Categoria: politica/critica storica
I silenzi sull’antisemitismo. Di Simonetta Fiori, La Repubblica del 28 giugno 2024
Ora non è più possibile esimersi dalla condanna dei figli della Gioventù nazionale che intonano cori nazisti e mettono alla berlina l’ebrea. «Provvedimenti immediati ed esemplari!», invocano i vertici di Fratelli d’Italia, con lo sdegno innocente di chi è lunarmente estraneo a quella storia (…) Quella del rapporto con la memoria della campagna antisemita è una vicenda molto complessa, che riguarda tutti gli italiani. Solo dopo oltre cinquant’anni dalle leggi razziste abbiamo saputo dell’acquiescenza della quasi totalità del ceto intellettuale, anche di quello non fascista, rispetto alla cacciata degli ebrei dalle scuole, dalle università, dalle accademie più prestigiose.
Ci sono voluti ancora più anni per sapere del coinvolgimento dei cosiddetti ragazzi di Salò nelle efferatezze commesse contro ebrei. Anche la nostra migliore storiografia — ci racconta Michele Sarfatti — è a lungo inciampata inpregiudizi ed errori che erano frutto della persistenza inconscia di cattivi pensieri.
Ma se tardivo e lento è stato il processo di acquisizione di una consapevolezza storica da parte degli ambienti democratici, nelle file del neofascismo questo è mancato completamente, con la complicità dei dirigenti politici che hanno continuato a coltivare nostalgie pericolose, alimentate dagli assassini della memoria e dai più tenaci negazionisti.
(…) Non è un caso che, nell’occasione del centenario del delitto Matteotti, Meloni si sia ben guardata dall’attribuirne la responsabilità diretta a Mussolini, nel solco tracciato dalla pubblicistica neofascista che ha sempre negato il coinvolgimento del duce. Riconoscerne il ruolo di mandante significa ammettere che il regime fascista è nato sul sangue di un oppositore, dunque criminale fin dalle origini, difficilmente conciliabile con lo stereotipo del Mussolini buono messo sulla cattiva strada da Hitler: visione assolutoria tuttora rivendicata dalla destra postfascista.
L’immaginario antisemita che ancora avvelena giovani fratelli e sorelle d’Italia ci dice una cosa sola: i conti di quel partito con la storia non sono più rinviabili. Giorgia Meloni è chiamata dal suo ruolo istituzionale a tagliare ogni legame con una storia politica che ha incubato il virus antisemita, spazzando via in modo definitivo tutte le ambiguità che hanno permesso la sopravvivenza di un cuore nero non più tollerabile. Servono parole chiare, sia sulla deriva di Gioventù nazionale sia sulle radici fasciste richiamate dal simbolo della fiamma che è necessario spegnere. Non c’è più tempo per silenzi e opacità.
Categoria: risposta ai lettori/politica
L’autonomia differenziata non è un sacrilegio. Di Aldo Cazzullo, Corriere della Sera del 27 giugno 2024
Un lettore, Mario Bosio, chiede un parere sull’autonomia differenziata e perché il centrosinistra la contrasti dopo averla favorita modificando la Costituzione nel 2001.
Non c’è dubbio che il centrosinistra abbia tenuto una linea ondivaga: ha votato la riforma federalista del titolo V alla vigilia delle elezioni del 2001; lo ha abrogato ai tempi di Renzi, salvo poi vederlo ripristinare dal referendum del 2014; ora la sinistra fa una battaglia contro la cosiddetta autonomia differenziata, cui alcuni presidenti di Regione come Bonaccini all’inizio avevano guardato con favore.
Ma, a parte le inesattezze della sua ricostruzione — gentile signor Bosio, non c’è stato alcun decennio di centrosinistra: nel 2013 nacque il governo giallo-verde; nel governo Draghi c’erano pure Lega e Forza Italia —, c’è da dire che l’autonomia differenziata non è uno scandalo. Il Sud continua ad accusare il Nord di averlo invaso, depredato, colonizzato? L’autonomia sarebbe per il Sud un’assunzione di responsabilità. Nelle Regioni in cui già c’è, la Sardegna e la Sicilia, l’autonomia non ha dato grandi prove di sé; ha soprattutto costruito un ceto politico ricco e parassitario, particolarmente in Sicilia.
Personalmente non voglio vivere in un Paese in cui ci sia un divario eccessivo tra le varie Regioni in termini di benessere, istruzione, salute, opportunità. Penso che sia giusto che una parte della ricchezza prodotta al Nord finanzi lo sviluppo del Sud. Ma siccome questo non accade — la Cassa del Mezzogiorno è del 1950 —, forse tentare un’altra strada non è sbagliato.
Non credo che il problema del Sud sia una questione di soldi; l’Italia in generale e il Sud in particolare non riescono a spendere i fondi europei; e mi pare che anche il Pnrr non stia dando grandi risultati. Il problema è che i fondi europei e il Pnrr finanziano progetti, sviluppo, ricerca, riconversione ecologica, infrastrutture; non finanziano sussidi. Resta da decidere: si vogliono sussidi? O si vogliono investimenti e lavoro?
Categoria: critica cinematografica
Inside Out 2. L’adolescente sfida l’Ansia. Di Chiara Bidoli, La Lettura del 23 giugno 2024
L’adolescenza arriva all’improvviso. E quando arriva, come accade a Riley, la protagonista di Inside Out 2, la nuova pellicola Disney Pixar al cinema, è un’onda che sommerge e travolge, generando una tempesta emotiva che rimette in discussione il «senso di sé», fino ad allora amorevolmente e faticosamente costruito.
Sono le emozioni, in questa fase di transizione della vita, a guidare le azioni e i pensieri, spesso contraddittori, in un equilibrio precario tra potenzialità ancora inespresse e fragilità. E così, come nella vita reale, al «Quartier generale» del cervello della ormai cresciuta Riley, accanto agli stati d’animo protagonisti dell’infanzia (Gioia, Rabbia, Tristezza, Paura, Disgusto), compaiono Ansia, Imbarazzo, Invidia ed Ennui (che rappresenta la noia e, insieme, il disinteresse tipico adolescenziale) che daranno vita a una riorganizzazione profonda della mente, a livello strutturale e funzionale che permetterà, solo quando Riley non sarà più in balìa dei singoli stati d’animo, di trovare un nuovo equilibrio.
Tra tutte le emozioni, sullo schermo come nell’adolescenza reale, un ruolo di primo piano spetta ad Ansia, una condizione fisiologica che compare durante questa fase della vita con una funzione protettiva, fondamentale negli anni in cui si è naturalmente più esposti ai pericoli e si è alla spasmodica ricerca di nuove esperienze. (…) Se però Ansia diventa eccessiva e persistente può generare sofferenza perché insinua paure ingiustificate, come quando nel film usa l’immaginazione, sotto forma di incubi notturni, per minare l’autostima di Riley prima della partita che deciderà il suo futuro.
Quando inizia la pubertà, che nel film è rappresentata da una sirena rossa d’emergenza che suona all’impazzata nel «Quartier generale», è sempre Ansia a prendere il controllo e a guidare, con la scusa di proteggere Riley, le altre emozioni. Nella vita, in realtà, il motore che guida nel viaggio di costruzione del nuovo «Io» prima della psiche è il corpo che si trasforma e influenza, sia da un punto di vista neurobiologico sia psicologico, il processo di costruzione identitaria. (…)
Categoria: cronaca giudiziaria/epopea della Ligera
Renè Vallanzasca. L’onesto bandito. Di Massimo Fini, Il Fatto Quotidiano del 25 giugno 2024
(…) Andavo a trovarlo a casa sua, in uno squallido quartiere vicino al cimitero di Musocco, squallido era anche l’edificio ma l’abitazione era arredata con cura e direi anche con una certa eleganza. Mi accompagnava una giornalista del Giorno che l’aveva anche ospitato, rischiando grosso, durante una delle sue sette evasioni. Si era innamorata di Vallanzasca.
Non si contano le ragazze, le donne che si sono innamorate del bel Renè, e non per il solito fascino del Male ma perché Vallanzasca era un ragazzo, un “puer aeternus” mi verrebbe da dire, molto simpatico, ironico, autoironico, divertente. Mi raccontò, per fare un esempio, che durante uno di questi permessi, comunque sorvegliatissimo dalla polizia, era salito su una bicicletta ed era caduto subito perché non ci sapeva più andare. Lui che per narcisismo, ma anche per una naturale joie de vivre, aveva guidato le macchine più lussuose, dalle Ferrari alle Porsche.
(…) Vallanzasca non merita pietà, merita rispetto. Perché si è sempre assunto le proprie responsabilità, non ha mai dichiarato di essere una vittima della società. Quando il giorno della sua prima cattura fu portato in manette sul balconcino di una casa di Roma – perché questi qui li esibiscono in manette, per i Toti e tutti i furfanti di Mani Pulite si invoca o si è invocato l’intervento di Amnesty International – e un giornalista gli chiese appunto: “Vallanzasca, lei si ritiene una vittima della società?” lui rispose: “Non diciamo cazzate!”.
(…) Io, lo confesso, l’avrei graziato solo per questo. E, a suo tempo, ho inoltrato formale domanda di grazia a un paio di Presidenti della Repubblica, visto che sono stati graziati soggetti moralmente molto peggiori di lui, la Fiora Pirri Ardizzone dei principi di Pandolfina, per esempio (presidente Pertini).
Adesso, anche contando sul fatto che Giorgia Meloni è un po’ più umana, sarebbe inutile dopo 52 anni di galera, undici dei quali passati col 41bis o ai famigerati “braccetti”. Vallanzasca muore insieme a un mondo che non c’è più.
Categoria: editoriale
Premio Bancarotta. Di Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano del 26 giugno 2024
Resuscitato nel simbolo e nei manifesti di FI e persino sulle schede di qualche elettore squilibrato, B. rivive anche con la riesumazione della Silvio Berlusconi Editore (SBE), ideata da Dell’Utri tra un summit di cosca e l’altro e poi confluita nella Mondadori, che riparte con un’opera di Tony Blair.
(…) Le prefazioni della SBE sono più avvincenti dei libri. Soprattutto quella firmata dallo stesso B. a una preziosa edizione numerata dell’utopia di Tommaso Moro. Un giorno del 1985 il massimo esperto italiano dell’autore, Luigi Firpo, vide su Canale 5 una signorina intervistare il padrone di casa: “Lei ha pubblicato la traduzione dal latino dell’utopia con una sua bellissima prefazione…”.
Di cui declamò alcuni brani, casualmente identici a quelli scritti da Firpo per introdurre la sua traduzione all’utopia, appena edita da Guida. L’austero intellettuale torinese – racconta la moglie Laura – si procurò il libro e scoprì che B. non aveva solo copiato interi paragrafi della sua prefazione, ma anche la sua traduzione integrale.
Così gli scrisse per intimargli di ritirare tutte le copie e annunciargli querela per plagio. B., terrorizzato, iniziò a tempestarlo di telefonate, spiegando che aveva fatto tutto una segretaria a sua insaputa e implorandolo di lasciar perdere. Capito il personaggio, Firpo iniziò a giocare al gatto col topo per un annetto. Canale 5 lo invitò a un dibattito e B. spuntò da dietro le quinte dello studio porgendogli una busta “per il suo disturbo e l’onore che ci fa”.
Il prof la rifiutò. A Natale del 1986 un corriere da Segrate recapitò a casa Firpo un bouquet di orchidee che non entrava dalla porta e un pacco con una valigetta in coccodrillo cifrata LF in oro e un biglietto: “Molti cordiali auguri ed a presto… Spero! Per carità non mi rovini!!! Silvio Berlusconi”.
Ma Firpo continuò il suo perfido gioco e rispedì la borsa al mittente con un biglietto beffardo: “Gentile dottore, la ringrazio della sua generosità, ma sono un vecchio professore affezionato alla sua borsa sdrucita. Quanto ai fiori, la prego di non inviarcene più: per me e per mia moglie, i fiori tagliati sono organi sessuali recisi”. Non lo sentì mai più.