
Una versione in lingua inglese di questo articolo è stata pubblicata dallo stesso autore il 18 marzo 2025.
Il confine tra la creatività umana e quella delle macchine è diventato sempre più sottile grazie all’evoluzione dell’intelligenza artificiale generativa, la cosiddetta Gai – Generative Artificial Intelligence.
Questa tecnologia ha il potenziale di ridefinire come concepiamo l’istruzione, la gestione aziendale e l’operatività degli enti, la diagnosi e la cura in un settore cruciale come quello della salute dell’uomo.
Non si tratterà però di sostituire l’uomo, ma di supportare e prepararci al meglio a uno scenario in cui l’operatività umana sarà affiancata e “aumentata” da sistemi automatici di supporto al nostro lavoro, in un’azione virtuosa e positiva verso una nuova forma di produttività, anche nei settori ad alta intensità di competenze.
La via italiana all’intelligenza artificiale passa da nuovi approcci interdisciplinari e da tante donne e uomini che oggi creano un positivo impatto sull’intelligenza artificiale internazionale, dopo aver frequentato le nostre scuole e le nostre università.
Oggi, quale scenario
L’intelligenza artificiale generativa sta emergendo come un punto cardine nell’evoluzione dell’IA.
Invece di essere semplicemente reattiva o basata su regole prefissate, crea contenuti nuovi ed originali.
Questo va oltre la semplice risposta a domande o l’esecuzione di compiti: possiamo generare arte, musica, testi e soluzioni a problemi in maniera autonoma, basandosi su enormi quantità di dati e apprendimento profondo.
Tutto questo è possibile grazie a tre macro-fattori.
In primo luogo, l’aumento della capacità computazionale ci permette di affrontare problemi di IA e di usare grande dataset in maniera inimmaginabile rispetto a pochi anni fa.
Abbiamo poi nuovi algoritmi di deep learning migliori e con interessanti, seppur limitate, capacità di generalizzazione.
Infine, la possibilità di utilizzare simili dataset, sempre più multimodali, costituisce un’opportunità per creare nuovi approcci di AI generativa.

Emanuele Frontoni, Professore Ordinario di Informatica all’Università di Macerata e Co-Director del VRAI Vision, Robotics & Artificial Intelligence Lab.
È così che funziona
Per capire come funziona un metodo di IA e, in particolare, di machine learning, dobbiamo far riferimento all’apprendimento supervisionato: è una delle principali metodologie dell’IA e riguarda il processo attraverso il quale un modello viene addestrato utilizzando un insieme di dati pre-etichettato.
In questo contesto, “supervisionato” fa riferimento al fatto che il modello ha a disposizione sia le caratteristiche di input, sia le corrispondenti etichette di output durante la fase di addestramento.
L’obiettivo principale è quello di apprendere una mappatura funzionale tra gli input e gli output, in modo che, una volta addestrato, il modello possa prevedere l’etichetta di output per nuovi input sconosciuti con un’accuratezza elevata.
Questa tecnica trova applicazione in una vasta gamma di compiti, come la classificazione di immagini, la previsione di serie temporali e l’analisi del testo, per citarne alcuni.
L’efficacia del modello in un compito di apprendimento supervisionato dipende in gran parte dalla qualità e dalla quantità dei dati di addestramento, nonché dalla scelta dell’architettura del modello e degli iper-parametri. Questo è il nostro lavoro.
Al giornalismo la sua IA (generativa)
Nel panorama attuale dei media e del giornalismo, l’intelligenza artificiale occupa una posizione sempre più rilevante.
In particolare, l’IA generativa sta rivoluzionando radicalmente la produzione e diffusione dei contenuti giornalistici, aprendo nuove frontiere operative e qualitative, soprattutto nella produzione di contenuti multimediali.
Tuttavia, è cruciale chiarire che il ruolo dell’IA non è quello di sostituire la creatività e il giudizio umano, bensì di amplificarli, migliorando precisione, rapidità e trasparenza nella gestione delle informazioni e nella diffusione delle notizie.
Oggi l’IA generativa permette di creare contenuti testuali, audiovisivi e multimediali realistici e personalizzati con un’efficacia impensabile fino a poco tempo fa.
L’uso di algoritmi sofisticati, reti neurali e grandi modelli linguistici rende possibile la generazione autonoma di articoli, report finanziari, riassunti di eventi sportivi o aggiornamenti meteo, arricchendo così la capacità editoriale delle redazioni giornalistiche.
Non solo, l’IA supporta la creazione di contenuti altamente personalizzati per gli utenti, aumentando l’engagement e migliorando l’esperienza complessiva del lettore.
In questo scenario, la supervisione del giornalista rimane essenziale per garantire la veridicità, l’etica e la qualità del prodotto finale, senza cedere alla tentazione di un efficientismo, ma lasciando spazio alla creatività umana.
La sfida è tutta qui: dentro una cooperazione intelligente tra esseri umani e algoritmi.

Palazzo Berlaymont, sede della Commissione Europea a Bruxelles. Foto: Canva.
L’etica alla base dell’AI Act
L’Unione Europea, con l’AI Act, si posiziona come leader globale nella regolamentazione etica dell’intelligenza artificiale.
Questo quadro normativo propone una gestione dell’IA basata sul livello di rischio, definendo requisiti di trasparenza, responsabilità e comprensibilità dei processi decisionali automatizzati – Explainable AI – XAI.
Nel contesto giornalistico, questo implica responsabilità chiare e tracciabili nell’uso degli algoritmi, proteggendo la collettività da possibili manipolazioni digitali come deepfake o contenuti fuorvianti.
Dallo scorso febbraio il regolamento europeo ha prodotto i primi obblighi formativi e, a nostro avviso, questo processo è molto importante e significativo, soprattutto nelle redazioni.
Confidiamo che, a breve, giornali ed editori definiscano e comunichino ai loro utenti e stakeholder delle chiare linee guida sull’uso dell’IA e avviino un processo di adozione di nuove metodologie di gestione dei contenuti dei contenuti originali, differenziandoli da quelli generati.
L’IA all’università
Da un anno a questa parte, anche le nostre tesi di laurea permettono l’uso di IA generativa, a patto che sia ben chiaro quanto è stato scritto con il supporto di un Llm e che in nota, dove solitamente si indicava la bibliografia di quei paragrafi, ci sia indicato lo strumento utilizzato e il prompt che ha portato a generare quel testo.
La nostra esperienza testimonia che da quelle domande a una IA si comprende benissimo come una studentessa o uno studente siano entrati nell’argomento.

La sede di Adobe a San Jose, in California. Foto: Flickr.
Adobe contro la disinformazione
Fra i vari programmi per favorire l’informazione di qualità in rete, c’è la Content Authenticity Initiative – Cai -, un progetto promosso da Adobe in collaborazione con diverse aziende tecnologiche, enti media e organizzazioni non governative con lo scopo di garantire la trasparenza e l’affidabilità dei contenuti digitali.
L’iniziativa mira a contrastare la disinformazione e le manipolazioni digitali fornendo strumenti che consentano agli utenti di verificare con chiarezza l’origine, la storia e le eventuali modifiche subite dai contenuti multimediali.
Per il giornalismo, la Cai è di cruciale importanza perché offre una soluzione tecnologica per rafforzare la fiducia dei lettori nelle informazioni ricevute, consentendo alla redazione di certificare la provenienza e l’autenticità dei propri contenuti.
Attraverso la Cai, le testate possono tracciare e comunicare ai propri lettori informazioni chiare sulla creazione, modifica e pubblicazione di testi, immagini, audio e video, aumentando così la trasparenza editoriale e riducendo significativamente il rischio di diffusione di contenuti fuorvianti o alterati.
Questa iniziativa rappresenta quindi uno strumento chiave per salvaguardare la credibilità del giornalismo nell’era digitale, migliorando la capacità degli utenti di distinguere tra contenuti autentici e contenuti manipolati o artificialmente generati.
Le Content Credentials, definite all’interno della Cai, consentono al pubblico di verificare in tempo reale l’origine, l’autenticità e le eventuali modifiche dei contenuti digitali. Sarà in futuro una competenza comune di ogni cittadino digitale.
Una mano al giornalismo d’inchiesta
Se vogliamo portare esempi di nuovi utilizzi, pensiamo al giornalismo investigativo, che beneficia enormemente dalla collaborazione tra uomo e AI.
Il concetto dello Human-AI Teaming è senz’altro affascinante. La capacità dell’intelligenza artificiale di analizzare velocemente grandi quantità di dati e di identificare pattern complessi o anomalie rappresenta una risorsa preziosa.
L’IA consente ai giornalisti di rilevare rapidamente informazioni rilevanti, schemi di corruzione, frodi o conflitti di interesse nascosti.
Il giornalista, supportato dalla potenza analitica dell’IA, può dedicare maggiore attenzione all’interpretazione critica, al contesto e alla verifica etica delle informazioni raccolte.
Saranno potenziate le indagini supportate da dati e l’analisi delle fonti potrebbe, se lo vorremo, diventare accurata e molto ampia. Sarà interessante comprendere meglio questa evoluzione e le nuove professionalità che nasceranno da questa collaborazione.

Foto: Canva.
Verso il futuro
Nonostante le potenzialità, l’intelligenza artificiale e, in particolare, la sua parte generativa non è esente da sfide.
La questione etica è al centro del dibattito: fino a che punto dovremmo permettere alle macchine di “creare”? E come garantire che le sue decisioni o creazioni siano moralmente e socialmente accettabili?
Per tutti i cittadini il grande rischio è l’inconsapevolezza e la paura. Dobbiamo avvicinarci a questo settore che già pervade le nostre vite e approfondire in maniera curiosa le opportunità ed i rischi.
Tuttavia, con una gestione equilibrata e una continua riflessione etica, con delle norme che l’Europa si sta impegnando a metterci a disposizione come pioniere globale di questo ambito, l’intelligenza artificiale ha il potenziale di arricchire il nostro modo di informare, discutere, apprendere, lavorare e creare, offrendo soluzioni inimmaginabili fino a pochi anni fa.
E ci piacerebbe continuare a farlo all’interno di una particolare attenzione all’uomo, insieme a tanti giovani curiosi e volenterosi.