Da fervido sostenitore del pensiero liberal, solo un decennio fa, il creatore di Facebook era pronto a utilizzare le sue risorse per affrontare questioni importanti come l’immigrazione, la giustizia sociale e la disuguaglianza.
Ma negli ultimi anni, la figura di Mark Zuckerberg, CEO di Meta, ha subìto un’evoluzione sorprendente.
Lo scorso mercoledì, durante la presentazione dei risultati del terzo trimestre di Meta, Zuckerberg non ha parlato di elezioni. Si è semplicemente focalizzato sul “fare in modo che costruissimo cose fantastiche e sfruttassimo al meglio le opportunità future”.
Il passo indietro di Meta dal mondo della politica è stato netto per coloro che seguono da sempre il colosso di Menlo Parl. Il gigante dei social media era solito portare avanti iniziative per la sicurezza elettorale prima delle elezioni. Nel 2020, Zuckerberg ha detto che sperava che Facebook avrebbe aiutato a registrare 4 milioni di nuovi elettori.
La politica non è un buon affare
Con il passare degli anni, il CEO di Meta ha realizzato che la politica è semplicemente troppo complicata per essere un buon affare.
La sua esperienza con la politica si è trasformata in disillusione, alimentata da attacchi da parte di entrambi i partiti, dalle critiche per il ruolo di Facebook nelle elezioni americane e dalle polemiche sulla pubblicazione di contenuti definiti “sensibili” sulle sue piattaforme.
Zuckerberg ha iniziato così a esprimere un certo cinismo, preferendo un approccio più cauto e strategico orientato verso una sorta di “neutralità” politica.
Il cambio di passo (e le conversazioni con Trump)
Com’è dunque il Mark Zuckerberg di oggi?
Si rifiuta di impegnarsi pubblicamente con Washington, eccetto quando strettamente necessario, e ha smesso di sostenere iniziative politiche: un cambio di passo molto significativo, seppur figlio di un più ampio fenomeno riguardante la Silicon Valley, dove i leader delle Big Tech (al netto di quest’ultima elezione) stanno optando per una posizione di maggior cautela.
Il fatto che non farà alcuna donazione, tramite la sua fondazione Chan Zuckerberg Initiative, a supporto della campagna elettorale 2024, è un ulteriore segnale di questa trasformazione. A differenza delle elezioni del 2020, quando aveva donato 400 milioni di dollari agli uffici elettorali per scopi logistici e organizzativi.
Inoltre, lo scorso agosto, Mark Zuckerberg ha espresso il proprio rammarico, per la passata vicinanza alla politica di Meta, in una lettera al Congresso in cui scriveva che nel 2021 Facebook aveva ricevuto forti pressioni dall’amministrazione Biden per eliminare alcuni contenuti riguardanti la gestione del Covid-19.
Nonostante questa presa di posizione, sembrerebbe che Zuckerberg abbia recentemente riallacciato i rapporti, ormai tesi, con l’ex presidente Donald Trump. A dichiararlo è stato lo stesso Trump, nel corso di una intervista a Fox News, che racconta di aver ricevuto una telefonata da Zuckerberg poco dopo l’attentato subìto in Pennsylvania a metà luglio. Zuckerberg avrebbe riconosciuto di aver censurato erroneamente un post del tycoon dichiarando inoltre che non sosterrà il partito democratico alle elezioni. Al momento, Meta non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali circa le parole di Trump.
E Meta?
Nel frattempo, Meta avrebbe approvato una policy che limiterebbe le conversazioni su temi politici tra i dipendenti. Inoltre, la decisione di ridurre le attività filantropiche da parte dell’azienda evidenzia quanto Zuckerberg stia cercando di ripristinare l’immagine di una Meta “neutrale”, in un contesto in cui, tuttavia, l’influenza dei social sulla politica è significativa (si pensi al pericolo delle fake news e della disinformazione sul web e in campagna elettorale).
Il futuro politico di Zuckerberg e di Meta rimane quindi incerto. Oggi, la sfida per Zuckerberg è quella di ripristinare la reputazione del colosso tech, superando anni di controversie e critiche, ma, come ha affermato lui stesso, ci vorrà molto tempo. E mentre Zuckerberg viaggia verso questo obiettivo, il suo allontanamento (più o meno velato) dalla politica potrebbe rivelarsi una strategia non solo vincente, ma necessaria per la sopravvivenza dell’azienda stessa.