Il conflitto tra libertà di espressione e sicurezza online sta raggiungendo un punto critico, con i leader delle Big Tech che respingono apertamente le pressioni governative. Un vecchio scontro che si intensifica con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali americane, in un contesto già segnato dalle controversie sulle elezioni del 2020 e sulla pandemia di COVID-19.
Le dichiarazioni di Mark Zuckerberg
Mark Zuckerberg, CEO di Meta, ha recentemente espresso, in una lettera alla commissione Giustizia della Camera USA, il suo rammarico per non aver rivelato prima le pressioni ricevute dall’amministrazione Biden per censurare alcuni contenuti relativi alla pandemia. “Credo che la pressione del governo sia stata sbagliata e mi dispiace che non siamo stati più espliciti al riguardo”, ha detto Zuckerberg. Una dichiarazione che segna un cambio di rotta significativo per il leader di una delle più grandi piattaforme social al mondo.
Parallelamente, la situazione si è complicata con l’arresto del miliardario Pavel Durov, CEO e co-founder di Telegram, da parte delle autorità francesi. Sebbene Durov non sia ancora stato formalmente incriminato, le accuse che lo coinvolgono sono gravi e riguardano la complicità in reati legati allo sfruttamento minorile, frode e vendita di droga sulla sua piattaforma.
L’arresto di Pavel Durov
L’arresto di Durov ha scosso profondamente l’industria dei social media, che ha operato per anni con la convinzione che non dovesse essere ritenuta responsabile delle attività illegali condotte dai suoi utenti. In segno di solidarietà, Chris Pavlovski, CEO di Rumble, ha raccontato che anche la sua azienda ha subito minacce dalla Francia, mentre Elon Musk, noto per la sua causa a favore della libertà di espressione, ha espresso il suo sostegno a Durov con l’hashtag “#FreePavel” su X.
Da parte sua, Telegram ha ribadito il proprio impegno nel rispettare le leggi dell’UE sottolineando che la sua politica di moderazione è in linea con gli standard del settore. L’azienda ha difeso la propria posizione, sostenendo che è assurdo ritenere la piattaforma o il suo proprietario responsabili per gli abusi commessi dagli utenti.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha cercato di dissipare le accuse di interferenza politica, affermando che l’arresto “non è in alcun modo una decisione politica”. Tuttavia, le aziende tecnologiche sono preoccupate che questo episodio diventi un precedente pericoloso.
La crittografia end-to-end
Il caso di Telegram evidenzia una problematica più ampia che riguarda le app di messaggistica, in particolare quelle dotate di crittografia end-to-end come Snapchat, Signal e WhatsApp. Queste piattaforme stanno affrontando una crescente pressione da parte delle autorità di regolamentazione, specialmente nel Regno Unito e nell’UE, dove sono in discussione proposte di legge che potrebbero concedere alle forze dell’ordine un accesso speciale alle chat crittografate per contrastare gli abusi sessuali sui minori.
Negli Stati Uniti, la storica vittoria di Apple contro l’FBI in un caso riguardante la crittografia ha creato un precedente che rende difficile per i funzionari governativi accedere ai dati crittografati.