
Fra meno di dieci giorni scadrà la proroga della legge che vieta TikTok negli Stati Uniti. La situazione dell’app cinese rimane incerta, anche se alcuni pezzi del puzzle iniziano a unirsi intorno a un nome che sembra ormai essere il candidato più serio per finalizzare il passaggio della divisione americana del social media a un acquirente statunitense: Oracle.
Per diversi motivi, la società cofondata da Larry Ellison sembra infatti essere in una posizione privilegiata per guidare l’operazione di acquisto.
I vantaggi di Oracle (e ByteDance)
In primo luogo, Oracle è l’attuale fornitore dei servizi cloud per i dati dei circa 170 milioni di utenti statunitensi ed è probabile, sottolinea The Information, che la società continui a svolgere questo servizio anche in caso di uno scorporo delle sue attività nel Paese.
Questo non significa che altri competitor – fra cui Microsoft e Google – siano tagliati del tutto fuori dalla corsa, ma la loro posizione è di netto svantaggio rispetto al gruppo di Ellison.
C’è poi una motivazione legata all’attuale proprietaria di TikTok, la società cinese ByteDance – sulla quale il governo di Pechino esercita un controllo elevato.
Dati i rapporti già in essere, ByteDance preferirebbe trattare con Oracle per riuscire a mantenere una parziale influenza sulla divisione statunitense della piattaforma, principalmente in due modi.
Una prima opzione per l’azienda cinese, riportata dal Financial Times, sarebbe quella di mantenere una quota di minoranza nella nuova società che controllerebbe le attività americane dell’app.
In alternativa, comunque, alcuni degli investitori che parteciperebbero all’acquisizione delle attività statunitensi di TikTok sono già attuali azionisti di ByteDance, che potrebbe quindi preservare un canale privilegiato nei confronti della nuova proprietà.
È il caso, ad esempio, di General Atlantic – il cui amministratore delegato Bill Ford siede nel board di ByteDance -, Susquehanna International e Sequoia Capital.
Resta poi l’incognita legata all’algoritmo.
È infatti improbabile che qualsiasi accordo possa includere anche il suo acquisto che, qualora aggiunto, farebbe raddoppiare – per alcuni analisti quadruplicare – il costo dell’operazione, a oggi di circa 50 miliardi di dollari.
Come sottolineava Politico, se il controllo dell’algoritmo restasse in mani cinesi potrebbero non bastare le garanzie fornite da Oracle per evitare l’accesso di Pechino ai dati personali degli utenti americani.

Larry Ellison, cofondatore, ex Ad e attualmente presidente esecutivo e Cto di Oracle. Foto: Flickr.
Gli altri
Insieme agli attuali azionisti di ByteDance, secondo il Financial Times, altri gruppi interessati a partecipare all’operazione guidata da Oracle sarebbero Kkr e la società di investment management Coatue.
La stessa Oracle era già stata protagonista di un tentativo di mediazione fra ByteDance e la Casa Bianca nel 2020, quando a proporre l’opzione “vendi o chiudi” era stato proprio il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che oggi si pone come strenuo difensore di TikTok.
L’iniziativa era stata denominata Project Texas ed era poi sfumata per volere del nuovo presidente Joe Biden.
Ora, un altro potenziale acquirente della divisione americana dell’app, l’imprenditore immobiliare Frank McCourt – che, tramite la sua cordata Project Liberty, ha presentato per primo un’offerta formale – si è detto aperto ad accordarsi con Ellison per unire le forze.
“Anche noi ci affideremmo a Oracle”, ha detto McCourt alla Cnbc. “Qualcuno deve pure fornire il servizio” dell’app. Tuttavia, ha aggiunto, “cosa abbia in mente Oracle e cosa intende fare spetta a loro”.
Di recente, anche Reid Rasner, Ad della società di gestione del risparmio Omnivest Financial, ha presentato alla Casa Bianca un’offerta per l’acquisizione del ramo statunitense di TikTok.
Rasner ha detto al Financial Times di aver ottenuto da diversi fondi di investimento statunitensi garanzie complessive per quasi 50 miliardi di dollari.
Come previsto, l’incertezza sul futuro di TikTok può fare comunque comodo alla Casa Bianca, che può usare l’app come merce di scambio nei rapporti commerciali con Pechino.
Trump ha infatti dichiarato di essere pronto a rivedere la sua posizione sulle tariffe da imporre alla Cina, se questa darà il via libera alla cessione del ramo statunitense del social media.
Strappalacrime
Mentre dietro le quinte proseguono le trattative per decidere il destino di TikTok negli Stati Uniti, il social media sta cercando di fare leva sull’affetto dei cittadini americani, ormai in maggioranza contrari alla chiusura dell’app.
Secondo una ricerca del Pew Research Center, infatti, soltanto il 34% di loro è favorevole al divieto, una percentuale in netto calo rispetto al 50% di marzo del 2023.
La piattaforma, consapevole del largo favore di cui gode in America, ha lanciato diverse campagne di comunicazione per consolidare questo supporto e tranquillizzare i suoi iscritti.
La scorsa settimana TikTok ha riempito le stazioni della metropolitana di Washington con inserzioni che riportano testimonianze di piccoli imprenditori e content creator che hanno accresciuto la propria attività grazie alla piattaforma.
Il New York Times evidenzia che questa strategia pubblicitaria focalizzata sui benefici che il social media ha portato ai cittadini americani sta continuando.
Negli ultimi giorni, segnala il quotidiano, TikTok ha acquistato spazi pubblicitari di intere pagine sullo stesso New York Times, oltre al New York Post e al Wall Street Journal.
Sui social media concorrenti, come Facebook e Instagram, ha lanciato spot in cui si raccontano storie di persone a cui l’app cinese ha letteralmente salvato la vita, come una ragazza di 19 anni con un’insufficienza renale che dice di essere riuscita a trovare un donatore “perché uno sconosciuto stava scrollando TikTok”.
La strategia della positività ha impattato lo stesso feed di TikTok, sul quale, fino a gennaio impazzavano i video di creator preoccupati per il divieto.
Oggi di questi contenuti non ce n’è più l’ombra e, al loro posto, vengono messi in risalto filmati rassicuranti di influencer che spiegano come la piattaforma si salverà grazie a Trump.
Secondo Lindsay Gorman, a capo del Technology program del German Marshall Fund, tramite la diffusione di questi messaggi tranquillizzanti il social media “sta cercando di rimettere in discussione la legge, spingendo il Congresso a fare marcia indietro sulla sua applicazione”.
Ma, per quello che si è visto finora, è difficile pensare che questo entusiasmo possa contagiare anche Capitol Hill.