Era lecito attendersi che le recenti decisioni di Mark Zuckerberg per guadagnarsi il favore di Donald Trump avrebbero prima o poi generato delle reazioni negative.
Le scelte dell’amministratore delegato di Meta di eliminare il sistema di fact-checking indipendente dalle piattaforme del gruppo hanno infatti preoccupato gli inserzionisti pubblicitari.
Il Financial Times riporta che molte aziende temono che i loro annunci pubblicitari possano essere accostati a contenuti fuorvianti o dannosi.
Si tratterebbe di un cambiamento rilevante, visto che, negli ultimi anni, Facebook e Instagram si erano guadagnati un buon nome tra gli inserzionisti, che consideravano i due social media come luoghi sicuri e remunerativi per i concessionari pubblicitari, in grado – scrive il quotidiano – di mantenere buoni rapporti anche con i grandi marchi.
“Meta ha fatto un grande lavoro nel contenere gli eccessi dei contenuti tossici”, ha detto Richard Exon, fondatore dell’agenzia pubblicitaria Joint. Se il suo nuovo approccio comprometterà quanto fatto finora, continua Exon, “gli inserzionisti lo noteranno subito e reggeranno di conseguenza”.
Non sarebbe un problema da poco, dato che, sottolinea il Financial Times, la maggior parte dei 135 miliardi di dollari di ricavi che Meta ottiene ogni anno proviene dal marketing.
Sempre più a destra
Nel frattempo, sembra non avere fine la serie di azioni di riposizionamento ideologico e politico di Zuckerberg – e, dunque, di Meta.
Dopo aver incolpato l’amministrazione di Joe Biden di aver esercitato pressioni per censurare alcuni contenuti su Facebook, avere donato un milione di dollari al fondo per l’inaugurazione del secondo mandato di Donald Trump, Zuckerberg ha eliminato il programma di fact-checking di Meta e sta smantellando il reparto aziendale dedicato all’inclusività, il dipartimento della cosiddetta diversity and inclusion.
È stato poi ospite a Joe Rogan Experience, dove ha sfoggiato il suo nuovo stile con capelli più lunghi, magliette larghe e collana dorata.
Al podcast di Rogan ha raccontato le sue nuove opinioni sull’eccessivo controllo della disinformazione sulle sue piattaforme, che ha definito “censura”, e sulla difesa della “mascolinità” nell’ambiente lavorativo.
Lo ha fatto senza contraddittorio da parte dell’intervistatore, che, come sottolineato da StartupItalia, ha di fatto concordato su tutte le sue affermazioni.
“L’energia maschile è positiva”, ma sembra che “la cultura aziendale stesse cercando di allontanarsene”, ha detto Zuckerberg, per poi aggiungere che è tempo di “celebrare un po’ di più l’aggressività”.
È la seconda volta in pochi giorni che il rapporto fra le aziende e Meta si guadagna un posto di rilievo all’interno del Financial Times.
Lo scorso 8 gennaio, infatti, il quotidiano ha pubblicato un articolo in cui afferma che Meta avrebbe esentato dal controllo sulla moderazione dei contenuti alcuni dei suoi più importanti inserzionisti, per assicurare loro di non subire limitazioni erronee dovute agli errori dell’algoritmo delle piattaforme.