Categoria: epica sportiva/1
L’abisso di Max, vincere la coppa ma perdere sé stesso. Di Maurizio Crosetti, la Repubblica del 17 maggio 2024
Negli ultimi minuti della finale di Coppa Italia tra Juventus e Atalanta, l’allenatore della Juventus Massimiliano Allegri, 57 anni, impazzisce. Si toglie la giacca, la cravatta, probabilmente tenta di togliersi anche la camicia e comincia a urlare come un ossesso, frasi per lo più sconclusionate nei confronti della propria società di appartenenza e, in generale, del sistema. Aggredisce (o si limita a insultare, dipende dalle versioni) un giornalista di Tuttosport (il direttore).
Viene infine portato in trionfo dai giocatori. Questo evento, questo personaggio, non possono che essere narrati dai grandi della letteratura, e così fa Maurizio Crosetti. E quindi ecco Stephen King (“Dentro il tombino c’era It”), Robert Louis Stevenson (“Nel buio di Jekyll abitava Hyde”), Melville (“Allegri sempre sulla tolda, inseguendo il profilo lontano di una gobba di cetaceo, la sua balena bianca un po’ stanca: anche il capitano lo era?”) e, ovviamente, Dostoevskij (“In un’ora e mezza, le memorie del sottosuolo di Max hanno trasfigurato un uomo, completando una mutazione anche fisica, quegli spigoli in viso, quel cranio quasi come un teschio, ormai, quegli occhi da spiritato”).
Ma la chiusura è tutta di Crosetti: “A Roma ha vinto quel che poteva e ha perso tutto il resto. Meglio sarebbe stato farsi umiliare dall’Atalanta che da sé stesso. Però, ragazzi, quanta vita vera nell’abisso”.
Categoria: epica sportiva/2
Bologna oltre il sogno. Motta ha tradotto la Champions in poesia. Di Gabriele Romagnoli, la Repubblica del 14 maggio 2024
Non è il Leicester di Claudio Ranieri che nel 2016 vinse, contravvenendo a qualunque logica e a qualunque pronostico, la Premier League, ma è qualcosa che un po’ gli assomiglia. “La verità è che, con la qualificazione in Champions, Bologna non ha realizzato un sogno, ma qualcosa che nessuno aveva osato sognare”.
Il fautore di questo inimmaginabile sogno è Thiago Motta, un allenatore definito dal suo presidente Joey Saputo un po’ “stranino” che “in canadese significa: dispensatore di una soave intransigenza che flirta con l’arroganza”. Motta ha ricostruito la squadra partendo dalla difesa, trasformando giocatori vecchi (per ruolo e per gioco) in nuovi, splendidi, interpreti. Un nome su tutti è quello di Riccardo Calafiori, scartato della Roma e che oggi si trova a essere uno dei più forti difensori centrali italiani, pronto per la Nazionale di Spalletti. Gli altri ruoli sono “eventuali. Ndoye e Saelemaekers fanno le ali ambigue, Zirkzee il nove e mezzo, Aebischer l’equilibratore di mezzo campo”.
Ma questi sono dettagli tecnici, si rischia di trascurare eventi ineffabili, vicino alla soprannaturalità: “Le processioni ex voto lungo i portici di San Luca per dimostrare la vicinanza a Mihajlović. Quel cielo inspiegabilmente rosso-blu dietro la curva (sempre San Luca) dopo una vittoria con l’Atalanta. Lo strano senso di Saputo per la neve, che l’ha infine spinto a lasciare Montreal e passare l’inverno a Bologna e innamorarsene”.
Non è l’ottavo scudetto, “quello nessuno lo sogna ma nessuno si è ancora svegliato”.
Categoria: recensioni
Recensione di Raffaella Silvestri di Tutto deve brillare. Vita e sogni di Moana Pozzi, Il Foglio del 15 maggio 2024
La biografia della più celebre pornostar italiana, firmata da Francesca Pellas, presenta un punto focale nella frase che Moana Pozzi pronuncia in ospedale prima di morire, a trentatrè anni: “Mettetemi in frigorifero prima che arrivi mio padre”.
Questa frase “dark”, disorientante per il lettore, è però coerente con un personaggio che “esce dai confini di ciò che era immaginabile prima di lei”, la prima ad avere mischiato i piani: star del porno ma anche figura televisiva pop che proponeva il sesso come atto di liberazione, nei confronti del vero sfruttamento cui soggiacevano le casalinghe che lavavano e stiravano. Nel libro c’è anche un’intervista a Stefania Craxi, che parla “con relativa serenità” della relazione di Moana con il padre, e contribuiti originali, tra i quali quelli di Jonathan Bazzi e Melissa Panarello.
La personalità di Moana è lieve e misteriosa allo stesso tempo, ma il mistero forse ha una chiave che il lettore può riconoscere proprio nella frase sul padre pronunciata sul letto di morte: “Se il sesso è stato un mezzo di emancipazione, non è del tutto escluso che sia stato anche un’iniziazione brutale, forse un abuso, e la forza di questo racconto è proprio nel mostrare come le due cose possono vivere insieme.”
Categoria: economia
Tutto cambia, ma non la Rai. Di Marco Gambaro, lavoce.info del 14 maggio 2024
Lo scorso marzo è stato approvato il Media Freedom Act, il cui articolo 5 prescrive che gli Stati dell’Ue devono assicurare l’indipendenza del servizio pubblico televisivo, la continuità dei finanziamenti e procedure di nomina del direttore e degli amministratori che siano finalizzate a garantirne l’indipendenza.
La Rai è molto lontana da questi obiettivi. Per Marco Gambaro, docente di Economia della Comunicazione alla Statale di Milano, siamo più vicini alla situazione di Alitalia, che precede il fallimento. Il problema della televisione di Stato è duplice: da un lato la governance, dall’altro il modello di business. Il primo aspetto agisce potentemente sul secondo, impedendo di fatto il cambiamento.
“A ogni cambio di governo e a ogni scadenza di consiglio di amministrazione (ogni tre anni), vengono nominati in Rai i nuovi amministratori e direttori dei tg. Ognuno nomina o promuove un gruppo di comando di una decina di dirigenti. Non si tratta di posizioni a termine legate al breve mandato”, e al giro successivo vengono rimpiazzati da nuovi più allineati, e sono redistribuiti tra gli uffici con incarichi minori. Ma rimangono in Rai, provocando una rilevante crescita dei costi e un calo della produttività.
Si crea così un “corpaccione molle”, fatto da centinaia di dirigenti e giornalisti che, di fatto, è in grado di bloccare ogni innovazione, quanto mai indispensabile in un settore che sta subendo una forte ricomposizione.
“Nei prossimi anni potrebbe ragionevolmente succedere alle televisioni quello che è accaduto nell’ultimo decennio ai giornali. E allora i 13 mila dipendenti della Rai saranno un problema, con il finale Alitalia che potrebbe diventare inevitabile”.
Categoria: filologia politica
Vita nuova per vecchie parole: la politica illude. Di Giuseppe Antonelli, La Lettura del 12 maggio 2024
Da sei anni il linguista Michele Cortelazzo commenta sul sito della Treccani le parole della neopolitica. Finora sono 120 lemmi, raccolti nel volume La lingua della neopolitica. Come parlano i leader, pubblicato dalla stessa Treccani.
La politica – spiega l’autore – pare essere un’attività “senza storia che tutti noi recepiamo nel quadro della più stretta contemporaneità, senza ricordare quello che è avvenuto nel passato anche recente”. Per questo è importante la filologia politica, che dovrebbe affiancarsi alla tradizionale filosofia politica.
Si fanno così scoperte interessanti, ad esempio una serie di coincidenze contraddittorie che riguardano alcuni leader: se usiamo espressioni come pacchia, rosiconi e zecche il primo a venirci in mente è Matteo Salvini, eppure si tratta di parole di origine romanesca.
Oppure l’espressione underdog, usata da Giorgia Meloni fondatrice di un partito sovranista e nazionalista che contro gli inglesismi ha fatto una campagna identitaria.
Un altro fenomeno interessante è “l’irradiazione deformata”, coniata ai tempi da Luca Serianni, che riguarda espressioni nate con un significato alle quali viene assegnata una nuova funzione polemica: “pizzo di Stato” è un’espressione di destra ma nasce a sinistra nel 1969 da “strage di Stato”.
Ma la neolingua non è poi così nuova: potrebbe semmai essere chiamata neonlingua, una lingua al neon che cerca “di abbagliare con la luminosità di formule ad effetto, per nascondere la difficoltà di formulare nuove idee: una nuova visione del mondo, dei rapporti economici e internazionali, dei diritti delle persone”.
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