
Il cinema è un’arte prensile e periscopica, che può spostare avanti e indietro la freccia del tempo rivivendo il passato e anticipando il futuro.
Lo sconquasso portato da Donald Trump e dal suo ritorno alla Casa Bianca – l’unico presidente a essere rieletto per due mandati non consecutivi dai tempi di Grover Cleveland a fine ‘800 – era stato ampiamente registrato e lo si può ritrovare in almeno sei film e un documentario, tutti realizzati negli ultimi anni.
Indietro nel tempo
Cominciamo dalla fine: pochi mesi prima delle elezioni del novembre 2024, usciva The Apprentice, diretto da Ali Abbasi, un biopic che racconta la storia del giovane Trump negli anni ’70, mentre si fa strada nel settore immobiliare di Manhattan sotto la guida luciferina del controverso avvocato Roy Cohn.
A detta di molti, il film riproduce fedelmente i decisivi tratti caratteriali di quello che sarebbe diventato due volte presidente: il grande senso di rivalsa nei confronti della storia familiare e verso un mondo – quello del business newyorkese – in apparenza permeabile ma in realtà ostile ai parvenu.
Sempre nel 2024 era uscito Civil War, una distopia diretta da Alex Garland, nella quale un governo federale autoritario combatte contro movimenti secessionisti.
La trama segue un gruppo di giornalisti che viaggiano da New York a Washington per intervistare il presidente prima della sua probabile cattura e il film è attraversato per tutta la durata da una precisa e disturbante sensazione di violenza.
In questo caso l’inevitabile rimando è al Trump antagonista, quello che ritroviamo all’opposizione tra il primo e secondo mandato, e all’assalto di Capitol Hill del 6 gennaio 2021.
A cominciare dai media
Il rapporto di Trump con i media richiama facilmente il paragone con Richard Nixon ma, se amiamo i dettagli, non tanto il Nixon di Tutti gli uomini del presidente di Alan J. Pakula del 1976 quanto quello di The Post, diretto da Steven Spielberg nel 2017, dedicato al caso dei Pentagon Papers.
Verso la fine del film, Nixon lancia un’irata minaccia contro i giornalisti del Washington Post, ai quali dovrà essere proibito qualunque accesso e qualunque contatto con la Casa Bianca.
Ebbene, come ha evidenziato l’ultimo numero dell’Economist, la prima domanda della stampa a Volodymyr Zelensky – “Ma tu possiedi un abito?” – durante la sua visita allo Studio Ovale il 28 febbraio scorso è arrivata da uno sconosciuto giornalista di Real America’s Voice, un sito di streaming di destra.
Agenzie come Reuters e Associated Press non erano riuscite a partecipare all’incontro e due giorni prima era stato annunciato che il gruppo di giornalisti che si alternano intorno al presidente non sarebbe più stato selezionato dall’Associazione dei corrispondenti della Casa Bianca, che aveva organizzato la rotazione per un secolo, ma sarebbe stato scelto direttamente dal governo.
Sul tema dei media e sulla loro manipolazione, il satirico Don’t Look Up, – del 2021, diretto da Adam McKay – racconta la storia di due astronomi che cercano di avvertire l’umanità di una cometa in rotta di collisione con la Terra.
Il film può essere facilmente visto come una critica alla gestione delle crisi globali e alla manipolazione dei mezzi d’informazione, temi rilevanti durante la prima presidenza Trump, specialmente in relazione alla pandemia di Covid-19 e alle questioni ambientali, negate dall’amministrazione trumpiana.
Dietro le quinte
The Circle di James Ponsoldt, uscito nel 2017, esplora invece il potere delle grandi aziende tecnologiche e la sorveglianza di massa, riflettendo le preoccupazioni contemporanee sulla privacy e il controllo dei dati personali.
Temi rilevanti durante la prima presidenza e che ritroviamo nel documentario del 2019 The Great Hack, di Karim Amer e Jehane Noujaim, dedicato allo scandalo di Cambridge Analytica e a come i dati personali degli utenti di Facebook siano stati utilizzati per influenzare le elezioni politiche, incluse le presidenziali del 2016.
Infine, Vice – ancora Adam McKay, 2018 – ripercorre la storia di Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti sotto George W. Bush, ed esplora il potere dietro le quinte e le decisioni politiche che hanno plasmato la storia recente degli Stati Uniti.
È, soprattutto, una rappresentazione efficace della ideologia e delle pulsioni alla base dei neoconservatori, il movimento che ha dominato per anni le relazioni internazionali e del quale Trump è l’erede, secondo alcuni il più astuto e il più infedele.