Categoria: Politica internazionale
Il senatore della terza via. Di Marco Bardazzi, Il Foglio del 6 e 7 aprile 2024.
Il senatore in questione è John Fetterman, della Pennsylvania, due metri e tre centimetri di altezza, personaggio totalmente anomalo nel panorama politico statunitense. La terza via del titolo è dovuta al fatto che Fetterman rifugge le polarizzazioni, che definisce amabilmente “dumb shit”. Nel suo ufficio si possono notare sia la bandiera che rende onore ai prigionieri di guerra americani sia quella dedicata ai diritti Lgbt. È un politico inclassificabile, odiato dai colleghi del Partito democratico e temuto dai Conservatori. “Quando parla uno così, eletto da operai e minatori, ci si aspetterebbe di sentire argomenti socialisti, alla Bernie Sanders. E invece Fetterman spiazza tutti, andando a dare interviste a Fox News in cui difende il diritto di Israele a esistere, chiede di non essere definito progressista e non ha paura di provare a capire le ragioni dei suoi concittadini che votano Trump”. Rinunciando a una prevedibilmente agiata carriera nel settore privato, si è fatto le ossa come sindaco di Braddock, declinante cittadina industriale, “un luogo analogo a quello dove Michael Cimino ambientò Il cacciatore”. Ma Fetterman diventa un personaggio davvero epico quando deve contendere a Mehmet Oz, popolare personaggio televisivo, la poltrona senatoriale in Pennsylvania. Colpito da ictus durante la campagna elettorale, “ha resistito in un dibattito televisivo con Oz nel quale faceva fatica a parlare. E alla fine, per lo stupore generale, ha vinto con un margine di 180 mila voti su cinque milioni di elettori”.
Categoria: Intervista
Walzer: “La guerra giusta? Lo Stato ebraico si è difeso ma ha fatto troppi sbagli. Tanti ora sperano in Biden”. Di Viviana Mazza, Corriere della Sera del 6 aprile 2024.
Michael Walzer, filosofo politico dell’Institute for Advanced Study di Princeton, è famoso soprattutto per Guerre giuste e ingiuste (1977), in cui proponeva un’analisi storica per distinguere e assegnare la liceità o meno dei conflitti. In questa intervista, pur riconoscendo il diritto di Israele alla difesa, esemplifica la difficoltà di una valutazione oggettiva e definitiva: “La teoria della guerra giusta è una teoria critica, quindi, bisogna essere critici. Un articolo di +972magazine, sulla base di 4 fonti di intelligence, afferma che l’esercito israeliano ha fatto ampio uso dell’Intelligenza artificiale nei primi mesi e allentato le regole di proporzionalità per il numero di civili che possono essere uccisi per eliminare uno o due miliziani di Hamas”. Walzer, come Noam Chomsky, è un grande vecchio della sinistra internazionale ma sa riconoscere la complessità e la multidimensionalità della crisi in Medio Oriente, a differenza degli studenti delle università americane che quando gridano “dal fiume al mare”, per almeno la metà di loro, “non sanno dire di quale fiume o di quale mare si tratti”.
Categoria: Sport
Scialla con brio, il nuovo De Rossi. L’anti Mourinho alla prova del derby. Di Marco Ciriello, Domani del 6 aprile 2024.
Non è un articolo sull’allenatore della Roma Daniele De Rossi, alla vigilia del derby con la Lazio, ma è un saggio psicosociale sulla romanità, infatti l’autore non è un giornalista sportivo ma uno scrittore che scrive anche di sport. L’epopea di De Rossi, romano chiamato a guidare la Roma AS da proprietari americani, è un prisma che rivela i riflessi della romanità, intesa come categoria aristotelica. C’è infatti la romanità americana, come il patron Dan Friedkin ma, scrive sommamente Ciriello, “prima venne Nando Mericoni, in arte Santi Bailor, che sognava Kansas City nel film di Steno”. Poi ci sarebbe la romanità vaticana, impersonata da Claudio Ranieri, che in un derby lontano sostituì De Rossi “per eccesso di sentimento”. Ci sarebbe anche la romanità vittimista (“da periferia”), e qui il protagonista incontrastato è l’esonerato José Mourinho, però, ammette Ciriello, la sua Roma giocava maluccio. E poi la romanità del capitano Lorenzo Pellegrini, che “sembra avere la malinconia di Gabriella Ferri”, per finire con la romanità di Palazzo, quella tipicamente andreottiana, che ha permesso a De Rossi di incamerare risultati volando basso. A valle di tutto ciò, il giorno dopo, il derby tra Roma e Lazio è finito uno a zero.
Categoria: Cultura
Casa Moravia, visita dentro il Novecento. Di Massimo Raffaeli, Il manifesto del 9 aprile 2024.
La Casa Museo Alberto Moravia è in Lungotevere della Vittoria 1, ed è visitabile su prenotazione ogni secondo sabato del mese. Moravia vi si trasferì da Via dell’Oca, dove aveva vissuto con Elsa Morante, per viverci prima con Dacia Maraini poi con Carmen Llera. “Una casa raffinatamente borghese, si direbbe, per il narratore che delle borghesia italiana è stato per mezzo secolo l’implacabile sismografo”. Visitarla significa ritrovare la razionalità pratica di Moravia. “La biblioteca, di cospicue dimensioni (sono circa 12 mila volumi) è collocata in bianchi scaffali”, il tavolo da lavoro è “realizzato tutto quanto in legno da travi del ‘600 in quercia e noce”. Dalla visione dell’archivio si scopre che non soltanto Moravia ne ignorava la manutenzione ma “mostrava di preferire il da farsi al già fatto secondo una procedura, alla lettera, sperimentale e dispetto di un vetusto stereotipo che lo vorrebbe monolitico”. Moravia è stato invece plurimo, ha praticato tutti i generi letterari e, a quanto sembra, entrare nella sua casa e visitarla è uno dei modi possibili e più diretti per apprezzare il suo lascito novecentesco.
Categoria: Politica
Bobbio e Sartori, maestri militanti. Di Maurizio Viroli, Il Fatto Quotidiano del 10 aprile 2024.
Quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della morte di Norberto Bobbio e il centenario della nascita di Giovanni Sartori. Bobbio e Sartori sono stati i due massimi studiosi italiani di scienza politica, due intellettuali diversi per formazione ma uniti nella militanza, se non politica, civile e democratica. Bobbio partecipò alla Resistenza in seno a Giustizia e Libertà e poi aderì al Partito d’Azione mentre Sartori si tenne lontano dai partiti ma esercitò sempre una critica pubblica del potere. La differenza vera tra i due era che “Bobbio aveva più lo stile dell’umanista, che dello scienziato politico; Sartori più dello scienziato politico che dell’umanista. Mentre lo scienziato limita il suo campo d’azione a un ambito ben definito, l’umanista cerca di capire la condizione umana in tutti i suoi aspetti”. Entrambi furono alle prese con l’ingresso in politica di Berlusconi: fu Bobbio a definire Forza Italia come il “primo partito personale di massa”, fu Sartori ad applicare all’uomo di Arcore la teoria del sultanato, intesa come l’idea del dispotismo elettivo e mediatico.