times. Foto: Wikipedia.
Lo stesso hanno sostenuto il New York Daily News e il Centro per il giornalismo investigativo americano: i tre casi sono stati poi uniti in un unico procedimento, ricorda Npr.
New York Times vs OpenAI e Microsoft
Il legale del New York Times, Ian Crosby, aveva dichiarato che le intelligenze artificiali sarebbero diventate “un sostituto” dei siti di informazione.
In altre parole, i lettori sceglierebbero di informarsi su ChatGpt o Bing invece che consultare le testate.
Secondo Npr, se questa argomentazione venisse confermata sarebbe un elemento cruciale per vincere il processo.
Dal canto suo, OpenAI sostiene di essersi avvalsa di una disposizione, contenuta nel Copyright Act statunitense e chiamata fair use – fair dealing nel Regno Unito: la possibilità di utilizzare materiali protetti da copyright per fini legati all’istruzione, ricerca o semplice commento.
Chissà se qualcosa di simile potrebbe accadere anche con il Washington Post.