Jeff Bezos, che ha acquistato il Washington Post nel 2013 per 250 milioni di dollari, ha difeso in un articolo d’opinione la decisione del giornale di non sostenere alcun candidato presidenziale, sostenendo che l’endorsement “crea una percezione di parzialità“. Giornalisti e lettori, tuttavia, pensano che la scelta sia stata motivata dalla paura di ritorsioni in caso di vittoria di Donald Trump, ex presidente e attuale candidato repubblicano, e che possa compromettere la reputazione del Post in un contesto già difficile per l’informazione.
Il proprietario del Post ha ammesso di aver commesso un errore nel tempismo della decisione: “Avrei voluto prendere la decisione prima di quanto abbiamo fatto, in un momento più lontano dalle elezioni e dalle emozioni che le circondano“, ha scritto.
Attriti interni
David Shipley, responsabile della sezione Opinioni del Post, ha detto in uno staff meeting che lui e il CEO William Lewis avevano messo in guardia Bezos riguardo alle conseguenze negative della scelta, considerando il periodo vicino alle elezioni.
Shipley ha anche riferito di aver trascorso più di un’ora al telefono con Bezos per discutere la scelta. Inoltre, prima che venisse comunicata la decisione di non fare alcun endorsement, era già stato preparato un editoriale a favore della vicepresidente Kamala Harris.
Inoltre, alcuni editorialisti del Washington Post hanno firmato un articolo in cui descrivono la decisione di non sostenere un candidato come un “terribile errore”. Queste importanti firme sostengono che la scelta “rappresenta un abbandono delle convinzioni fondamentali del giornale che amiamo”. Decine di giornalisti hanno firmato l’articolo, incluso David Hoffman – che ha vinto un Pulitzer per i suoi articoli sui regimi autoritari – e che si è poi dimesso dal comitato, rimanendo come giornalista.
Le reazioni del pubblico
NPR ha scritto, citando due persone del giornale, che il Washington Post ha perso oltre 200mila abbonati dopo che il quotidiano di Jeff Bezos ha annunciato la sua decisione.
Si tratta senza dubbio di un duro colpo per una testata che sta già affrontando serie difficoltà finanziarie. Il Post aveva più di 2,5 milioni di abbonati l’anno scorso, la maggior parte dei quali digitali, numeri che lo rendevano il terzo per diffusione dopo il New York Times e il Wall Street Journal.
Anche il Los Angeles Times ha recentemente deciso di non sostenere un candidato, scatenando reazioni di disapprovazione da parte dei lettori e del personale: la direttrice degli editoriali Mariel Garza ha rassegnato le sue dimissioni, così come altri due membri del comitato editoriale del giornale.
Il rapporto tra Trump e Bezos
Proprio il giorno in cui il Washington Post ha deciso di non fare alcun endorsement, alcuni dirigenti di Blue Origin, la società aereospaziale di Bezos, hanno incontrato Donald Trump.
Il CEO della compagnia, Dave Limp, si trovava in Texas per un incontro con il governatore Greg Abbott e poi ha incontrato Trump, che aveva appena concluso un comizio ad Austin. Limp ha raccontato al Wall Street Journal che l’incontro è durato solo pochi minuti, chiarendo che “è folle pensare che ci sia stata qualche forma di scambio a causa di questo incontro“. Anche Bezos ha negato qualsiasi collegamento tra la decisione del Post e l’incontro con Trump.
I rapporti tra Bezos e Trump sono stati tesi per anni, con Trump che, tra le altre cose, ha accusato Amazon di essere un monopolio e si è spesso lamentato degli attacchi del Washington Post.