I social media sono i nuovi archivi delle guerre

Di il 04 Ottobre, 2024
guerra social media
La conservazione delle informazioni digitali riguardanti i conflitti è una delle sfide più urgenti della nostra era. La capacità di raccogliere, verificare e archiviare le informazioni provenienti dai social media potrebbe rivelarsi determinante per le generazioni future

Le scene di guerra del XXI secolo sono state condivise in tempo reale sui social media, facendo diventare le piattaforme uno strumento fondamentale per verificare ciò che è accaduto e perseguire eventuali crimini di guerra. Ma è possibile creare un archivio digitale neutrale che raccolga e conservi le informazioni?  Quali meccanismi di conservazione esistono?

Le politiche di archiviazione delle aziende tech rimangono sconosciute, così come gli algoritmi delle piattaforme che spesso hanno messo in dubbio l’imparzialità dei social media. 

La conservazione del materiale

La conservazione del materiale proveniente dai conflitti è ricaduta su organizzazioni più piccole, che hanno sviluppato i propri archivi in risposta alla potenziale scomparsa massiva delle informazioni digitali. Molte organizzazioni sono emerse dal basso, mentre altre sono più affermate, come Mnemonic, guidata dall’attivista Hadi Al Khatib. Originariamente concepita per documentare la guerra in Siria, ha ampliato le sue operazioni ai conflitti in diverse regioni, archiviando migliaia di registrazioni quotidiane e offrendo accesso a storici e investigatori per i diritti umani.

Mnemonic

Hadi Al Khatib, la cui famiglia ha vissuto il tragico massacro di Hama nel 1982, ha compreso fin dall’inizio della rivolta siriana che i video condivisi sui social media potevano rivelare la verità su quanto stava accadendo nel suo Paese. Tuttavia, ha anche riconosciuto la vulnerabilità di queste informazioni: in Siria, la censura online era molto diffusa. Il governo ha bloccato l’accesso a Internet in tutto il Paese in diverse occasioni a partire dal 2011, spesso in concomitanza con l’aumento dell’attività dei ribelli. Al Khatib ha iniziato a raccogliere e archiviare i post che documentavano le proteste e la violenza, e con l’intensificarsi del conflitto ha deciso di dedicarsi a questa causa a tempo pieno. 

Poco dopo, ha realizzato che la metodologia che aveva sviluppato per la Siria poteva essere applicata anche ad altre nazioni e ha ampliato il progetto, dando vita a Mnemonic. Oggi, l’organizzazione si occupa di archiviare contenuti relativi a conflitti in varie aree, tra cui Ucraina, Sudan, Yemen e Iran. Le informazioni sono disponibili su richiesta per storici, istituzioni e investigatori per i diritti umani.

La metodologia di archiviazione di Mnemonic è ben più complessa della semplice raccolta di screenshot o del download di post e immagini. Ogni post archiviato deve essere prima verificato ed etichettato prima di essere inserito nel loro database, che è dotato di più backup. I processi di archiviazione più recenti sono automatizzati attraverso software sviluppati specificamente da Mnemonic, ma la maggior parte della verifica è eseguita manualmente da analisti che esaminano i video fotogramma per fotogramma. Molti di questi analisti provengono dal Paese di cui testimoniano la violenza e a cui Mnemonic offre consulenze di psicoterapia settimanali. Al Khatib sostiene che:

“È fondamentale che i contenuti siano verificabili: possono essere geolocalizzati tramite immagini satellitari? Siamo in grado di identificare individui? Possiamo osservare i siti colpiti, le armi o i crateri? Possiamo ascoltare potenziali vittime o testimoni?” 

Mnemonic segue il Protocollo di Berkeley sulle indagini open-source digitali, sviluppato nel 2022 con il contributo dell’organizzazione stessa, che consente l’uso delle informazioni provenienti dai social media in contesti legali e per le indagini sui diritti umani. Per essere valide in tribunale, le informazioni devono mantenere intatti i metadati e la loro provenienza online deve essere chiara, con una geolocalizzazione precisa, tra altri requisiti. Mnemonic archivia tutti i suoi post in base a questi criteri, e in ambito legale sono definiti come copie di prova. 

Airways

Airwars, con sede nel Regno Unito, è stata fondata nel 2014 e aggrega post da Facebook, X, Telegram e altre piattaforme. Si concentra sugli attacchi aerei e, in particolare, sulle vittime civili che spesso vengono trascurate o sottostimate nei rapporti militari ufficiali.

Airwars è stata una delle principali fonti di documentazione degli attacchi aerei statunitensi nella guerra contro lo Stato Islamico in Iraq e Siria dal 2014 al 2017, e ha frequentemente smentito il bilancio delle vittime fornito dal Pentagono. Secondo i suoi dati, il 70% delle indagini condotte dai militari statunitensi sulla loro campagna di droni contro lo Stato Islamico è scaturito da materiale presentato da Airwars. Oggi, la compagnia ha spostato la sua attenzione sugli attacchi aerei in Yemen e Gaza. Ogni incidente viene verificato e registrato sulla sua piattaforma pubblicamente accessibile, con link agli screenshot di ciascuno dei post o tweet che mostrano l’evento.

In questo senso, Airwars fa parte della rivoluzione dell’intelligence open-source che la tecnologia ha reso disponibile a chiunque abbia una connessione internet e un computer. Analisti militari e accademici possono fornire un quadro straordinariamente preciso dei conflitti tramite i post che vedono su X, insieme alle immagini satellitari.

Vedere la guerra in tempo reale

La grande quantità di materiale proveniente in particolare dalla guerra Russia-Ucraina ha stimolato l’interesse dei media tradizionali, poiché soldati, giornalisti e cittadini da entrambe le parti pubblicano regolarmente informazioni su attacchi, attrezzature e vittime, e gli analisti sono in grado di osservare la guerra come se fosse in tempo reale attraverso questo report continuo.

L’ONU e l’archiviazione dei documenti digitali sulle guerre

Allo stesso tempo, le organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite stanno facendo sempre più richieste di materiale open-source e report. Queste informazioni sono quindi incorporate in indagini più ampie e danno impulso alle richieste di giustizia per le atrocità segnalate. Airwars, ad esempio, ha collaborato con la Commissione per i diritti umani dell’ONU in Sudan nel 2021, analizzando i report pubblici di violenza contro i civili. Queste collaborazioni sono diventate sempre più comuni mentre gli archivi dei conflitti continuano a crescere.

Nonostante i progressi compiuti, rimangono numerose preoccupazioni riguardo al futuro della conservazione delle informazioni digitali sui conflitti. Tra queste, la vulnerabilità delle piattaforme alle pressioni politiche e le modifiche delle loro politiche, che possono compromettere l’accesso ai dati. Inoltre, l’espansione e il potenziale degli archivi digitali associati ai conflitti rappresentano una delle sfide più rilevanti per la salvaguardia della storia nei prossimi decenni, con un impatto significativo sull’esito della giustizia per i crimini di guerra.

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