Con le fake news si guadagna, e molto. Sembra che Facebook, piattaforma social di Meta, sia la culla di profili e finte testate giornalistiche il cui scopo giornaliero è diffondere notizie false.
I profili che si occupano su Facebook di fake news non trattano solo di politica, che ormai è diventata marginale, la sfera di influenza di questi “creator” riesce ad insinuarsi in ogni aspetto della sfera pubblica, come la medicina e l’omeopatia, l’ambiente, temi sociali come il razzismo e l’omofobia.
Nonostante i cambiamenti sull’algoritmo apportati da Facebook per intercettare i post falsi, quest’anno solo un quarto dei contenuti della piattaforma è stato classificato “falso” da PolitiFact, un sito di fact-checking.
Il successo di questi post su Facebook e piattaforme simili sottolineano una drammatica realtà: le notizie false trovano ancora un pubblico enorme.
Il difficile contrasto di questi profili su Facebook è dato da un cavillo strutturale della piattaforma: i creator di fake news molto spesso etichettano la propria pagina come “satira”. Inoltre, da quando la piattaforma di Meta ha intensificato i controlli per declassare i post che rimandavano a siti web di bassa qualità, questi profili hanno cambiato strategia, aumentando i propri visitatori attraverso la creazione di immagini o meme, rimandando al primo commento il collegamento al sito.
L’AI strumento per generare fake news
Un’indagine di NewsGuard, una società che tiene traccia della disinformazione online, ha accertato che per la prima volta i siti di disinformazione mascherati da testate giornalistiche (1.265) hanno superato in numero i veri organi d’informazione (carta, web e video) che sono 1.213 secondo la Northwestern University. Analizzando i dati, chi cerca notizie sul web ha il 50% di possibilità di imbattersi in una notizia falsa.
NewsGuard ha identificato quasi 1.000 siti web che utilizzano strumenti di intelligenza artificiale per scrivere articoli di notizie false, rispetto ai 138 di un anno fa. Lo studio rivela che questi siti web guadagnano notevoli somme di denaro grazie alla pubblicità che ospitano. Molto spesso gli annunci inseriti nei siti dalle agenzie di tecnologia pubblicitaria non considerano la natura dei post che pubblicano.
Questo fenomeno crea un circolo vizioso in cui la disinformazione finanzia ulteriore disinformazione, contribuendo a inquinare il dibattito pubblico.
Leggi anche: Dal web alle strade: l’impatto delle fake news sui reati d’odio